Domani, venerdì 10 febbraio, il Giorno del Ricordo. Gli studenti di Cremona e Crema incontreranno la storica Giulia Caccamo
Venerdì 10 febbraio, Giorno del Ricordo “in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano- dalmata, delle vicende del confine orientale”, a Crema e Cremona, nell’ambito del progetto “Essere cittadini europei – Percorsi per una memoria europea attiva”, si terrà l’incontro degli studenti e dei docenti delle scuole superiori con la prof.ssa Giulia Caccamo, storica, docente presso l’Università di Trieste sulla complessa storia del confine orientale, delle foibe e dell’esodo:
Il 10 febbraio 1947 con la firma a Parigi del trattato di pace imposto ai Paesi alleati della Germania, si conclude il lungo periodo di trattative che erano iniziate a Londra l’11 settembre 1945. L’Italia, uscita sconfitta dalla guerra voluta da Mussolini, alleato di Hitler, fu costretta ad accettare le condizioni di pace imposte dalle potenze vincitrici. L'Italia perdeva tutte le colonie, l'Istria e le province sulla costa croata annesse nel 1919-1920: Fiume, Zara e Ragusa (Dubrovnik). A Trieste, contesa dalla Iugoslavia, si istituì un Territorio libero sotto controllo alleato. E Trieste verrà definitivamente annessa all’Italia solo nel 1954. Il doloroso esodo degli italiani, iniziato nel 1944 a Zara, proseguì ancora a lungo nel dopoguerra e molti di loro approdarono anche nella nostra città, dove vennero istituiti dei campi profughi per accoglierli.
Come scrive il massimo studioso italiano del confine orientale, il professore Raul Pupo dell’Università di Trieste, “...Dopo l’8 settembre 1943, l’Istria fu per alcune settimane occupata quasi interamente dai partigiani jugoslavi che proclamarono l’annessione del territorio alla Jugoslavia e procedettero all’eliminazione “dei nemici del popolo”. In una situazione di generale confusione, in cui i contadini croati si sollevarono contro i possidenti italiani, le motivazioni nazionali e politiche delle violenze di massa e la “resa dei conti con il fascismo” si confusero con elementi di lotta sociale, contrasti d’interesse e rancori personali”. I corpi, in alcuni casi assieme a prigionieri ancora vivi, vennero gettati nelle foibe – la più celebre delle quali si trova a Vines, presso Albona - in pozzi minerari o dispersi in mare.
Una seconda ondata di violenze di massa si scatena ai primi di maggio del 1945, quando la Venezia Giulia fu occupata dall’esercito jugoslavo di Tito che, dopo il crollo del nazismo, stava prendendo il potere in tutta la ex Jugoslavia. Molte furono le decimazioni sommarie di militari italiani e tedeschi che si erano arresi alle truppe di Tito, ma molti furono deportati in campi di prigionia dove la mortalità era altissima.
Riguardo ai civili, si procedette ad una radicale “epurazione preventiva” che comportò l’arresto di massa non solo dei membri dell’apparato repressivo nazifascista o del fascismo giuliano, ma anche di partigiani italiani contrari all’egemonia del movimento di liberazione jugoslavo a guida comunista. In generale, la repressione, oltre a fare i conti con il fascismo, mirava ad eliminare tutti gli oppositori all’annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia. La popolazione italiana era in maggioranza contraria all’annessione alla Jugoslavia e su di essa si concentrò l’azione repressiva, sia attraverso l’immediata eliminazione che attraverso la deportazione nei campi di prigionia”.
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