Il 9 giugno Nicolino Grande Aracri davanti al Pm di Bologna. Cresce l'attesa per le dichiarazioni sulla 'Ndrangheta del Nord
Cresce l’attesa per le dichiarazioni che “Mano di gomma”, al secolo il boss Nicolino Grande Aracri, farà il 9 giugno in collegamento dal carcere romano di Regina Coeli al pm Beatrice Ronchi, della Corte di appello di Bologna, per raccontare trent’anni della guerra di ’Ndrangheta che ha insanguinato anche Cremona agli inizi degli anni Novanta. Il clan dei Grande Aracri, in Emilia Romagna, è considerato egemone e ben radicato in almeno 4 province. I suoi affiliati, come dimostrato nel processo "Aemilia", sono presenti a Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza. Ma ci sono voluti tuttavia due decenni di processi per portare definitivamente alla luce quanto l’organizzazione aveva costruito nei decenni precedenti attraverso un’oscura rete di rapporti criminali di natura associativa radicata tra il mantovano e il cremonese (processo ‘Pesci’), un collaudato sistema di faide strumentale a “far capire chi comanda” tra i clan a Brescello (processo ‘Aemilia 1992’), fino alle incestuose convergenze d’interessi con la pubblica amministrazione e, in generale, con il mondo istituzionale e politico (processo ‘Grimilde’). Armi, droga, rapine, estorsioni, usura, incendi, ricettazione e riciclaggio, bancarotta fraudolenta e false fatturazioni, gestione di settori strategici quali edilizia, movimento terra, ristorazione, smaltimento di rifiuti, lavori di ricostruzione nelle zone terremotate, scambio elettorale politico-mafioso.
L’indagine della procura di Bologna (operazione Aemilia 1992) – Direzione Distrettuale antimafia, che nel 2017 ha portato all’arresto, da parte degli agenti della Squadra Mobile di Reggio Emilia, di tre soggetti indagati per un duplice omicidio consumato nel reggiano nel 1992 in cui rimasero vittime il 33enne Nicola Vasapollo ed il 35enne Giuseppe Ruggiero, si è basata su una dettagliata analisi di decine di fascicoli relativi anche ad altri fatti di sangue, inquadrabili, sempre, nella guerra di mafia combattuta nei primi anni ’90 in Calabria e nel Nord Italia in particolare nelle province di Reggio Emilia, Cremona e Mantova. Ed è da questi documenti che è spuntato anche il duplice omicidio di Cremona, avvenuto il 6 settembre 1992 presso il bar delle Colonie Padane dove vennero freddati il 29enne Dramore Ruggiero e, a quanto pare per errore, Antonio Muto, 39 anni. Un delitto che scosse la tranquilla Cremona, catapultandola nel mezzo di un universo mafioso da cui fino ad allora ci si credeva immuni. L’attività investigativa ha permesso di riscostruire la vicenda che vide contrapposte la cosca Grande Aracri – Dragone – Ciampà ed il sodalizio Vasapollo-Ruggiero in lotta per conseguire l’egemonia delle attività illecite nelle province di Crotone e del nord Italia. Il boss Nicolino potrebbe dunque far luce su un'intera stagione criminale che a partire dalla provincia di Crotone si è poi estesa in diverse altre regioni del centro e nord Italia. Se decidesse di andare fino in fondo, potrebbe infliggere un colpo durissimo alle cosche, ma anche alla politica, spiegando quali fossero i rapporti con i politici e i giudici che, secondo gli accertamenti, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna, erano in grado di aggiustare i processi.
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