25 luglio 2024

Il canale dimenticato. Dagli archivi emerge la proposta svizzera del 1971 per il Canale navigabile via Lago Maggiore-Milano-Cremona-Adriatico e la risposta: non ci sono soldi

Il 2 ottobre del 1960 il presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, inaugurò formalmente l'inizio dei lavori del porto di Cremona. Una inaugurazione in grande stile per l'inizio di un progetto, quello del canale navigabile Cremona – Milano, che da decenni avrebbe dovuto rappresentare il fiore all'occhiello – o il pugno sul naso – della mobilità industriale e civile via acqua in Italia. Su quel canale sono cascati un po' tutti, alcuni Governi nati fin dall'Unità d'Italia, Presidenti degli Stati Uniti, cittadini; insomma, questo canale non s'ha da fare, né domani né mai, al pari di quel matrimonio di quattro secoli fa circa. Rimandato, sottovalutato e mai reso veramente operativo quel ramo di quel canale lombardo, sempre tenendo presente il periodo storico in cui si cominciava a parlare di collegare Milano con Cremona via acqua, non ha mai visto veramente la luce, come una sorta di bozzolo che non si trasforma in crisalide ma che viene presentato come una stupenda farfalla, del tutto ipotetica ovviamente. Ormai ce ne siamo fatti una ragione, come l'atleta che perde ogni gara al fotofinish il canale navigabile dal Po al capoluogo si presenta spesso ai blocchi di partenza senza mai tagliare per il primo il fantomatico traguardo, regolarmente qualcosa lo ferma. Ma quel canale era il “cugino povero” di un progetto enorme che riguardava anche e soprattutto Cremona; dagli archivi spunta infatti un corposo fascicolo, cominciato nel 1959 e finito nel 1966, dove si ipotizza uno sviluppo della mobilità per acque interne che coinvolgeva tutto il nord Europa e, per il sud, una connessione via acqua dalla Svizzera che, passando per Cremona, avrebbe potuto arrivare a Venezia. Per dare una impronta storica a questo enorme studio, che aveva raccolto per anni il lavoro di diversi ingegneri e progettisti tedeschi e svizzeri, la città di Cremona viene messa al centro della navigazione fluviale lombarda, il fascicolo si apre con la città del Torrazzo la quale, nel 1157 circa, gode, insieme a Milano, di un editto del Barbarossa che garantiva il passaggio gratuito nei canali di quella zona; insomma niente cruenti e costosi pedaggi da pagare per trasportare merci o persone nei canali tra Milano e Cremona. Per sottolineare l'importanza di questo percorso non stradale nel sud Europa si era studiato un percorso fluviale che collegasse i cantoni elvetici, partendo da Locarno e attraversando il lago Maggiore, fino all'Adriatico con tappe intermedie Cremona e Milano. Non scherziamo, questa era una idea folle e improponibile, qui siamo in Italia e le cose vanno fatte per bene, un sistema di chiuse che avrebbe garantito il trasporto delle merci dal centro della Svizzera fino a Venezia non era un progetto accettabile, meglio passare ad altro. E così fu, nel 1971 l'Italia rispose alla idea portata avanti dalla Svizzera con la frase evergreen che dai tempi del Barbarossa suona sempre bene; non ci sono soldi per questo progetto, quindi nisba, evidentemente il pedaggio gratuito offerto dal Barbarossa aveva influito negativamente sulle casse statali italiane del XX secolo. I progettisti, parcheggiati con il loro lavoro negli archivi, rimarcarono però che il Governo italiano aveva scelto di potenziare il trasporto via gomma tra Torino e Venezia passando per Milano, lasciando il Po, una naturale e potenzialmente enorme via per lo spostamento delle merci, a far bella vista per le coppiette che camminano mano nella mano lungo la riva. Una vista di certo confortante per coloro che amano i riflessi notturni delle luci sull'acqua, una vista un po' desolante se si considera la potenzialità, anche turistica, che una importante via d'acqua del sud Europa poteva offrire. Che il progetto Lago Maggiore – Cremona – Venezia venisse cassato era sicuro già da prima che i progettisti si mettessero al lavoro, per decenni non abbiamo sviluppato il passaggio merci via acqua tra Milano e Cremona figuriamoci come poteva essere accettato un progetto partendo da Locarno. Mentre in Italia, al solito, non c'erano soldi – o la volontà – per sviluppare quel tratto fluviale nel resto d'Europa, l'Elba, il Reno, il Danubio, la Mosa e altri fiumi venivano visti come vie di trasporto irrinunciabili e quasi tentacolari, in grado di collegare Marsiglia partendo da Amburgo. Un percorso di sviluppo per il trasporto che avrebbe garantito all'industria, come al turismo, una enorme possibilità a livello competitivo, tanto che, secondo i lungimiranti progettisti, lo sviluppo fluviale interessava anche i paesi dell'Est Europa, nonostante agli inizi degli anni '60 fossimo ancora in piena Guerra Fredda. Aspettando che, nel mondo della letteratura italiana, si paventi un nuovo Alessandro Manzoni con il suo matrimonio da non fare e quel ramo di canale pure da non fare ci rimane da ammirare il Po quasi come un'opera incompiuta, un'opera che avrebbe tutte le potenzialità per facilitare i trasporti nel sud Europa.

Marco Bragazzi


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