21 gennaio 2025

65 anni fa. Renzo Bottoli, il vagabondo linciato dalla folla a Ca' de Quinzani nel 1960, vittima di una rabbia cieca. Accusato di aver infastidito una ragazzina, venne ucciso a calci e pugni

Chi era Renzo Bottoli? Nessuno.

Ma come è possibile che un uomo sia nessuno? Renzo Bottoli era solo il suo nome, la sua figura quella dello ‘scemo del villaggio’, un uomo senza casa, senza amici, senza famiglia. E senza giustizia. Venne ucciso, a calci e legnate, reo forse di una colpa che non venne mai né verificata né denunciata alle autorità: si fecero giustizia da soli, a Ca’ de Quinzani. Lo uccisero a calci e pugni, un vero e proprio linciaggio a cui nessuno si sottrasse e che nessuno, infondo, si impegnò ad evitare o condannò successivamente. Renzo lo scemo venne ucciso “perchè aveva fatto i versi alla Pompea”, la figlia dell’idraulico, che studiava a Cremona, in un clima di rabbia repressa, odio ed omertà, una pagina buia della storia locale.

Questi i fatti, di cui narra anche Giorgio Bocca nel libro ‘Fratelli coltelli: 1943-2010. L'Italia che ho conosciuto’ : siamo nel 1960 e la storia si svolge tutta nell’arco di una notte a Cà de Quinzani, frazione di Gadesco Pieve Delmona.

Nel tardo pomeriggio, quasi sera di una domenica qualsiasi, gli uomini sono al bar ed al circolo Enal, tra un bicchiere di vino e qualche mano a carte; in paese passa, come spesso accadeva, un uomo che tutti conoscono, Renzo Bottoli, classe 1918, un girovago che viene definito ‘mezzo scemo’, non ha voglia di lavorare e vive così, dormendo tra una stalla e un pagliaio, spostandosi su una vecchia bici scassata tra i vari paesini della bassa ad elemosinare un pezzo di pane e un bicchiere di vino rosso. Alto e magro, coi capelli lunghi, zoppo da una gamba, non una cattiva persona, ma nemmeno un santo, che forse aveva il vizio di guardare e stuzzicare le ragazze e le donne, come qualcuno raccontava. Voci o verità, non si saprà mai. Di certo non era un delinquente o un violento e quella domenica sera era arrivato, forse per caso o forse per scelta, a Ca' de Quinzani, a cercare cibo per riempire lo stomaco e un bicchiere di rosso, per consolare l'anima.

Forse ne ha già bevuto qualcuno quando arriva quella sera e va a bussare alla finestra di una casa per chiedere qualcosa; da una porta esce una ragazzina, la Pompea, che ha 14 anni. Renzo 'lo scemo' allora prova ad avvicinarla, forse esagera un po’ con la confidenza e, forse perché già un po’ sbronzo, cade pure a terra e finisce sotto la sua stessa bicicletta; la ragazzina presa alla sprovvista si spaventa e corre in casa trafelata a raccontare alla madre che l’uomo ‘le ha fatto paura’.

La voce arriva in un lampo anche al bar del circolo Enal e tanto basta per accendere gli animi degli avventori che, senza troppe domande e senza alcuna remora, decidono che Renzo è colpevole e si merita una man di botte.

“Gli darei una cannellata” “L’è stà el Renzo” “E’ saltato addosso alla Pompea”, “Ha minacciato sua zia”, “Purcaciun, mandelo via”: la rabbia sale e quando Renzo arriva per caso proprio al bar dell’Enal, la sentenza è già stata scritta e quel ‘mandatelo via’ sconfinerà presto in un vero e proprio linciaggio, perpetrato a più riprese e da più persone, accecate da una follia collettiva e dalla violenza del branco.

Viene preso a calci e pugni per più di un’ora, proprio sulla strada principale su cui si affacciano le case, ma nessuno dirà di aver visto o sentito qualcosa. Solo un contadino che passava  in bicicletta si permette di dire al branco di lasciarlo stare, ma viene zittito e minacciato: “Vattene, se no ce n’è anche per te”. E giù ancora botte e Renzo ha solo la forza di chiedere pietà ai suoi aguzzini: “non vedete che mi uccidete?” ma quegli uomini sono ormai sordi ad ogni pietà. Nemmeno altri che passano si fermano alle invocazioni di aiuto dell’uomo rimasto a terra, col volto livido e le ossa rotte “E’ quel porcaccione, quel barbone”. Renzo non viene più nemmeno chiamato per nome ora, è solo un corpo senza dignità, un mucchio di carne e stracci bisunti raggomitolato a terra vicino alla legnaia in una notte fredda e senza luna.

Lì verrà ritrovato ormai morto la mattina dopo, da un bergamino, un certo Denti; una telefonata ai Carabinieri di Gadesco per segnalare che ‘c’è stato un incidente’. Il linciaggio di un povero ‘scemo’ senza casa, reo di aver ‘fatto i versi alla Pompea’, ucciso di botte da una folla inferocita, viene presentato come un incidente, una cosa che può capitare. Del resto di Renzo Bottoli non rimaneva altro che la sua bici sgangherata e i suoi cenci sporchi con cui si scaldava nelle notti d’inverno. Di lui, nemmeno una foto.

Tutti negano di aver colpito” titola il giornale dell’epoca alla notizia dell’apertura del processo.

Una brutta storia di violenza, esplosa in una sera qualsiasi, forse figlia di una rabbia repressa di quei contadini che, negli anni ’60, non erano ancora riusciti ad andarsene dalla povertà delle campagne cremonesi, “la vita anche negli anni Sessanta è bestiale e primitiva. Vino e bestie, vino e letame per tutti i giorni dell’anno. Il pane non manca nelle campagne della bassa, non si fa la fame come nel Meridione ma come uomini, come cristiani meglio non parlarne. Se una vacca partorisce il padrone manda a chiamare due veterinari, ma se gli dicono che una contadina ha le doglie lui che ha il telefono chiude la finestra e torna a letto. Inutile discutere di chi sia la colpa, fra padroni e braccianti c’è ancora un odio che lo tagli con il coltello.” Scrive ancora Bocca, parlando del contesto in cui è maturato il delitto: “In che dovrebbero credere? A dieci, undici anni anni, legge o non legge, piantano la scuola e cominciano a lavorare, il poco che hanno imparato lo dimenticano, nessuno sa parlare l’italiano, metà sono analfabeti, gli altri è come se lo fossero”.

Anche questo sono state le nostre campagne fino a poco più di mezzo secolo fa.

Michela Garatti


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commenti


Lilluccio Bartoli

21 gennaio 2025 22:03

Fotografia istantanea postuma di quegli anni. Cruda verità da incorniciare ora in un quadro riparatore, quando tutti gli attori della scena hanno atteso il sipario, per filarsela voltando le spalle al pubblico.