I nostri paesi dove sono stati smaltiti i fanghi tossici. Indagato il direttore dell'Aipo Mille e i titolari di un'azienda di Castelvisconti
Lo smaltimento dei fanghi tossici era il business interrotto dalla indagine dei Carabinieri Forestali di Brescia. Dall'indagine è emerso che sarebbero stati smaltiti in diversi comuni del territorio cremonese e del casalasco: Formigara, Castelvisconti, Pieve D’Olmi, Pieve San Giacomo, Sospiro, Martignana di Po, Torricella de Pizzo, Castelleone, Gussola, Casalmorano, Piadena, Persico Dosimo, Derovere, Scandolara Ravara. Tra le aziende coinvolte anche la cremonese Balestrieri Vittorio &C-sas di Castelvisconti: si tratta di una delle società contoterziste implicate nell’indagine bresciana.
Dall'analisi delle carte emergono particolari inquietanti. Sapevano che stavano lavorando contro le regole, ma non si sono fermati se non quando la loro azienda è stata perquisita due estati fa. E la consapevolezza di quanto stavano facendo emerge da alcune intercettazioni inquietanti.
Come quella del 31 maggio 2019. "Io ogni tanto ci penso, cioè, chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuto sui fanghi" dice Antonio Carucci. È il geologo di origine milanese addetto alle vendite della Wte srl, azienda bresciana, presieduta da Giuseppe Giustacchini, da anni nel mirino di ambientalisti e residenti e ora al centro di un'inchiesta della Procura bresciana che contesta la vendita di 150.000 tonnellate di fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi ed altre sostanze inquinanti spacciati per fertilizzanti e smaltiti su circa 3.000 ettari di terreni agricoli nelle regioni Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. Parlando con una collega che gli dice che quello che stanno facendo "è per il bene dell'azienda", Carucci risponde: "Siamo talmente aziendalisti da non avere più pudore". Sotto sequestro sono finiti gli impianti a Calcinato, Calvisano e Quinzano della Wte i cui vertici sono indagati. Quindici complessivamente i coinvolti.
Sei di loro hanno evitato l'arresto in carcere e altri due i domiciliari come avrebbe voluto la Procura bresciana che si è invece vista rigettare la richiesta da parte del gip che non ha ravvisato la necessità di applicare misure cautelari perché da agosto 2019 l'attività di traffico illecito di rifiuti della azienda bresciana di sarebbe fermata, o quantomeno rallentata, dopo una prima perquisizione dei carabinieri forestali. "Dalle tabelle emergono dati impressionanti" scrive il gip nella sua ordinanza che ha portato al sequestro degli impianti. "Nei campioni dei gessi in uscita dall'azienda e in spargimento le sostanze inquinanti (fluoruri, solfati, cloruri, nichel, rame, selenio, arsenico, idrocarburi, zinco, fenolo, metilfenolo e altri) erano decine, se non addirittura centinaia di volte superiori ai parametri di legge".
Tra gli indagati, con l'accusa di traffico di consulenze illecite, figura anche Luigi Mille, direttore generale dell'Aipo, autorità interregionale per il fiume Po, che, si legge nell'ordinanza, sfruttando relazioni esistenti o comunque asserite con altri pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio "indebitamente - scrive il gip - si faceva dare e promettere da Giuseppe Giustacchini denaro, vantaggi patrimoniali ed altre utilità quali il prezzo della propria mediazione illecita verso i suddetti pubblici ufficiali, finalizzata a favorire le attività imprenditoriali condotte da Giustacchini quale titolare della Wte srl".
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commenti
Gualtiero Nicolini
26 maggio 2021 18:30
E perché non sono in galera ?
François
26 maggio 2021 20:40
Ma come vuole impedire a questi bravi padri di famiglia di sfamare i loro cari? Per non parlare delle famiglie dei dipendenti. Caro Signor Nicolini siamo alle solite, l'Italia è un paese dove si può scegliere: morire di cancro o di fame.