Fresu e Cipelli: creatività, atmosfera, mélange di generi. Da Chopin a Monteverdi, da Sting a Mina per CremonaJazz
Un pianoforte, una tromba, un flicorno, luci soffuse, inizia così l’ultimo appuntamento con il CremonaJazz all’Auditorium “G.Arvedi” di Cremona. In scena due colossi del Jazz, Roberto Cipelli e Paolo Fresu, che portano avanti un’amicizia musicale iniziata molto anni fa.
L’EQUILIBRIO DI NASH è, oltre che il titolo del loro ultimo lavoro discografico del 2020, il tema della serata.
Tutto nasce con un chiaro riferimento al Teorema presentato dal matematico John Nash, che gli è valso peraltro il premio Nobel per l’Economia nel 1994 oltre ad aver ispirato il celebre film “A Beautiful Mind” interpretato da Russel Crowe.
Ma cosa c’entra la matematica con il jazz? L’incredibile fil rouge inaspettato nasce proprio dal concetto di questa teoria, che spiegherebbe quanto due giocatori avversari per massimizzare un certo risultato dovessero entrambi agire al fine di ottenere un vantaggio comune. Il jazz è improvvisazione, creatività, e l’idea che un concetto di come si arrivi a questa forma d’arte dai confini indefiniti arrivi da una precisa teoria matematica è davvero intrigante.
Del resto è stata proprio la musica a parlare ed a farci capire quanto questi due agguerriti “giocatori” siano stati in grado di creare qualcosa di magico.
Da sempre Cipelli accarezza la tastiera con precisione, la particolarità di riuscire a sentire ciascun suono nitidamente senza accordi dinamicamente disomogenei lo rende uno dei pianisti più apprezzati nel panorama jazz. La sua espressione sorniona si tradisce facilmente quando si fa coinvolgere completamente dalla musica arrivando perfino a canticchiare la melodia del pianoforte mentre il trombettista suona la propria.
Fresu, d’altro canto, è un tutt’uno col suo strumento e riesce a gestire le melodie quasi come fossero un unico suono dilatato, opaco, seducente dal quale si generano altri suoni senza interruzioni e con quell’inconfondibile vibrato alla fine delle frasi che lo rende riconoscibile ad occhi chiusi.
Se l’acustica dell’Auditorium non ha dimostrato, nei giorni scorsi, di dare il meglio di sè con il repertorio vocale, trova invece nelle frequenze di tromba e pianoforte un legame positivo, che non attutisce i suoni ma neppure li riverbera troppo. In questa serata i musicisti hanno scelto un suono amplificato, usando peraltro effetti di riverberi iperbolicizzati da un sapiente uso del mixer, e giochi di luce colorate e soffuse, che ci hanno trasportato idealmente sino al celebre Blue Note di New York.
Abbiamo udito atmosfere intime, colori vivaci, mélange di generi musicali che sotto le abili mani dei due musicisti hanno trovato un loro senso compiuto in chiave jazz. “Speriamo che Chopin non se ne abbia a male” ironizza Cipelli in uno dei suoi numerosi interventi al microfono dopo un’esecuzione in stile di un brano del celebre compositore polacco. Un programma che ha toccato anche Sting, Monteverdi, giungendo perfino a “Pure imagination” dal film La Fabbrica di Cioccolato del ‘71, con Gene Wilder nei panni di Willy Wonka. Infine un omaggio a Mina con la struggente esecuzione di “E Se Domani” interamente in acustico ha concluso la serata ed il CremonaJazz, chiudendo idealmente un cerchio iniziato con l’omaggio alla Tigre e proseguito sino ad ora. Roberto Codazzi ha orgogliosamente definito Mina proprio una “protagonista occulta ma presente” in questo primo festival da lui firmato come direttore artistico musicale, che ha tenuto ad omaggiare l’ottantesimo compleanno della cantante pur con un anno di ritardo a causa della pandemia e della chiusura dei teatri. Del resto, sempre citando Codazzi al concerto inaugurale, “Mina non ha bisogno di un pretesto per essere celebrata”.
Il direttore artistico congeda una sala da tutto esaurito con un caldo “arrivederci”, appuntamento quindi allo Stradivari Festival che avrà luogo a settembre. Non ci resta che attendere qualche tempo, prima di poter tornare a godere di una nuova stagione che promette di darci ottimi motivi per tornare all’Auditorium del Museo del Violino.
Le fotografie sono di Danilo Codazzi
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