"Pippo" Citterio, capitano della Cremo 1988/89 promossa allo spareggio di Pescara: "La concorrenza è agguerrita, ma la Cremo ha tutte le carte in regola per giocarsela"
25 giugno 1989, al termine del campionato di serie B, a Pescara va in scena lo spareggio per decidere chi seguirà in serie A Genoa Bari ed Udinese. In campo scendono la Reggina di Nevio Scala e la Cremonese di Bruno Mazzia, arrivate pari merito con il Cosenza a 44 punti, ma i ‘lupi’ di Bruno Giorgi pagano la posizione peggiore nella classifica negli scontri diretti.
La Cremonese scenderà in campo con Rampulla, Lombardo, Rizzardi, Cinello, Bivi, Montorfano, Loseto, Avanzi, Garzilli, Piccioni e Citterio. Allenatore Bruno Mazzia. Sugli spalti oltre 23.000 tifosi della Reggina contro 600 grigiorossi, ma saranno questi ultimi alla fine della lotteria dei alci di rigore ad esultare al rigore decisivo di Attilio ‘bombetta’ Lombardo che batte Rosin e regala alla Cremonese la serie A.
Tra i rigoristi anche il 34enne ’Pippo’ Citterio, difensore e capitano, nato a Giussano in Brianza, arriva a Cremona nel 1985 dopo le esperienze di Palermo, Lazio, Napoli ed Ascoli. Arriverà grazie alla chiamata del suo ex compagno di squadra Erminio Favalli, che nel frattempo era diventato dirigente dei grigiorossi e dove vestirà la maglia grigiorossa per 165 volte mettendo a segno 6 reti.
A 25 anni di distanza, i grigiorossi si ritrovano ancora in una serrata lotta per la promozione dalla serie B alla serie A. in cui solo le ultime gare potranno dirci se arriverà e come: se diretta o (a differenza dello spareggio vinto dai ragazzi di Mazzia) un’altra sfacchinata attraverso i play off.
Proprio con l’ex capitano grigiorosso, si è fatto il punto del campionato della Cremonese di Stroppa e sulle possibilità che hanno i grigiorossi di poter centrare l’obbiettivo più importante.
Partirei con il parlare della Cremonese del presente. Come giudichi il campionato disputato fino ad ora dai grigiorossi e come vedi la squadra, anche in funzione delle avversarie, in questa fase finale di questo campionato.
La rosa costruita dalla dirigenza e dalla proprietà è sicuramente di ottimo livello per la Serie B. La concorrenza è agguerrita ma la Cremonese ha sicuramente tutte le carte in regola per giocarsela alla pari e fare un finale di stagione da protagonista. Sarebbe fondamentale riuscire a centrare la promozione diretta – anche con il secondo posto – perché poi i play off nascondono sempre insidie.
Entrando più nel dettaglio, la Cremonese è la squadra che a tutt’oggi, vanta la miglior difesa del campionato, che ricorda quella della tua Cremonese della stagione 1987/88: con sole 18 reti subite pur essendo la migliore del campionato, ma non fu sufficiente a garantire il salto di categoria, anche a causa di un attacco poco prolifico. Cosa serve secondo te a questa Cremonese, per cambiare marcia in questo finale di stagione.
Una difesa solida è sempre un ottimo pregio, per qualsiasi squadra. Raramente ho visto fare brutte stagioni a squadre che subivano pochi gol. Non voglio scomodare paragoni eccessivi, ma la Juventus dei 9 scudetti consecutivi era fondata su un blocco difensivo quasi impermeabile. Se manterrà questa solidità difensiva per le ultime partite, la Cremonese avrà ottime chance: se dietro sei tranquillo, i gol davanti prima o poi arrivano, anche perché gli attaccanti sono di ottimo livello.
Nella stagione 1988/89, ironia della sorte, con una difesa ‘meno affidabile’, ma con un attacco esplosivo formato da Bivi e Cinello, arrivaste alla promozione nello storico ed indimenticabile spareggio di Pescara ai rigori contro la Reggina. Oggi la Cremonese può contare su Coda, che sembra non bastare. Quanto potrebbe aiutare il reparto poter schierare una seconda punta al suo fianco, come per esempio Tsadjout.
Come dicevo prima, gli attaccanti della Cremonese sono sicuramente molto validi per la categoria. Coda non lo devo scoprire certamente io. Non penso sia solamente una questione di aggiungere uomini di attacco. Io sono fermamente convinto che la cosa più importante in una formazione sia quella di trovare i giusti equilibri. Se la squadra ha il suo giusto equilibrio, l’allenatore poi può anche operare a partita in corso aggiungendo giocatori offensivi.
Tu arrivasti nella stagione 1985/86, dopo la retrocessione in serie B. A guidare i grigiorossi Emiliano Mondonico, che la stagione successiva lascerà il posto a Bruno Mazzia, che ricondusse la Cremo nella massima serie. Anche in questa stagione a prendere il posto di Ballardini, un pò a sorpresa non tanto per i motivi quanto per le tempistiche, è arrivato Stroppa. Al netto degli ottimi risultati sino ad ora conseguiti, quanto può pesare non aver inciso sul mercato e non aver potuto fare la preparazione estiva.
Qualsiasi allenatore preferirebbe sempre partire dall’inizio della preparazione estiva e, se possibile, poter dare indicazioni sul mercato per costruire una rosa che sia il più possibile rispondente alle proprie idee. Ma il mestiere dell’allenatore prevede anche di avere capacità di adattamento agli eventi e il classico “fare di necessità virtù”. Stroppa ha sufficiente esperienza – soprattutto in Serie B – e capacità per affrontare questa situazione. Finora ha fatto un ottimo lavoro. Spero proprio che continui così.
A Cremona hai giocato per 5 stagioni (1985-1990) vestendo la maglia grigiorossa in 165 occasioni, portando a lungo la fascia di capitano. Era il periodo della ‘Cremonese pane e salame’, quella a cui i tifosi grigiorossi sono e saranno per sempre legati. Il calcio è cambiato, ma la Cremonese, attraverso la lungimiranza e gli investimenti del Cav. Giovanni Arvedi, che l’ha salvata dal fallimento e riportata in serie A, resta ancora ‘di Cremona e dei cremonesi’. Quanto è importante tutto questo per la società e per la città.
Il legame con il territorio è fondamentale per qualsiasi realtà sportiva, di qualsiasi disciplina e di qualsiasi categoria. Nel calcio moderno siamo ormai abituati alle proprietà estere ed ai fondi di investimento che portano enormi quantità di denaro, sia nelle grandi piazze ma anche in realtà più piccole… spersonalizzando un po’ il rapporto. Bisogna solamente applaudire il Cav. Arvedi perché ha investito molto nella Cremonese in questi anni e non dimentichiamoci che solamente un anno fa era a confrontarsi nella massima categoria. Avere una Società solida, che può programmare il lavoro e affrontare con serenità le massime categorie del calcio professionistico, è il regalo più bello che i tifosi grigiorossi possano desiderare.
La tua carriera da professionista è cominciata a Palermo (129 presenze) con cui disputasti con la fascia di capitano, la finale di Coppa Italia nel 1978/79 persa contro la Juventus ai tempi supplementari, poi Lazio, Napoli, Ascoli e Cremonese (per poi chiudere nel Brescia). Appena arrivato a Palermo ti sei ritrovato spalla a spalla con 2 calciatori che poi, da dirigenti, sono diventati parte della storia grigiorossa: Erminio Favalli ed Ariedo Braida. Come li ricordi in quel periodo in campo e come li hai rivisti poi nelle vesti di dirigenti.
Con Ariedo Braida non ci siamo incrociati a Palermo. Lui era appena partito quando sono arrivato. L’ho conosciuto negli anni successivi da avversario e poi, come tutti, ho potuto apprezzare la sua straordinaria carriera da dirigente che lo ha portato ai vertici del calcio mondiale. Per la Cremonese è sicuramente un valore aggiunto. Erminio l’ho conosciuto da compagno di squadra: mi ha accolto nello spogliatoio del Palermo (lui era già lì da alcuni anni) e mi ha aiutato ad inserirmi. Non avevo ancora 20 anni ed ero alla mia prima esperienza lontano da casa. Siamo diventati amici e abbiamo condiviso molte partite. Nel 1978 smise di giocare e divenne direttore sportivo del Palermo: fu lui a vendermi alla Lazio nel 1979 e sempre lui a chiamarmi a Cremona nel 1985. Conservo un grande ricordo di lui.
Nella tua avventura in grigiorosso hai condiviso gioie e delusioni con giocatori come Gualco, Rampulla, Dezotti, Montorfano, Maspero, Nicoletti e tantissimi altri con cui resti nei ricordi dei tifosi cremonesi. Giocatori con cui hai condiviso grandi gioie, come la promozione di Pescara e grandi delusioni, come la sconfitta contro il Pisa di Simoni allo Zini che l’anno prima era costata la promozione in serie A. Cos’è che fa la differenza in un gruppo di giocatori dentro e fuori dal campo, in momenti così importanti della stagione come quello che sta affrontando ora la Cremonese di Stroppa.
L’affiatamento in un gruppo è sempre un fattore molto importante. Ci sono momenti, in una stagione, in cui a fare la differenza sono piccoli particolari come una corsa in più per coprire il compagno in difficoltà oppure la generosità di un assist al momento giusto. Ma non è tutto. Nel calcio ci sono anche storie di squadre i cui spogliatoi erano delle polveriere, eppure hanno raggiunto ugualmente risultati. Il punto fondamentale è fare in modo che tutti remino nella stessa direzione nel momento giusto… poi se fuori dal campo non si frequentano, non è un dramma. Stiamo parlando di professionisti.
A Cremona la scorsa estate è arrivato Vazquez, un giocatore di classe sopraffina, che aveva creato grandi aspettative, quasi troppe rispetto a quanto fino ad ora visto in campo (a detta dei tifosi più che dall’allenatore). Sui campi hai marcato fuoriclasse come Maradona e nella ‘tua Cremo’ c’era Alviero Chiorri, un giocatore che come altri, per esprimere al meglio le sue qualità e la sua classe non doveva essere ingabbiato in schemi e per divertirsi e fare divertire i tifosi. Credi che nel calcio moderno giocatori come Vazquez paghino questi dettami tattici.
L’inquadramento tattico dei giocatori di talento è un tema che – ogni tot anni – torna sempre fuori. Non c’è molto da dire: la differenza sul campo la fanno quei giocatori che hanno il coraggio di puntare l’uomo, di rischiare la giocata, di creare la superiorità numerica quando la partita è bloccata. Se questi poi hanno anche la capacità di mettersi a disposizione dei compagni diventano devastanti. Il compito arduo degli allenatori è proprio quello di saper ritagliare il giusto spazio e il giusto posizionamento ai giocatori di talento. Il punto è sempre l’equilibrio.
Dal 1992 al ‘95 sei stato allenatore nel settore giovanile grigiorosso. Solo una settimana fa la Cremonese Primavera, una vera e propria ‘schiacciasassi’ nel suo girone, è approdata nella massima serie delle giovanili nazionali. Al netto delle nuove regole federali, che tutelano sempre meno le piccole società che investono nel settore giovanile, e più procuratori e di conseguenza le società più ‘ricche’, quanto è importante, per la tua esperienza da allenatore e giocatore, cercare di valorizzarlo, anche a costo di importanti sacrifici.
Il settore giovanile è necessariamente il futuro e la garanzia di sopravvivenza per le società sportive. Le valutazioni sempre più elevate per l’acquisto dei giocatori o le commissioni fuori controllo per i procuratori fanno in modo che non ci sia altra via di uscita, specialmente per le società più piccole. Investire in strutture e tecnici per i giovani, alla lunga, paga. Il modello Atalanta è un esempio lampante. Ma la stessa Cremonese negli anni ha lanciato giovani che hanno fatto la storia del nostro calcio.
Curiosando nei post dei tuoi social ho trovato alcune immagini al fianco di grandi campioni come i fratelli Baresi, Maradona, Vialli e tanti altri, ma soprattutto più recenti, come quelle del 2017 per i festeggiamenti della promozione in B, abbracciato e sorridente con i tuoi ex compagni della Cremo. Cosa ti è restato nel cuore della Cremonese, di Cremona e dei cremonesi e quando ti rivedremo a Cremona.
Cremona è stata la mia esperienza sportiva più lunga. Sono stato capitano per tanti anni. Ho conosciuto tanti compagni, tanti dirigenti e tante persone della società che sono tuttora miei amici, che sento e vedo. I miei figli hanno vissuto la loro infanzia qui e hanno pianto quando abbiamo traslocato. Con mia moglie ci siamo integrati alla perfezione con la gente di Cremona e abbiamo stretto amicizie sincere che durano ancora oggi. Penso non ci sia molto altro da aggiungere. Il legame è così forte che almeno 5 o 6 volte all’anno torniamo regolarmente in città a trovare gli amici cremonesi.
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