13 giugno 2022

La Forgia, vicepresidente Federmeccanica: “Sì a misure sostenibili per la protezione del clima. I moderni motori endotermici non sono sinonimi di inquinamento”

Amministratore delegato della Vhit (multinazionale settore Automotive) di Offanengo, presidente di ITS Cremona e vicepresidente di Federmeccanica, con Corrado La Forgia, abbiamo scambiato due chiacchiere su questi momenti decisivi (dal 2035 stop alle immatricolazioni di auto a benzina, gasolio e ibride) dedicati alla cosiddetta transizione ecologica con riferimento al mercato automobilistico del futuro.

Partiamo un attimo da lontano, utilizzando parole semplici e crude, anche per ampliare un attimo gli orizzonti: un motore diesel moderno, non è portatore sano di inquinamento. O sbaglio?

Non sbaglia. I motori endotermici di nuova generazione hanno emissioni limitate e se confrontiamo le emissioni totali di un veicolo elettrico, quindi non solo semplicemente quello che non esce dal tubo di scarico, ma quello che si emette per produrre energia nelle centrali elettriche a combustibili fossili, le perdite sulla rete di trasporto, l’estrazione delle terre rare, lo smaltimento ecc., allora la bilancia torna a dare dignità ai tanto vituperati motori termici.

È lecito parlare di transizione ecologica, visti i tempi, ma questa deve avvenire con sano, sostenibile equilibrio nel rispetto di quanti, e non sono pochi, lavorano nell’automotive, giusto?

Cominciamo col dire che le lotte in favore di un ambiente pulito devono essere senza se e senza ma. Inoltre,  dobbiamo evitare la contrapposizione pigra ambiente-lavoro.
Il tema è che puntare solo sulla tecnologia dell’elettrico, nei tempi indicati è, a mio parere, scorretto. Significa non dire la verità.
Perché, pur ammettendo che riusciamo a caricare le auto elettriche in qualche minuto (ma non sarà cosi per evidenti limiti di fisica) chi può assicurare i cittadini che, nei tempi indicati, tutta l’energia elettrica nel nostro paese sarà prodotta da energie rinnovabili?
Chi può assicurare di aver installato le infrastrutture in termini di trasporto, ricarica e accumulo dell’energia (tantissima) richiesta?
Vediamo chi è disposto a metterci la faccia oltre ai buoni propositi.
Quindi il tema non è il pruriginoso duello  ambiente lavoro ma la necessaria trasparenza, onestà e sostenibilità delle soluzioni.
La storia  ha sempre dimostrato che, laddove c’è progresso e innovazione, c’è lavoro: è la contemporanea imposizione politica di tempi e soluzioni (tecniche) che sta rendendo il sistema pericolosamente iperstatico.

La politica è vicina alle aziende che operano ed settore automobilistico in questi tempi fluidi diciamo di rincorsa all’elettrico?

Sulle singole azioni sì, ma manca un quadro d’insieme; nel nostro paese non abbiamo una visione complessiva perché non c’è una via nazionale alla trasformazione. Si tenga conto che noi non abbiamo le grandi imprese che definiscono le nuove traiettorie tecnologiche, quelle che io chiamo i “rimorchiatori”; noi abbiamo una virtuosa catena di piccole e medie imprese che operano come fornitori e quindi nel conto terzismo.
Con coraggio e determinazione dovremmo puntare tanto, tantissimo, sulla innovazione di prodotto, “invented and made in Italy”: questo sogni a agire sul fronte dell’offerta. E dobbiamo anche puntare sulla dimensione dimensionale delle aziende.
L’automotive sta attraversando un cambiamento epocale con un incrocio di digitalizzazione e nuove propulsioni: bisogna avere risorse umane ed economiche per stare a galla.
Gli incentivi alla domanda sono, in ogni caso, un segnale di attenzione della politica al settore auto motive, ma guardando più all’uovo che non alla gallina.

Per carità, ritengo legittimo pensare a un domani sempre più attento all’ecologia, però poi per le strade si vedono passaggi a livello e semafori anacronistici che bloccano il traffico anche laddove non servirebbe. In tal senso l’intelligenza artificiale non poterebbe aiutare?

Tanto, tantissimo.
E, in tutta onestà, non sarebbe neanche tanto difficile da fare. Abbiamo menti e strumenti a sufficienza: basterebbe attivarli.
Ma ci vuole consapevolezza, conoscenza, attenzione e questo manca.
Si cavalcano i cavalli del momento e, tante volte, con distacco e superficialità.
Dimenticando che, nei sitemi complessi in cui viviamo e operiamo , se non ottimizzi tutte le componenti, il motore intero girerà ad efficienza limitata e, man mano che connettiamo cose e persone, le influenze reciproche avranno sempre più peso.
Ma questo presuppone studio, discernimento e approccio olistico.

L’Europa la vede compatta verso un futuro industriale tutto da scrivere? 

L’Europa è un bene prezioso e necessario, ma in alcuni frangenti, come questo dell’ automotive, non è unita e lo abbiamo visto in questi giorni. Trovo anche fuori luogo alcuni commenti politici per cui o si è a favore dell’elettrico oppure si è contro l’ambiente.
Lo respingo con forza: chi oscura le opportunità della scienza e delle tecnologie a favore dell’ideologia alimenta false promesse.
E questo non è etico e non dimostra leadership.
Sappiamo tutti quanto sia importante fissare obiettivi ambiziosi se si vuole cambiare il mondo ma i traguardi devono essere raggiungibili; altrimenti siamo scorretti.
E da ultimo, è chiaro che nei momenti di trasformazione epocale le comunità, le aziende la politica devono essere ancor più  umano centriche, nel senso di favorire lo scambio di idee creative che l’essere umano può generare.
Far fare agli essere umani quello che sanno fare meglio:pensare e creare.
Le discussioni di questi giorni sono divisive e rischiano di mettere i cervelli ai box in favore di vuote ideologie.

Stefano Mauri


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