Il primo oro di Casalmaggiore: Gianluca Farina a Seoul 1988 (poi bronzo a Barcellona)
Si dibatteva un tempo sull’espressione “L’Oro di Casalmaggiore”, che da secoli sta a significare ricchezza d’una zona, d’un paese. Chi lo riferiva alla generosità dei casalesi che, grazie all’abbondanza del loro grano avevano fornito aiuti a popolazioni (soprattutto a Milano) in periodi di carestia; chi un po’ più prosaicamente si riferiva a quell’oro finto di Casalmaggiore che ha reso famosa la città in tutto il mondo.
Il venir meno, pian piano di questa attività ed il contemporaneo sorgere della Società Canottieri Eridanea, ha spostato l’attenzione della gente sugli ori conquistati nel mondo dai suoi rematori,
Ha cominciato Gianluca Farina a mietere allori alla fine degli Anni Ottanta, poi seguito da Simone Raineri, sicché da un trentennio almeno, il nome di Casalmaggiore è stato sempre avvicinato a quello dei suoi canottieri che hanno conquistato ori e argenti olimpici, mondiali ed europei. Al punto che oggi Casalmaggiore può ben definirsi “Città del canottaggio”.
E’ stato per primo Gianluca Farina, un ragazzone alto quasi 190 cm. e del peso di una novantina di chili a dar lustro allo sport della città. Allenato sin dal principio da un mostro di bravura quale Umberto Vitti, il giovane Gianluca ha imparato in fretta trovando nella remata di coppia, quella che ha dato le maggiori soddisfazioni al canottaggio di casa nostra, il suo miglior rendimento.
Gianluca, pur disponendo inizialmente di un buon fisico, non era un colosso, non sembrava poter avere grandi potenzialità fisiche, ma fin dalle prime uscite in barca aveva mostrato di saper apprendere ed applicare ogni movimento, ogni piccolo segreto insegnatogli da Vitti. Così giunsero le prime convocazioni in raduni della nazionale, i primi passi nel mondo del canottaggio internazionale mentre la grande volontà che lo aveva sostenuto fin da ragazzo gli consentiva continui miglioramenti di rendimento.
L’esplosione, dopo tanta gavetta, nel 1988 quando il d.t. degli azzurri, il norvegese Nielsen, decise di schierarlo su quella che avrebbe potuto diventare la barca di punta della squadra azzurra a Seul.
A quel punto Farina non si poteva dire che fosse un veterano della maglia azzurra, ma neppure un novellino; aveva già disputato tre mondiali, sempre sul quattro di coppia. Al debutto, nel 1985 aveva ottenuto un quinto posto, poi due volte sesto negli anni successivi.
Il 1988 per la Federazione Italiana Canottaggio si prospettava come un anno importante: si festeggiavano i cent’anni della fondazione e si ricordavano anche i cinquant’anni dalla scomparsa di uno dei suoi soci più importanti, Gabriele D’annunzio.
L’anno olimpico iniziò con il Memorial D’Aloja che giungeva alla seconda edizione facendo registrare un successo di partecipazione clamoroso con la presenza di tutte le migliori squadre nazionali.
A Piediluco la vittoria più eclatante fu (oltre a quella dell’immancabile “due con” dei fratelli Giuseppe e Carmine con timoniere da Di Capua) quella di un altro equipaggio preparato da Giuseppe La Mura e con il terzo dei fratelli Abbagnale, Agostino, a capovoga.
Il quadruplo superò addirittura l’armo sovietico campione del mondo 1987 a Copenaghen. Il successo della barca suscitò immediatamente molta attenzione perché già il d.t. Nilsen ed i suoi collaboratori avevano deciso di puntare molto su quella barca in vista dei Giochi di Seul: il quattro di coppia, del resto, sin dal 1981 aveva visto l’Italia sempre finalista in Mondiali e Olimpiadi (tranne nel 1987, quando la barca era stata affidata ad un equipaggio composto da quattro atleti dello Stabia). Ad essa furono riservate le principali attenzioni.
Dopo il D’Aloja ecco il primo grosso impegno internazionale, la regata di Lucerna nella prima settimana di luglio: l’Italianschiera due equipaggi, quello federale con a bordo Giovanni Calabrese, Davide Tizzano, Gianluca Farina, Piero Poli e l’altro della Canottieri Napoli composto da Agostino Abbagnale, Massimo Paradiso, Carmine La Mura (figlio del tecnico), Francesco Esposito.
Sia Calabrese quanto Esposito sono pesi leggeri, ma la lotta fra i due armi azzurri si preannuncia furibonda, una rivalità nata durante gli allenamenti: gara nella gara!
Temibili sono la Norvegia che ha affidato la barca multipla ai due fortissimi singolisti Hansen e Thorsen, l’Unione Sovietica che è campione del mondo in carica, la Germania Est che da un decennio domina la specialità e la temibilissima Germania Ovest guidata dallo skiffista Agrikola.
Il quadruplo federale parte a razzo, vola in testa e ci rimane per 1500 metri. Solo nel concitato finale lo superano di mezza lunghezza Norvegia e Germania Est che tagliano il traguardo nell’ordine con a ridosso l’Italia di Calabrese.
L’altra Italia, quella di Agostino Abbagnale, ha retto per un quarto di gara, poi è crollata chiudendo nettamente staccata.
Al rientro a Piediluco, viene assemblata la formazione che volerà a Seul per le Olimpiadi: è quella federale con l’immissione a capovoga di Abbagnale al posto del peso leggero Calabrese.
In Corea la flotta azzurra sbanca i Giochi conquistando due medaglie d’oro, quella del due con Carmine e Giuseppe Abbagnale e quella del quadruplo con Agostino Abbagnale.
Solo la Germania Est riesce a far meglio in fatto di medaglie, ma nasce proprio in questa occasione la leggenda dei tre fratelli di Pompei.
Agostino Abbagnale, il terzo dei fratelloni, forse il più grande canottiere italiano di tutti i tempi, nonostante i gravi malanni che lo tennero lontano dalle gare per un lustro, diventerà un istituzione del canottaggio internazionale, al punto che dodici anni più tardi, nel 2000 sarà ancora campione olimpico insieme ad un altro casalasco, Simone Raineri e nonostante il lunghissimo stop causato da una trombosi.
Il lariano Piero Poli s’è laureato in medicina ed è oggi primario di ortopedia all’Ospedale di Lecco.
Il secondo napoletano, Davide Tizzano, uomo di sport a tutto tondo , dopo aver conquistato l‘oro olimpico, ha lasciato i remi a favore della vela per dedicarsi alla Coppa America del 1992 con il Moro di Venezia, come grinder di prua. Ottenne il successo nella Louis Vuitton Cup, ma dovette arrendersi in finale ai formidabili americani. Nel 1993 vinse con Blue Emeraude il titolo mondiale di vela nella classe Maxi Yacht, quindi si imbarcò su Mascalzone Latino, sfidante alla Coppa America 2007.
Una compagnia bene assortita, come si vede, in considerazione del fatto che Abbagnale e Farina sono poi diventati due apprezzati tecnici a livello na-zionale.
Archiviata la vittoria olimpica, la carriera di Gianluca Farina è proseguita in nazionale, sempre sul quattro di coppia: argento nel 1989 a Bled con Gianluca promosso capovoga insieme a Soffici, Tizzano e Calabrese che sostituiva Abbagnale, alle spalle dell’Olanda per soli ventisette centesimi di secondo.
L’anno successivo ai mondiali in Tasmania (sul Lago Barrington) dell’equipaggio campione olimpico rimaneva solo Farina. Con lui, i giovani virgulti: Filippo Soffici, Alessan- dro Corona e Massimo Paradiso. Stavolta era medaglia di bronzo alle spalle di una rinata Unione Sovietica e della Svizzera.
A 31 anni compiuti, Gianluca rimaneva sul carrello ancora un anno, quanto bastava per vincere ancora un bronzo mondiale nel ‘93 a Racice e chiudere così in bellezza una splendida carriera prima di dedicarsi alla preparazione dei giovani vogatori dell’Eridanea a fianco di Vitti e, per un certo periodo, anche della nazionale, ove ha lavorato per sei anni, fino a Londra 2012, prima di tornare alla sua società d’origine.
L’Unione Sovietica conquistava l’oro anche a Vienna nel 1991, ma stavolta l’equipaggio italiano, lo stesso dell’anno precedente, le arrivava alle spalle, mentre l’Olanda era relegata in terza posizione. Erano evidentemente le tre squadre più forti del momento, quelle che presumibilmente si sarebbero giocate l’oro a Barcellona.
Avvicinamento alle Olimpiadi di 1992, quindi, con buone speranze di medaglia e una sola variazione nella formazione: fuori Soffici e dentro l’emergente Galtarossa.
Nella finale olimpica, fuori subito dai giochi l’Unione Sovietica, una vera esplosione veniva dall’equipaggio tedesco che si poneva in testa all’inizio della gara e finiva per imporsi nettamente mentre alle spalle la lotta era durissima e appassionante tra Italia e Norvegia che piombavano appaiate sul traguardo: un’impresa, comunque, per i quattro alfieri azzurri. Al foto-finish, argento per la Norvegia e bronzo per gli azzurri staccati di soli 24 centesimi di secondo.
Negli ultimi tempi, poi, per tenersi in forma, s’è dedicato all’indoor rowing: detiene il record italiano sulla distanza olimpica dei 2000 m, categoria 40-49 anni, realizzato nel 2004 con il tempo di 6' 17.4".
Nell'indoor rowing ha realizzato anche il primato nazionale sui 100 km (6h 52' 40"), battuto poi da Vittorio Altobelli nel 2007 (6h 34' 4").
Nella serie di fotografie, l'oro di Seul, la festa del ritorno a Casalmaggiore e con il suo allenatore Viti, poi dieci anni dopo l'oro il ritrovo a Napoli e il bronzo di Barcellona con l'equipaggio, poi il monumento a Casalmaggiore città del Canottaggio, Farina nella sua casa e Farina con Poli da allenatori al seguito della Nazionale e con Simone Raineri
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