Enrico Dindo con i “suoi” Solisti di Pavia incanta il Ponchielli. Un viaggio straordinario attraverso le intriganti atmosfere de “Il Violoncello nel Novecento”
Si chiude "col botto" al Ponchielli la stagione concertistica del 2023. Sul palco del massimo teatro cittadino un concerto dedicato a “Il Violoncello nel Novecento”.
Protagonista della serata il virtuoso Enrico Dindo accompagnato da I Solisti di Pavia, compagine da lui fondata.
In apertura, accolto da un caloroso applauso da parte dei pochi in sala l’Adagio ma non troppo da Kol Nidrei per cello e archi di Max Bruch. È poi proseguito con il vivace Concertino per cello e archi op. 43bis di Mieczysław Weinberg. La Romanza per cello e archi di Richard Strauss ha portato una ventata viennese in sala accompagnando il pubblico sognante alle armonie complesse di Messiaen con Louange a l’éternité de Jesus per cello e archi. A chiudere il programma la bellissima Serenata per archi n. 2, op. 14 di Robert Fuchs dove il solista abbandona il suo strumento per calcare il podio da direttore. Acclamato il bis, i concertisti hanno regalato al pubblico un'esecuzione ricca di trasporto della meravigliosa Serenata di Cajkovskij e dell'Andante Cantabile tratto dal Primo Quartetto op.11 dello stesso compositore di cui ricorre il 130esimo anniversario dalla morte. Ancora applausi, il solista-direttore ha ceduto al calore del pubblico: "Siccome abbiamo finito i bis di Cajkovskij vi riproponiamo lo scherzo dalla Serenata di Fuchs".
Dindo, che tra l’altro suona un violoncello Pietro Giacomo Rogeri (ex Piatti) del 1717 affidatogli dalla Fondazione Pro Canale, sbalordisce per il suo suono limpido, trascendentale. Uno strumento iconico, posseduto da Niccolò Paganini che ne incise graffiando le proprie iniziali (per poterlo riconoscere) dopo essere stato costretto a cederlo in pegno per un debito di gioco. Lo strumento poi venne usato dal violoncellista bergamasco Alfredo Piatti. Dindo più che suonare, canta. E lo fa in un modo da far spalancare le bocche. Tecnica incredibile accompagnata da una sensibilità musicale sopra le righe fanno di questo musicista uno fra i migliori in circolazione. I Solisti di Pavia hanno un suono inconfondibile, quasi teutonico nel rigore di intonazione e assieme, ma decisamente italiano per espressività e profondità.
Un’orchestra, questa, che non ha proprio nulla da invidiare alle quotatissime compagini d’oltralpe. Ciascun brano è stato presentato con estremo gusto interpretativo, perfetto a tal punto da sembrare un disco. Un vero peccato per chi si è perso questo concerto, occasione preziosa colta solo da un centinaio di persone. A Cremona si sente spesso lamentare che “non c’è mai niente”. Naturalmente, però, quando “c’è qualcosa” bisognerebbe trovare la forza di muoversi, uscire di casa e venire senza paura in uno dei luoghi più belli che abbiamo qui: il teatro. Un vero peccato. Gli straordinari musicisti che in questa serata hanno calcato il palco avrebbero proprio meritato un sold out.
foto Gianpaolo Guarneri/Studio B12
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