L'arte di Giordano Garuti, el Salvaje. La pittura surreale di un giramondo dalle mille esperienze artistiche e umane
Una mostra che commuove chi conosce Giordano Garuti, chi lo frequenta, chi lo ha sentito raccontare le mille avventure della sua vita, chi lo ha visto dipingere nel suo studio o spaziare con lo sguardo dal suo terrazzino sui tetti della Cremona di un tempo, quella tra via Aselli e il vecchio ospedale piena di storie e ricordi e ritrova nei trentatré quadri in mostra un'arte di una continua ricerca. Anche le ultime opere di Garuti, realizzate a 95 anni, sono quelle che ti lasciano incantato per la tecnica ma che ti fanno pensare vedendo i suoi sfondi mai banali e sempre motivati (il nero del dramma, il rosso del sangue, l'azzurro del Padre) o le sue pennellate da surrealista (dove il pennello si muove come vuole l'istinto e il pensiero di quel momento). Che dire poi di quelle realizzate con il fondo della carta da giornale (Archivio, rivista d'arte) subito dopo il Covid che ha rischiato di portarsi via l'artista? Insomma una mostra straordinaria quella che propone il Museo Civico Ala Ponzone curata da Anna Maccabelli dal 5 giugno al 24 agosto per il decano degli artisti cremonesi (classe 1930) che mette insieme gli insegnamenti dei suoi maestri come Ernesto Piroli (anche lui aveva usato la tecnica del giornale a fare da base al quadro) e Sereno Cordani ma che proietta l'artista in un panorama internazionale dove la sua arte ha fatto tesoro della sua esperienza di restauratore e di grande copista dei maggiori maestri.
Il titolo della mostra è "Giordano Garuti, el Salvaje", il ribelle come lo chiamavo gli indios che l'avevano conosciuto nei suoi lunghi soggiorni sudamericani. In un libretto autobiografico di qualche anno fa, Giordano Garuti si definiva "Viaggiatore del tempo, dall'America Latina all'Africa". E nel suo racconto c'era un po' di Salgari, un po' di Indiana Jones ma anche Eduardo Galeano: un giramondo, un artista geniale e uno spirito inquieto, incapace di trovare il posto giusto dove fermarsi e così ha continuato per una vita la sua evasione, inseguendo sogni e miraggi, tesori e gente diversa. E il suo eclettismo pittorico si vede, si tocca con mano anche in questa mostra nella continua ricerca di forme espressive nuove in quell'immaginario fantastico che lui, a differenza di altri artisti stanziali, ha avuto la ventura di toccare, di provare, di vivere e di soffrire mettendo poi tutto su tela. In Francia, poi nelle miniere del Belgio, poi a vent'anni in quel Sud America che lo ha segnato più di ogni altra cosa al mondo: coltivando la gomma, cercando l'oro, partecipando alle rivolte dei campesinos fino ad incontrare Ernesto Che Guevara. Ma rientrato in Italia non si ferma: l'Africa, in Niger, in Togo tra l'arte antica facendone un grande ricercatore e collezionista ma anche per condividere fame, guerre, malattie e miserie.
Da apprezzare poi la scelta dell'assessore Rodolfo Bona che ha voluto legare la grande arte antica presente nel nostro museo con uno spazio riservato ai nostri artisti del Novecento in una continuità artistica che fa grande Cremona: ha cominciato con il centenario della nascita di Franca Baratti, per poi proseguire con Garuti e il prossimo autunno toccherà allo scultore Ruffini. Insomma l'arte cremonese che continua.
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