11 ottobre 2024

E il Po? Una "pienetta" autunnale senza disagi ma il fiume ha fatto quattro metri in un paio di giorni. Le fotografie

Forse mai come quest’anno il Grande fiume, sempre capace di sorprendere e meravigliare le sue genti, è stato al centro di piccole piene ordinarie che, escludendo luglio, si sono alternate dalla primavera all’autunno con una frequenza non indifferente. Del resto la primavera è stata decisamente piovosa e l’autunno, in questa sua prima parte, non sembra essere da meno. Da marzo ad oggi non si contano, ormai, le “pienette” che il Po ha fatto registrare; l’ultima in questi giorni quando ha guadagnato, nelle nostre terre, quattro metri d’acqua in un paio di giorni. Nessun problema, nessun disagio e nessun allarme, per fortuna, almeno per ora: e si spera che anche nelle settimane a venire la situazione rimanga tranquilla. In compenso, ancora una volta, nei suoi grandi e profondi silenzi il Po ci ha saputo regalare, tra cielo, terra ed acqua, paesaggi ricchi di fascino, capaci di dare emozioni autentiche. I più, probabilmente, presi dalla frenesia di tutti i giorni e da quella dilagante superficialità che si dipana, ormai, un po’ ovunque, non se ne saranno nemmeno accorti. Del resto, quando di fronte ad immagini scattate dietro casa ti senti chiedere, da chi sul fiume comunque ci vive da sempre “ma dove la hai fatta?”, è logico dedurre che, per molti, il Po col suo ambiente, sia purtroppo un perfetto sconosciuto perché si preferisce, a quanto pare, frequentare qualche “baraccone” in cemento. Tuttavia la poesia, la meraviglia e la magia del fiume non bisogna stancarsi di raccontarle, descriverle ed immortalarle cogliendo, specie di questi tempi, le atmosfere, i colori e le intensità di una stagione, l’autunno, costellata di bellezza. C’è infatti quel tempo in cui, d’improvviso, l’autunno si presenta e avvolge, come in un manto, le terre del fiume. E’ quel frangente in cui le fertili campagne del Po, custodite e coltivate dai contadini, scrigni umani dei saperi di una volta, iniziano il tempo del riposo, che è sempre tempo di grazia, nell’attesa della nuova stagione che verrà. Come in un incantesimo, quasi d’improvviso, il giorno si fa breve ed il sole, mentre le primissime brume si infilano tra pioppeti, argini, vecchi casolari e monumentali cascine  di campagna, tramonta allo scoccare dell’ora del vespro. Nell’attesa che la non lontana Estate di San Martino possa dare l’illusione e le sembianze di una stagione ormai andata, e che l’ormai prossima ricorrenza dei defunti non porti mestizia ma sia occasione di ricordo autentico della nostra gente, i primi giorni d’autunno sembrano portare con loro eventi e rituali che sanno quasi di sacro.

Gli uomini e le donne del Po, mentre i primi freddi iniziano a insinuarsi nelle giunture, riprendono dopo la lunga estate a ritirasi presto nelle loro abitazioni e, nei paesi cresciuti all’ombra del campanile, di un vecchio castello, o di un vetusto fortilizio cala un silenzio che sono chi li vive, e vi è nato, sa cogliere. Restano, nell’aria, i profumi ed i sapori inebrianti delle terre di Po dove è necessario, anzi un toccasana, muoversi a piedi, tra argini e carraie, “accarezzando” le vecchie abitazioni dove, dietro alle imposte, una luce leggera illumina le tavole imbandite delle famiglie di campagna, dove non manca mai un buon rosso o un pezzo di pane magari accompagnati dagli ultimi frutti dell’orto o dai funghi raccolti tra prati, siepi e boschi. In cammino, nelle immediate periferie dei villaggi di fiume, si avvertono i profumi del mosto e del vino novello, della ricca e fiorente norcineria, di dolci crostate e di quei piatti nati dai saperi dei nostri padri. Profumi che si mescolano con quelli della legna che, nelle prime fresche sere d’autunno, arde nei vecchi camini e nelle stufe di una volta, rimandando d’un tratto la memoria a un tempo che purtroppo non c’è più. Bisogna percorrere i boschi, i sentieri, le carraie e gli arginelli a ridosso del Po, dove il silenzio è ancora più profondo e solenne, per osservare i colori meravigliosi dei settembrini e degli ultimi topinambur, cogliendo gli aromi dell’artemisia ed i profumi dei chiodini, dei piopparelli e dei prataioli. E non importa se il fango si appiccica ai calzari. Ancora una volta la terra di fiume, sull’una e sull’altra riva, va vissuta e custodita così, in gran silenzio e con profondo rispetto del Creato. Attendendo, sì, l’Estate di San Martino, passando prima per quel giorno particolare che è quello dedicato alla memoria dei nostri morti: di coloro che, prima di noi e forse meglio di noi, hanno saputo far vivere queste terre in cui molto, ancora, parla di loro e delle loro vicende. Ne parla e ne tiene viva la memoria anche lui, nel suo immenso silenzio e nel suo incessante scorrere, il Grande fiume, custode delle memorie, dei segreti, dei fatti, delle gioie e dei dolori della sua gente, scrigno di aneddoti e leggende, patrimonio di storia e di identità.

Eremita del Po

Paolo Panni


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commenti


Daniro

11 ottobre 2024 07:55

Ermanno Rea, nel suo libro Il Po si racconta, si chiede, ma dov'è il Po? E risponde, laggiù in fondo dietro quegli alberi. Al di là dei ponti che lo passano e di qualche alzaia che ci corre in fregio il Po è " laggiù in fondo" e sempre meno raggiungibile dalle antiche stradine ormai cancellate dai poderi agricoli dove decine di cascinali sono ormai ruderi. Arrivare sulle spiagge più selvagge è una vera avventura e purtroppo sempre meno praticata (se non sei un pescatore o un cacciatore). Se non hai una imbarcazione a disposizione il Po non lo conosci mai davvero e anche con una barca ci si deve impegnare per raggiungere i luoghi più remoti e interessanti (e andarci con il rispetto dovuto). Ma anche, purtroppo, scoprire un ambiente spogliato di boschi e zone umide, con centinaia di salici e pioppi che si sono seccati e cadono, piante invasive come il sicius che le soffoca, una gran quantità di rifiuti di ogni genere impigliati sulle rive che nessuno toglie, inquinamento delle acque da reflui agricoli, pioppi industriali fino sulle sponde con l'estinzione della vegetazione ripariale. Anche di questo bisognerebbe parlare perché il Grande Fiume non ha voce e se l'avesse non sarebbe tenero nei nostri confronti.

Elena

11 ottobre 2024 09:58

Bellssimo articolo.
Quanta nostalgia. Ricordi di quando venivo a trovare mia nonna. E di tempo ne è passato Cremona, comunque mi manca, nonostante Firenze