20 giugno 2025

Sicurezza a Cremona: tra inclusione, welfare e fallimenti, la sinistra litiga con sé stessa

Non intendo entrare nel vivace dibattito che agita la sinistra cremonese sul tema della sicurezza. Mi pare che se la stiano già cantando e suonando da soli, con una certa disinvoltura. Piuttosto, vorrei allargare il campo della discussione, perché se continuiamo a guardare il problema solo da una prospettiva ideologica, finiremo per restare in superficie, evitando accuratamente di toccare i nodi veri della questione.

Il consigliere Pizzetti afferma che “la destra non è sicurezza. È prevalentemente ordine nazionalista”. Una sintesi brillante, forse utile per un tweet, ma ben lontana dalla realtà. Da anni, ogni volta che proviamo a parlare di sicurezza, veniamo etichettati come populisti, fomentatori di paure, agitatori di pance e nostalgici dell’ordine a ogni costo. Ma la verità è che abbiamo sempre cercato di affrontare il tema in modo più profondo e ampio.

Per noi, la sicurezza non è solo una questione di “legge e ordine”. È anche e soprattutto una questione identitaria. Non ci si sente sicuri se non si ha consapevolezza delle proprie radici. Senza identità, senza una direzione condivisa, è difficile costruire una comunità, una Nazione, coesa, e una città che possa appoggiarsi su basi solide e, per questo, possa essere davvero sentita come “casa”.

Ed è proprio il progressivo smantellamento dell’identità nazionale, in nome di un “politicamente corretto mondo globalizzato e senza contorni”, ad aver contribuito al disagio di cui oggi tutti si accorgono. Lo stesso Pizzetti riconosce l’esistenza di un crescente divario sociale, del potere d’acquisto in caduta libera, della precarietà che si espande e del disagio giovanile che cresce. Aggiunge anche – giustamente – che i grandi pilastri della nostra società, come famiglia, scuola, oratori, partiti e sindacati, sono in evidente affanno.

Tutto vero. Ma se vogliamo davvero aprire un confronto serio – e non limitarci all’ennesima limitante distinzione tra “buoni” e “cattivi” – allora va detto con chiarezza che questa decadenza non arriva dal nulla. È anche il frutto di decenni di politiche assistenzialistiche di sinistra, concentrate più sull’erogazione di sussidi che sulla costruzione di percorsi di autonomia e riscatto.

Allo stesso modo, il tanto sbandierato modello di integrazione ha spesso finito per ridursi a un buonismo di facciata. Inclusività proclamata, sì, ma senza un reale progetto di inserimento. Senza un vero equilibrio tra accoglienza, dignità, lavoro e – sia concesso dirlo senza alcun timore – doveri. Perché insieme ai diritti, in una società sana, devono camminare anche le responsabilità. Di ciascuno e della collettività tutta.

È da questi fallimenti culturali e politici che nasce gran parte della spesa sociale fuori controllo che oggi pesa sui bilanci comunali. A Cremona, le risorse impegnate per le funzioni sociali ammontano a oltre 34 milioni di euro, pari al 40% del bilancio comunale. Se a queste sommiamo le spese per l’istruzione, soprattutto per i minori, si arriva al 51% del bilancio. A cui si aggiungono poi altri interventi per una “cultura inclusiva” (Pizzetti dixit).

Dice sempre Pizzetti: “A Cremona si investe moltissimo sul sociale. Com’è evidente, è la voce di spesa prevalente”. Nulla da obiettare: è vero. E ancora: “Migliorabile? Certamente.” D’accordo anche su questo. Ma quando aggiunge: “Comprimibile? Non credo.” mi permetto di dire che la domanda è mal posta. Il punto non è comprimere, ma razionalizzare. E sì, la risposta è che si può – e si deve – razionalizzare.

Per farlo, però, bisogna avere il coraggio di porsi le domande giuste: dove abbiamo sbagliato? Perché abbiamo creato sistemi di sostegno che spesso cronicizzano il disagio invece di superarlo? Perché continuiamo a chiamare inclusione ciò che spesso è solo gestione passiva del problema?

Insomma, se vogliamo davvero parlare di sicurezza, dobbiamo cominciare ad affrontare anche il tema del fallimento di un certo modello di welfare. Perché sicurezza deve diventare anche una questione di cambiamento vero e profondo nella visione sociale e culturale che guida le scelte politiche. E, mi si consenta, anche di un po’ di sana autocritica da parte di chi ha governato per anni in nome dell’inclusione senza regole e progetti ... ma ha finito per includere più problemi che soluzioni. 

Consigliere comunale Fratelli d’Italia

 

Chiara Capelletti


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