19 marzo 2022

Area Donna e il futuro della sanità cremonese: la battaglia si infiamma ma il direttore generale sceglie di non esporsi e resta "convitato di pietra"

Il generale non scende al fronte. Ci manda i suoi soldati, che per quanto preparati si trovano a combattere una battaglia non loro. Lottano come possono, tentano inizialmente di avvantaggiarsi alzando fumo ma si scontrano con la realtà e incespicano davanti ai fatti. In cinica metafora bellica conforme al periodo storico, è questo il dato emergente dall'incontro di questa mattina, dalle 10.30 alle 12.30 inoltrate in sala Quadri di Palazzo Comunale sul futuro di “Area Donna”, l'ex Breast Unit dell'ospedale di Cremona, rimpianto centro di eccellenza sul quale si stanno battendo da mesi tante donne di Cremona (e ancora pochi uomini, a giudicare anche dalle presenze in sala Quadri, peraltro gremita).

I soldati mandati al fronte dalla dirigenza dell'ospedale nel tentativo, strappato da donne (pazienti e non dell'ospedale), e concesso dal sindaco Gianluca Galimberti sull'onda delle pressioni di quello che è diventato vero e proprio “caso mediatico” sono il professor Rodolfo Passalacqua, direttore a fine mandato di Oncologia; Matteo Passamonti, senologo e Direttore di Radiologia all'Oglio Po; Sergio Aguggini, senologo e vice direttore Area Donna; Daniele Generali, specialista in Oncologia Medica.

In sala, cittadine, sindacalisti, qualche amministratore e qualche politico (Luciano Pizzetti e Marco Degli Angeli). Abbaglia l'assenza dei vertici dell'Ospedale, con il direttore generale, Giuseppe Rossi, incarnazione del convitato di pietra all'evento. Il sindaco sbriga gli onori di casa salutando ed evitando qualsiasi tipo di intervento nel merito e la narrazione si avvia con l'intervento dei professionisti sanitari cui tocca una difficile difesa d'ufficio dell'attuale cambio di pelle dell'ospedale. Si capirà alla fine, col confronto diretto e le domande dal pubblico, che ai soldati non è data altra arma se non quella dei fumogeni.

LA VERSIONE DELL'OSPEDALE - La narrazione di chi in ospedale ci lavora e di chi l'ospedale è suo malgrado costretto a frequentarlo collidono, non trovano un punto d'incontro se non nella buona volontà che va riconosciuta al Comune e agli stessi professionisti sanitari di interloquire con la città e le donne che si stanno spendendo in prima persona in questi mesi.

Per Passalacqua “questo incontro è importante per poterci confrontare con associazioni e cittadini su cosa è stato fatto e su cosa si farà”. E se, ha aggiunto, la riorganizzazione ha coinvolto tutto il dipartimento oncologico, i princìpi cardine restano saldi e si riassumono nella presa in carico globale del paziente oncologico, nella definizione di percorsi di cura, nell'umanizzazione della cura e nell'approccio multidisciplinare che mette in campo veri e propri team di medici.

Non nasconde i problemi, Passalacqua, e non si sottrae al confronto, ma oggi si è qui per parlare principalmente di Area Donna e l'impressione è che il discorso debba invece virare sui massimi sistemi socio-sanitari. E sì, ammette più avanti il collega Passamonti, “ci sono difficoltà ad accedere ad Area Donna, sono uscite forze lavoro e ne sono entrate in numero minore. Abbiamo cercato altra forza lavoro ma non ci sono medici. Abbiamo avviato una consulenza con Mantova, naufragata dopo pochi mesi, così abbiamo detto: formiamo medici al nostro interno”. Se un mea culpa deve fare, Passamonti ha concesso che sì, “non sono state veicolate in modo corretto certe scelte”.

Il 16 maggio entrerà in forza “un nuovo collega in senologia”, il “numero degli screening mammografici è rimasto lo stesso rispetto al 2019”, “in Area Donna da una decina di giorni è operativo un ecografo automatizzato, è in prova ma l'entusiasmo c'è”. Flash positivi lasciati ammiccare qua e là a dire che non tutto è così drammatico come appare, con il carico calato da Aguggini: “Sulla questione precisione non temiamo confronti. Il punto delicato è questo”. E mostra un grafico con il numero delle visite e quello degli interventi (in ambito senologico).

Se nel 2019 l'ospedale ha erogato 3.769 visite ed effettuato 473 interventi, nel 2020 ha erogato 2.688 visite e realizzato 220 interventi, per arrivare al 2021 con 2.483 visite e 253 interventi.Nel 2020 – ha ricordato Aguggini – siamo stati chiusi tre mesi e abbiamo fatto comunque 2.700 visite. La senologia si è tirata su non le maniche, ma le braccia. Nel 2019 avevamo 4 persone, nel 2020 ne avevamo tre e nel 2021, fino ad agosto, ne avevamo due. Noi senologi stiamo lottando con tutte le forze”. Ma, ha concesso, “sta venendo meno l'elemento distintivo, ossia l'autonomia, che ci ha portato fin dove siamo arrivati. Stiamo cercando di riorganizzarci, di recuperare un percorso virtuoso per recuperare lo standard, perché il Covid non è il problema principale, il problema è il ricambio generazionale e le minori forze in campo”.

Onore al merito d'esporre con chiarezza i problemi di un servizio che fino a ieri è stato d'eccellenza per Cremona, come ha ricordato nel suo intervento anche il dottor Generali, ripercorrendo le tappe che hanno portato la Breast Unit di Cremona al top in Italia (con tanto di certificazione Eusoma).

LA VERSIONE DEI CITTADINI - Come si arriva allora all'oggi, alle difficoltà di un servizio – e più in generale di un presidio ospedaliero – cui stiamo assistendo? Su questo le idee sembra averle più chiare chi frequenta l'ospedale suo malgrado, chi è in cura, chi lo è stato. Come Cristina Marenzi, tra le promotrici della battaglia per Area Donna: “Sono qui come donna e come paziente. Sono state dette tante cose, date tante spiegazioni, ma per quale motivo invadere gli spazi di Area Donna? Le donne stanno scegliendo di curarsi altrove, senza contare che qui i tempi di attesa sono eccessivi. Così si valorizza il privato”.

Marenzi ha quindi letto un intervento a lei inviato da Sandra Zampa, già vicepresidente del Partito Democratico e attualmente componente del dipartimento salute del Pd e consigliera del ministro Speranza. Il messaggio della consigliera del ministro incita a non desistere nella battaglia per Area Donna. “Sono curiosa di sapere quali sono le ragioni che hanno portato l'amministrazione ospedaliera a progettare la fine di Area Donna” ha scritto Zampa. “Continuate, resistete”, ha scritto ancora prima di invitare a coinvolgere nuovamente la vicepresidente Letizia Moratti e spingerla a spendersi per “salvare un'esperienza così preziosa”.

Abbondanti gli interventi delle concittadine, da Giovanna Bonetti alla sempre battagliera e preparata Daniela Polenghi, ex assessore e rappresentante di Rete Donne (“il carcinoma mammario è per le donne questione identitaria”, “l'efficacia della cura dipende non solo da cosa si fa, ma da come la si fa”). Da qui, dall'intervento di Daniela Polenghi, è stato sdoganato ciò che sino a quel momento aveva soltanto serpeggiato tra i banchi di Sala Quadri: dov'è oggi il direttore generale dell'Ospedale? “Avremmo voluto parlare direttamente con lui – ha detto Roberto Dusi, segretario Funzione Pubblica Cisl –. Perché ci avete detto che è tutto bello, tutto fantastico, ma non è Area Donna ciò di cui si è parlato”.

Timida difesa del professor Passalacqua (“nessuno intende cancellare Area Donna, forse non sono stato chiaro... sì ci sono difficoltà. Alla signora Marenzi dico, venga a trovarmi, affrontiamo il poroblema (sic)”.

Difesa travolta dalla nuova ondata di interventi, tra i quali si segnala quello di Donata Bertoletti, ex sindacalista e coordinatrice del Forum Provinciale: “Un effetto positivo questa vicenda lo ha avuto: risvegliare la passione civica, generare una alleanza nuova tra chi rappresenta i cittadini, i lavoratori, i professionisti”. Prima il fioretto, poi la sciabola: “Detto questo, occorre partecipazione, informazione e garanzia da parte delle istituzioni. Il direttore generale dell'ospedale si assuma l'onere di presentarsi e rendere conto”.

Palla raccolta al balzo da Paola Tacchini, tra le promotrici delle iniziative a difesa di Area Donna: “Avremmo voluto un confronto con il dottor Rossi, con chi decide e taglia, taglia, taglia... Comincio a sentirmi un numero e sento la mia patologia trattata come merce. Chiediamo che il reparto rimanga come era e non diventi una catena di montaggio”.

Da un uomo – curiosamente – quella che è stata forse la sintesi più efficace dell'intero incontro (poiché in lui si coniugano i due aspetti, quello di medico di lungo corso e quello di "comune" cittadino). Preceduto da un lungo applauso, ha preso parola Giovanni Allevi, senologo e già chirurgo all'ospedale di Cremona, oggi in pensione. La sua potrebbe essere definita la “lectio magistralis” a chiusura della mattinata di confronto.

Non rappresento nessuno – ha esordito – ma voglio continuare a essere vicino alle donne che ho conosciuto in tutti questi anni. Mi rivolgo al sindaco: grazie per averci ospitato qui oggi, ad un incontro al quale non è però presente la direzione dell'ospedale, che ha delegato a quattro eccellenti professionisti. Il Cancer Center non può sostituire la Breast Unit”.

Poi la bomba: “Tre radiologhe sono andate via: non è stata una loro scelta, si sono viste costrette ad andarsene perché le promesse loro fatte non sono state mantenute e il clima attorno alla Breast Unit andava in altra direzione. Questi professionisti (rivolto al tavolo dei relatori; ndr) non hanno cambiato idea, hanno cambiato direttore generale”.

Infine, l'apertura all'orizzonte del futuro nuovo ospedale, quell'ombra politica proiettata dal cambio di pelle della sanità locale: “Abbiamo assistito ad un tentativo maldestro di sparigliare le carte. Perché si cerca di sostituire con un modello confuso una struttura che funzionava? Perché sostituirla con altre strutture presentate in forma nebulosa. Se oggi fosse qui, al direttore generale una cosa direi: faccia un passo indietro”.

Ma il generale non era qui. Al fronte ha scelto di mandare i soldati, come i generali fanno in qualsiasi guerra.

Video e foto in alto a scorrimento di Gianpaolo Guarneri- Studio B12

Federico Centenari


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