10 dicembre 2021

Corrado La Forgia, vicepresidente di Federmeccanica: “Chiarissimi segnali di ripresa, con molti interrogativi su energia e costi materie prime”

Mente lucida, accesa e squarciante, vicepresidente di Federmeccanica, Amministratore delegato della Vhit (azienda del gruppo Bosch attiva nel settore automotive di Offanengo, in provincia di Cremona), collaboratore del Dipartimento di Economia dell’Università di Genova per i temi afferenti all’innovazione digitale. Appassionato di temi riguardanti l’innovazione in generale e le tecnologie abilitanti dell’Industria 4.0 in particolare, l’ingegner Corrado La Forgia (Laurea in Ingegneria Meccanica) ha scritto nel 2017 , insieme a Nicola Intini, Luca Beltrametti e Nino Guarnacci, il libro ‘La Fabbrica Connessa - La manifattura italiana (attra)verso Industria 4.0’ (Edizioni Angelo Guerini e Associati).

Nel 2019 è uscito il suo secondo libro ‘Ada, Alan e i misteri dell’IoT ’, scritto insieme a Nicola Intini, Raffaella Misciosca, Sabrina De Santis e Pierpaolo Pontrandolfo (Edizioni Angelo Guerini e Associati). La Forgia è inoltre il presidente della Fondazione ITS per le Nuove tecnologie per il made in Italy, una scuola di alta specializzazione tecnica post-diploma. Con lui abbiamo scambiato quattro chiacchiere sulla stretta attualità economica. 

-Il corso di Meccatronica proposto dalla Fondazione ITS di Cremona è un’opportunità da cogliere per il territorio Cremonese, Cremasco e Casalasco ?
"Il corso rappresenta un ponte tra il mondo della formazione e quello delle imprese, focalizzandosi su specializzazioni che rappresentano necessita trasversali a molte imprese del territorio. Oggi, indipendentemente dal tipo di prodotto, moti sistemi produttivi ricorrono alle stesse tecnologie abilitanti di base. Abbiamo investito, in maniera corale, tanto tempo e risorse mentali per progettare il corso e riceverne l’approvazione dalla Regione Lombardia.
Adesso, nell’interesse collettivo, seppur in tempi ristretti dobbiamo convincere giovani e famiglie a frequentarlo.
E, si badi bene, due anni e tanta formazione mirata rappresentano un tempo giusto anche per realizzare un percorso di riqualifica: per chi si è diplomato in scuole non tecniche, per chi ha intrapreso e poi lasciato studi universitari, per chi è disoccupato.
L’importante è avere voglia ed essere portati per le materie del corso".
Ha apportato un contributo importante nel libro, o meglio,  nel progetto Ricostruzione del professor Ivan Rizzi...
"Si è stato un vero piacere partecipare al lavoro del professor Rizzi, presidente dell’Istituto Alti Studi Strategici e di Politica di Milano. E’ un coro a più voci con diverse esperienze e idee sulla ripartenza del nostro paese. Io parlo dell’Italia a Prescindere: delle donne e degli uomini che ogni giorno si rimboccano le maniche e danno il meglio di se stessi nelle loro attività. Indipendentemente dal settore e, soprattutto, dal contesto politico generale".
Come vede il 2022 per il settore metalmeccanico in Italia?
"Ci sono chiarissimi segnali di ripresa anche se con molti interrogativi sugli scenari legati a energia e costi materie prime. Il mondo ha una gran voglia di recuperare, di ripartire e questo farà da traino per molte aziende.
Situazione a parte per l’Automotive: anche in questo caso ci sarà un recupero forte nella seconda parte dell’anno, ma c’è da affrontare il tema della riconversione di tante aziende.
E qui la faccenda si fa seria; non basta dire che ci vogliono soldi e formazione.
Prima di tutto bisogna capire cosa devono e possono essere le nostre aziende nel 2030. Stabilito questo tutto il resto viene di conseguenza".
Innovazione e tecnologia in questi tempi di ripartenza, convivendo col virus, rappresentano sul serio due punti fermi coi quali ripartire, oppure sono due mondi importanti, ma ancora in parte inesplorati?
"Che siano due pilastri credo che ormai ci siano pochi dubbi. Le aziende che avevano avviato un serio percorso di digitalizzazione, e non parlo solo della possibilità di fare riunioni da casa, sono quelle che hanno operato bene anche in tempi di Covid con i propri collaboratori a casa.
C’è da aggiungere che la consapevolezza piena sulle potenzialità delle nuove tecnologie e dell’innovazione in generale non è ancora pienamente espressa.
Questo, credo, anche per un sistema di diffusione della conoscenza nei confronti dell’impresa. Ci vuole meno accademia e più peer to peer, ossia andare a guardare chi è più avanti e ha voglia di condividere le buone pratiche".

 

Stefano Mauri


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