Cascina Bredalunga di Sesto: testimonianza di un presente che diviene storia. La sfida di Matteo e Letizia per ridarle decoro. Un tempo vivevano qui 200 persone. Coppi la voleva acquistare
Cascina Bredalunga: testimonianza di un presente che diviene storia
Un’antica cascina diroccata ricevuta in eredità che diventa un progetto di recupero: così Bredalunga avrà una seconda chance, l’opportunità di tornare all’antico valore e decoro.
«A Bredalunga vivevano circa 200 persone, praticamente era un paese. Vogliamo ridare decoro a questa cascina perché ha una storia ricca ed interessante, ma purtroppo negli ultimi decenni è stata ricordata solo per lo stato di abbandono in cui versa». Ce lo racconta Matteo, che con la sorella Letizia ed i genitori ha sentito il richiamo di queste vecchie mura, che aspettavano da anni che qualcuno se ne prendesse ancora cura. Siamo nel comune di Sesto ed Uniti, ad una manciata di chilometri da Costa Sant’Abramo; qui sorge l’imponente complesso architettonico della Cascina Bredalunga, il suo ‘skyline’ è ben visibile dalla Paullese che corre a poche centinaia di metri. Di questa località si trova traccia già dalla seconda metà del XVI secolo, quando era citata tra i comuni del Contado di Cremona (1562).
«Un paio di anni fa il comune di Sesto ci ha proposto, aprendo i due portoni di Nord e Sud, il passaggio di una gara ciclistica, -organizzata da Vélo Club Cremonese B&P Recycling, Comune di Sesto e Proloco-, per tramite di una persona cara, che ci ha aiutato molto nel ridare ordine e sicurezza alla cascina nelle prime fasi. In quell'occasione si è presentata tanta gente che ha vissuto qui o che comunque ha trascorso del tempo tra queste mura negli anni passati e tutti hanno dimostrato un grande affetto per questa cascina. Questo ci ha dato una grande spinta per iniziare a ridargli una dignità ed un decoro, anche se l'idea iniziale era già partita con lavori vari, tanta opera di pulizia e raccolta rifiuti, oltre naturalmente alla messa in sicurezza».
Come tante altre cascine, Bredalunga è segno di un presente che si sta facendo storia, traccia di un tempo passato che ormai è finito, ma che è ancora vivo attraverso persone e luoghi che non possono semplicemente essere lasciati all’oblio del tempo che passa.
Il richiamo della storia di Bredalunga: le origini, le case di ringhiera dell’Italia di Coppi e Bartali, fino allo spopolamento delle campagne
Matteo e Letizia sono entrati per la prima volta in questa cascina poco più di tre anni fa, facendosi largo nella ‘foresta’ che l’aveva piano piano inghiottita nei circa 50 anni di totale abbandono in cui era stata lasciata. «Una volta aperto il portone, ci siamo trovati davanti ad una selva ed abbiamo dovuto avanzare passo a passo, scoprendo un poco alla volta quello che la cascina custodiva». La vegetazione negli anni si è presa tutto lo spazio che ha potuto, crescendo tra le crepe dei lastroni di cemento dell’aia, arrampicandosi sui muri degli edifici e persino al loro interno, abbattendo solai e soffitti per arrivare ai tetti ed avere la meglio anche su di essi.
Ma nonostante ciò, Bredalunga ha saputo resistere e la sua storia è ancora viva, aspetta solo di essere ascoltata e raccontata. Dalle sue antiche origini, che risalirebbero addirittura alla prima metà del 1500, per poi intorno al 1700 essere proprietà di una nobildonna di origini bolognesi, passando quindi nel XIX secolo all'ordine dei salesiani come lascito testamentario. Infine nel secolo scorso venne acquisita come azienda agricola con tutto il suo carico di umanità chiamata a viverci e lavorarci: vite di uomini e donne nati, cresciuti, sposati e molto spesso anche morti tra quelle mura. E quindi arriviamo alla storia più recente dei contadini che vissero gli ultimi periodi di gloria della cascina, fino agli anni ‘70 del secolo scorso, popolando le povere case coloniche di ringhiera che correvano sui due lati di un’ampia corte interna alla cascina stessa e che alla sera si chiudeva con un grosso portone. Come in un alveare gigante, una doppia fila di porte e finestre che si susseguono su due piani: ogni porta, una famiglia. Una vita di comunità, dove i figli erano un po’ figli di tutti, crescevano assieme e quando serviva uno scappellotto, non si badava alla genealogia ma a chi toccava, toccava.
Oltre alle case, file interminabili di pollai e di stallette per il maiale, indispensabili per garantire cibo alle persone che vivevano in quelle case e che dovevano sfamare nutrite schiere di figli sempre con la pancia vuota ed una gran fame.
Su una parete di queste case sono ancora ben visibili i fori provocati da una scarica di mitragliatrice di ‘Pippo’, il temibile aereo da caccia che di notte terrorizzava il territorio e che scambiò delle fascine di legno posizionate nell’aia per tende di un accampamento militare. Su un altro muro, invece, si legge ancora chiaramente la scritta in vernice bianca: ‘W COPPI ʍ BARTALI’, testimonianza inequivocabile dell’Italia a cavallo tra gli anni ‘40 e ‘50, di quella divisione così polarizzante da catturare l’attenzione anche dei braccianti e dei contadini che nonostante la stanchezza del lavoro, trovavano il tempo e la forza di schierarsi dalla parte del laico e socialista Coppi o del democristiano Bartali. E proprio Fausto Coppi nel 1949 visitò la cascina e ne rimase tanto affascinato da iniziare una trattativa per il suo acquisto. Chissà se vide quella scritta sul muro, probabilmente ci scherzarono su. Ad ogni modo, per qualche centinaia di lire, l'affare sfumò e la cascina non venne venduta al campione.
E tra un giro d’Italia ed una discussione politica, pian piano le campagne cremonesi iniziarono a spopolarsi: i braccianti agricoli abbandonavano questo lavoro stancante e troppo spesso poco remunerato per trasferirsi, alla ricerca di una vita più confortevole, in quelle città che, negli stessi anni, Gaber raccontava con sarcasmo nella sua canzone ‘Com’è bella la città’.
Da Bredalunga l’ultima famiglia se ne andò proprio negli anni ‘70, chiudendo quel portone che si sarebbe aperto di nuovo solo mezzo secolo dopo.
La chiesetta: l’ultima ad essere abbandonata, la prima ad essere restaurata
Tra le mura della cascina, anche una chiesetta: dimenticata anch’essa e depredata da tutto ciò che potesse avere un valore (balaustre in marmo, banchi, acquasantiere e chissà cos’altro), ha comunque resistito per tutto questo tempo, nonostante l’abbandono e l’incuria.
Oggi è il primo edificio ristrutturato e messo in sicurezza: «Abbiamo voluto partire da qui -racconta Matteo- perchè ci sembrava un bel segnale e perché ci piacerebbe presto poterla riaprire per tutti, magari per qualche celebrazione o ricorrenza particolare. Era messa molto male quando l’abbiamo trovata, il tetto era in parte ceduto e la volta a botte ha resistito per miracolo. Ora finalmente siamo riusciti a completare la ristrutturazione, rendendola di nuovo fruibile in sicurezza. Ci piace pensare che questo sia un inizio particolare a cui dare seguito a breve con nuovi interventi mirati su altre parti significative della cascina».
Questa chiesetta fu l’ultimo edificio ad essere abbandonato, quando anche le ultime persone che vivevano a Bredalunga se ne andarono: prima di chiudere per sempre il portone, però, la famiglia chiese di poter portare la statua di Maria al sicuro nella chiesa di Casanova del Morbasco, in segno di devozione, per non abbandonare questa povera Madonna al suo destino. Quello della chiesa fu dunque l’ultimo portone ad essere chiuso.
Oggi, a distanza di mezzo secolo, la chiesa è tornata ad essere il primo edificio nuovamente agibile, in una sorta di circolarità che si è completata per aprire nuove prospettive.
Ma questa è solo una piccola parte della storia di Bredalunga: oltre alle origini ed alla storia più antica, alcune delle persone che vissero in questa cascina o che in qualche modo ci passarono parte della loro gioventù si sono fatte vive presso i proprietari, anche grazie alla pagina Facebook creata ad hoc, e sicuramente le storie che potranno raccontare saranno interessanti e degne di nota, da riportare nel libro degli appunti per la storia più recente del nostro territorio. E noi saremo presenti per raccoglierle e mantenerle vive nella memoria collettiva…
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commenti
Giulio
12 agosto 2024 11:55
Io sono nato a Bredalunga e ho trascorso qualche anno della mia infanzia in questa cascina, sono tornato diverse volte alla cascina, che per ragioni di sicurezza, ho sempre trovato chiuso e bloccato.