15 anni fa a Cremona la sentenza di terrorismo internazionale. Il giornalista Roberto Fiorentini racconta i misteri dell'inchiesta
Quindici anni fa, il 16 luglio 2006, la Corte d’Assise di Cremona leggeva la prima sentenza di condanna nei confronti della cellula fondamentalista cremonese che per anni aveva operato in città utilizzando, come base operativa, la moschea di via Massarotti. Fu una delle prime pronunce dei giudici italiani che applicarono il reato di terrorismo internazionale approvato nel 2001 dopo i drammatici fatti di New York. In quel processo fu testimone della pubblica accusa il giornalista Roberto Fiorentini che per anni si era occupato di tutte le vicende giudiziarie che ruotavano attorno al Centro Islamico. Gli abbiamo chiesto di ricostruire quegli anni e quel clima.
"Fui sentito dalla Corte d’Assise di Cremona – spiega a Cremonasera – nel 2005 come teste della Direzione Distrettuale Antimafia che nel processo rappresentava l’accusa. All’inizio non ero nella lista dei testi, ma proprio in pieno dibattimento fui contattato da un personaggio sedicente giornalista di un magazine nordafricano alla ricerca di notizie degli imputati. Probabilmente le forze dell’ordine accertarono che l’uomo ben poco avesse a che fare con il giornalismo e quindi il pm decise di sentirmi in aula. Vi fu il dubbio che rappresentasse qualche servizio di intelligence o che fosse vicino a qualche organizzazione estremistica che voleva interferire, in qualche misura, nel dibattimento in corso. Del resto fin dal febbraio del 1998 mi ero occupato di questa vicenda. E questo, aggiungo, è solo uno dei tanti misteri che ancora circonda tutta quella vicenda giudiziaria".
Ha parlato di ‘misteri’. Vuol dire che non e’ stato detto tutto ?
"Credo che, aldilà degli atti giudiziari e di tutto quanto e’ stato scritto da giornali, questa vicenda abbia ancora, ad oggi, degli aspetti oscuri e mai svelati. Non è stato detto tutto. Non è stato raccontato tutto quello che è veramente accaduto. Non si particolari che sarebbero fondamentali. Ci sono dei misteri che aleggiano attorno a queste vicende e che sono rimasti senza spiegazioni plausibili sia da parte della Polizia di Stato che dei Carabinieri che della stessa magistratura. Penso che siano dei buchi neri pericolosi che da cui un domani potrebbero riaffacciarsi le medesime vicende di quegli anni passati".
Spieghi in che senso potrebbero tornare ?
"La storia ha insegnato che quei personaggi processati hanno compiuto molti passaggi nel corso della loro militanza islamica. Prima aderirono a movimenti localistici: algerini, marocchini e tunisini. Poi andarono sotto il cappello di Al Qeada, Quindi con Ansar Al Islam e successivamente con Ansar Al Sharia e di recente suppongo che qualcuno di loro abbia tifato per l’Isis. In questo momento storico, a livello geopolitico, non sembra esistere più un elemento unificante forte per il mondo del terrore islamista. Ma domani chissà. E a quel punto le vecchie relazioni, mai indagate, potrebbero tornare a galla, con risultati sconcertanti".
Ma torniamo ai misteri
"Il buco nero per eccellenza è come nacque questa inchiesta. In una Cremona sonnacchiosa e ruminante vennero, all’improvviso, arrestati tre uomini marocchini con l’accusa di far da supporto a organizzazioni terroristiche islamiche. Chi segnalò questa pericolosa appartenenza ? Non sembra che fu scoperta solo dagli uomini della DIGOS locale che comunque molto fecero in quell’inchiesta. Da subito si parlò della presenza di servizi segreti provenienti dalla Francia e dal Belgio. C’e’ chi dice che fu l’intelligence internazionale a far scattare l’indagine. C’e’ chi lo nega. C’e’ chi parla di fonti interne che iniziarono a parlare. Tante supposizioni: ma nessuna certezza".
Un inizio già con un grande enigma allora
"Un altro grande mistero è’ legato sempre alla prima fase dell’indagine che va dal 1998 al 2001. Riguarda Ahmed El Bouhali considerato il capo storico e l’ideologo della cellula. Fu arrestato nel 1998 e liberato il giorno dopo. Poche settimane prima dell’attentato a New York scomparve. I poliziotti lo vennero sapere mesi dopo perché ricercato dall’UCIGOS per un presunto attentato all’ambasciata americana di via Veneto a Roma. Si dileguò in maniera rocambolesca. Di lui rimase solo la sua autovettura abbandonata nel parcheggio di San Donato a Milano davanti all’entrata del metrò. Da quel momento non se seppe più nulla. In quegli anni di permanenza a Cremona aveva però intrecciato importanti relazioni con chi gestiva la moschea di viale Jenner a Milano e con referenti internazionali di organizzazioni terroristiche. Che fine aveva fatto ? Non si sa. Formalmente inquirenti e giudici lo diedero morto in Afghanistan combattendo al fianco di Al Qaeda. Se così fosse voleva dire che sapeva di quanto sarebbe poi accaduto negli Usa. Chi erano le sue fonti ? Notizia non pervenuta. Prove oggettive della sua morte ? Nessuna".
Nel processo si parlò di un attentato al Duomo di Cremona
"E’ un altro sconvolgente buco nero. Dalle ricostruzioni processuali una Punto verde, carica di esplosivo C4, doveva essere fatta esplodere, tra piazza del Comune e piazza Sant ‘Antonio Maria Zaccaria. I pm indicarono in Faycal Boughanemi l’uomo che che avrebbe dovuto azionare, dall’interno il telecomando per l’esplosione. Tanti i dubbi mai chiariti. A partire da chi avesse dovuto procurare l’esplosivo utilizzato nelle cave di pietra. Ovvio che a Cremona non poteva essere disponibile non avendo industrie di estrazione. Di chi era allora la mano che era pronta a consegnare il C4 ? Mistero. Mai un nome. Mai un sospetto. Come mai poi fallì ? Cosa lo fece abortire? Non è mai stato accertato. E’ fallito per incapacità della cellula ? Perché l’esplosivo non arrivò mai ? Perché un pentito parlò poco prima dell’esplosione ? Perché le forze dell’ordine intervennero anzi tempo ? Siamo nel buio più fitto. Una cosa invece è certa, Il palazzo popolare dove abitava Boughanemi saltò per aria proprio in quel periodo. Si diede la colpa a un corto circuito di un frigorifero posizionato in un garage. Altro enigma".
Anche qui spunta un pentito.
"Sì. Fu indicato in Chokri Zouaoni. Da piccolo spacciatore a Milano diventò quasi figura di riferimento a Cremona. Seppe di attentati in preparazione a Milano sul metrò e a Cremona al Duomo. Iniziò a parlare tradendo tutti. Perché lo fece ? Difficile pensare che si sia trattato di mera filantropia o di un attacco di buonismo improvviso. Cosa ci fu dietro quell’improvviso pentimento ? Le carte processuali non lo hanno mai spiegato. Anche qui le ombre sono pesanti".
Ci fu poi il discusso blitz di agenti americani alla ricerca di collegamenti tra Cremona e la cellula che dirottò gli aerei in America.
"Anche qui un altro enigma. In quei giorni fui immerso in una vera palude fatta di conferme, smentite, mezze conferme , mezze smentite. Mi trovai ad un punto dove la verità era sola la contraffazione di se stessa. Non si seppe mai quanto di vero ci fu in questa vicenda".
Per il futuro dobbiamo temere ?
"In questi anni ho letto molto soprattutto dichiarazioni politiche su questo tema. La maggior parte sbagliate. Si è parlato per slogan senza aver mai letto un atto giudiziario o un’analisi geopolitica che avesse un senso e questo è il miglior modo per dare una mano ai terroristi. Ridurre tutto al tema dell’immigrazione sia a favore che contro, è un errore di prospettiva imperdonabile. Al terrorismo di matrice islamica, come alla mafia, vanno tolte le radici. Quelle economiche, poi sociali e quindi antropologiche. E’ un tema complesso. Chi lo riduce semplicisticamente sbaglia. Il semplice non è mai sinonimo di giusto. E lo dice uno che da questo terrorismo e’ stato minacciato di morte lui e la sua famiglia. Al di sopra di ogni sospetto".
Nelle foto le fasi del processo e la lettura della sentenza, poi Roberto Fiorentini sentito come testimone della pubblica accusa
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