Ciak, si gira. Nel 2004 le due storie d'amore parallele di Lo Cascio e Ceccarelli ne "La vita che vorrei", il film in costume di Piccioni in piazza del Duomo e via Beltrami (17)
Due storie d’amore che si intrecciano, con gli stessi protagonisti, una nel presente e l’altra a fine Ottocento, e che si confondono fino a diventare inscindibili l’una dall’altra. Tanto che nemmeno i protagonisti sapranno districarsi tra il confine ultimo dell’una e dell’altra. E’ il tema su cui si gioca il film che il 16 febbraio 2004 il regista Giuseppe Piccioni ha iniziato a girare in piazza del Duomo, protagonisti Luigi Lo Cascio e Sandra Ceccarelli. Lui è allo stesso tempo Stefano e Federico, lei Laura ed Eleonora. Li ha accolti una nebbiosa giornata padana, che però, nel giro di qualche ora, si è riscaldata fino a svelare un bel sole nel pomeriggio. Il set è estremamente sintetico, siamo bel lontani dalle affollate scene di vita seicentesca di “The Red Violin” e del più recente “Renzo e Lucia”. Qui c’è solo una carrozza trainata da due cavalli e una limousine. Nient’altro, se non una ventina di comparse, selezionate circa un mese prima, vestite in abiti d’epoca e altrettante in abiti contemporanei. Fanno da sfondo al doppio film che viene girato, perché “La vita che vorrei” racconta di un film nel film. E’ infatti la storia di due attori che si conoscono sul set di un film d’epoca, un melodramma alla “Signora delle camelie” ambientato proprio a Cremona. Lui è già affermato e disilluso dell’ambiente cinematografico, lei invece è alle prime armi. Inizia la loro storia d’amore, ma trovano più facile dirsi la fatidica frase in panni ottocenteschi che non nella vita reale. Prodotto da Rai Cinema e Lumière, in collaborazione con la Mikado, per un costo di oltre 4 milioni e 500 mila euro, “La vita che vorrei” è sceneggiata dallo stesso regista con Gualtiero Rosella e Linda Ferri. Altri interpreti sono, oltre ai protagonisti, Galatea Ranzo, Roberto Citran, Paolo Sassanetti e Ninni Bruschetta. La scena che viene girata più volte in piazza del Duomo, vede Stefano con una valigia salire in una macchina, evidentemente per lasciare il set, mentre sullo sfondo Laura, in costume di scena, lo segue stupita. Il tutto all’angolo tra piazza del Duomo e via Baldesio, tra una piccola folla di cremonesi.
E’ lo stesso protagonista a raccontarci succintamente la trama durante una delle pause tra un ciak e l’altro, sotto i portici del palazzo comunale. Lo Cascio è disponibile, non si nega a nessuno, ha il sorriso aperto. Nel 2001 ha vinto il David di Donatello per “I cento passi”. E’ il film con il quale ha esordito, nel 2000, e nel quale interpretava Peppino Impastato, il giovane siciliano che paga con la vita il coraggio di denunciare, attraverso una radio libera i crimini della mafia. “Anch’io tendo a identificarmi molto con questo mio primo personaggio. E’ stato un ruolo che mi ha coinvolto molto, ero anche andato a conoscere il padre di Impastato”. E il ruolo che interpreti oggi assomiglia a qualche altro già visto nei film precedenti? “No, non direi, qui sono un attore in crisi, disilluso, non ho mai fatto niente del genere”. Riflette qualcosa del Lo Cascio reale? “Senz’altro no”.
Il giorno dopo il set si sposta in via Beltrami, per l’ultimo giorno di riprese cremonesi. Lei in carrozza, lui che la insegue, una macchina da presa che li filma. Il ciak viene replicato più volte, fino al capitombolo finale di Federico, che inciampa e cade (su un materasso). Come sempre molta gente si sofferma al limitare del set mentre l’uscita di via Beltrami viene presidiata dai vigili urbani. Poi la troupe si trasferisce in provincia e infine a Roma per ultimare le scene interne.
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