Il lupo è sceso lungo il Po, lasciamolo correre negli ultimi boschi. L'appello di Davide Persico e Nicolò Bissolati
Sono sempre stato convinto del fatto che “Cappuccetto Rosso”, una delle più celebri fiabe di tutti i tempi, non me ne vogliano i fratelli Grimm e nemmeno Charles Perrault, per quanto bella e ricca di significati, abbia purtroppo prodotto un po’ di danni. Su tutti quello della opinione, ahimè diffusissima, che vede il lupo trattato, da tanti, come una sorta di animale assassino che sbrana tutto e tutti, a partire dagli esseri più indifesi. Tanto nella pianura lombarda come in quella emiliana, negli ultimi anni, si sono moltiplicati gli avvistamenti sia di lupi che, ultimamente, anche di sciacalli dorati. Purtroppo accompagnati da una serie di visioni del tutto distorte, se non errate. Ho sentito uomini e donne affermare che non porteranno più i loro bambini, o i loro “amici a quattro zampe” a passeggiare lungo il Po, per la paura di fare tragici incontri con lupi famelici. Bisogna quindi ricordare, innanzitutto, che le fiabe sono una cosa, e la realtà un’altra. Bisogna ricordare che uno dei pericoli maggiori che quotidianamente si possono incontrare è quello di imbattersi nell’ignoranza dilagante di soggetti, spesso “tuttologi” che parlano senza sapere, senza conoscere, senza misurare la portata e la credibilità delle loro affermazioni. Soggetti che non sanno stare al loro posto.
Purtroppo anche la stampa, o parte di essa, non sempre svolge a dovere il proprio compito. Nel caso del lupo in più occasioni si è assistito alla pubblicazione di articoli fatti tanto per buttare il lupo, talvolta il “mostro”, in prima pagina. Per vendere forse qualche copia o avere qualche visualizzazione in più? Il lupo non ha bisogno di essere trattato da “mostro”. Ha bisogno, anche da parte della stampa, di essere trattato per quello che è, un abitante dei nostri territori, senza fare terrorismo o disinformazione. Facendo parlare chi, per studio o per lavoro, conosce caratteristiche e opportunità legate alla sua presenza. Si deve fare informazione attendibile, documentata e veritiera. Non quella da “mercato”. Magari andandosi a leggere, più che “Cappuccetto Rosso”, la vicenda di San Francesco d’Assisi e il lupo (e, perché no, ascoltando in sottofondo la canzone “Il Lupo di Gubbio” di Angelo Branduardi) e, di seguito, l’intervento di due esperti: il professor Davide Persico, docente all’Università degli Studi di Parma, sindaco di San Daniele Po (dove ha fondato quella straordinaria realtà storico culturale che è il Museo Paleoantropologico del Po) ed autore del libro “Il Lupo del Po” e il dottor Nicolò M.Bissolati, medico veterinario.
Eremita del Po, Paolo Panni
Di seguito l’intervento del professor Davide Persico e del Dottor Nicolò M.Bissolati.
Egregio Direttore vorremmo portare alla Sua attenzione, da naturalista universitario e medico veterinario, la nostra grave apprensione circa la propalazione del luogo di avvistamento di una coppia di lupi. Scriveremo battendo sulla tastiera la nostra sensibilità ed i timori per i fatti degli ultimi giorni. A nostro avviso riteniamo poco saggio rivelare il luogo dell’avvistamento, da Cremonesi frequentiamo il “Fiume Nostrum” e sovente lungo le fortunate spiagge repertiamo tracce di questi animali, negli stessi posti e sempre le stesse. Il lupo è un animale etologicamente indomito e schivo, come noi cremonesi. Per rispetto mai diamo al pubblico ludibrio queste informazione onde evitare spiacevoli eventi. Siamo tutti corresponsabili della sua protezione. Il lupo ora è in difficoltà e noi, insieme, lo aiuteremo seguendo quell’iter di civiltà che si conviene tra persone abituate al dialogo ed a divulgare nozioni intorno alla Natura.
Riteniamo infatti che chi vi vede una minaccia si preclude la lungimiranza che fortunatamente non mancò a S. Francesco quando trovò nel lupo un amico, servono infatti testa e cuore grandi per considerare l’eleganza e la maestà del lupo; forse è un animale troppo nobile per essere nella comprensione di tutti? Vorremmo quindi non commentare la preoccupazione di certuni in merito a razzie di pollai od altri “alloggi” di animali domestici e di bassa corte, come riportato nel post di qualche giorno fa sulla pagina Facebook di questo giornale, poiché queste affermazioni offendono intimamente l’intelligenza di chi le legge: nugae.
In natura il lupo preda abitualmente per nutrirsi ma se visto, va sui giornali dove sbrana, sventra, uccide per il gusto di farlo lasciando scie di sangue ingiustificate per indole diffusa di assassino.
Perché questo contrasto di vedute?
La realtà dei fatti invece volge verso tutt’altra direzione. È chiaramente in corso una campagna non informativa che noi sospettiamo venialmente dolosa. Si sta barattando l’idea del lupo per fare notizia, non divulgazione.
La diffusione del lupo dalla montagna fino alla Pianura è avvenuta e sta avvenendo a seguito delle numerose prede che hanno abbandonato l’habitat originario, probabilmente sovrappopolato, fino a colonizzare le golene dei fiumi, del Po in particolare e poi anche i territori circostanti e profondamente antropizzati.
C’è da chiedersi il perché queste prede siano così vistosamente aumentate nel corso degli ultimi 15 o 20 anni. La risposta la si può facilmente trovare nel DNA di queste specie. In particolare i caprioli e cinghiali odierni, risultano essere varietà alloctone, introdotte ai fini venatori, quando le varietà autoctone sono state decimate. Su questa azione hanno ulteriormente gravato pratiche gestionali autorizzate e spesso anche clandestine, mirate al foraggiamento di queste specie al fine di incrementarne il numero rendendole abbondanti e facili prede di caccia. La conseguenza di questo esubero del tutto antropico di prede è stata, come la normale legge di equilibrio preda-predatore può facilmente spiegare, un incremento dei predatori ed un loro spostamento al seguito delle prede.
Un ulteriore tassello che va ad aggiungersi accentuando la situazione in corso è anche quello della sovrabbondanza di prede facili, sempre introdotte dall’uomo per errore, per economia e per caccia in Pianura, con particolare riferimento alla nutria (Myocastor coypus), al silvilago orientale o minilepre (Sylvilagus floridanus), e alla selvaggina venatoria (lepre, fagiano, pernice), che garantiscono al predatore, da poco sopraggiunto, un’imponente riserva alimentare a basso costo energetico, cioè facilissima da catturare.
Studi in corso sui lupi in golena del Po e in aree limitrofe, stanno ampiamente dimostrando quanto la caccia assidua di questi predatori possa essere molto utile al nostro compromesso territorio ed al suo equilibrio ecologico, raccogliendo dati chiari di preferenza alimentare del lupo sulla fauna selvatica, caratterizzati soprattutto dalle piccole prede sopra elencate. L’azione di predazione è a tal punto focalizzata sulle numerose nutrie e minilepri da distogliere l’attenzione del predatore dalle sue classiche prede: il cinghiale e il capriolo.
Durante le fienagioni nutrie e minilepri possono finire nelle balle di fieno dove si può sviluppare Clostridium botulinum che tramite le sue tossine causa mortali tossinfezioni alimentari per le nostre mandrie; i bovini muoiono nel giro di poche ore dall’assunzione dell’alimento contaminato, tutti. A cadenza annuale una mandria scompare. Non è trascurabile nemmeno l’entità dei danni arrecati ai canali irrigui che i cremonesi del passato hanno strappato alle paludi e così anche le ferite ai virgulti delle nostre semine. Difendere il Lupo è difendere il nostro territorio, chi è contro il lupo desidera forse il ritorno ad un luogo ostile per l’uomo come furono le paludi del passato? Papa Francesco nell’Enciclica Laudato sii promuove e sostiene l’equilibrio del Creato dichiarandoci suoi custodi. Perciò la nostra mente si rifiuta di pensare legittimo prendersela con un animale solo perché da poco è ritornato ad abitare il sacro alveo del Po.
È ormai assodato il fatto che la specie risulta estremamente elusiva e cerca di evitare il contatto, anche visivo con l’uomo. La conseguenza dell’attività agricola diffusa su tutta la pianura, ma anche delle scellerate pratiche di eliminazione delle rive, dei boschi e di aree rifugio incolte, determina che quest’ultimo aspetto caratteriale e comportamentale sia compromesso. Un esemplare di lupo, infatti, per potersi spostare da un’area sicura ad un’altra, è costretto a venire allo scoperto nei campi coltivi che, specialmente in inverno risultano piatti e spogli garantendo totale visibilità. Da qui i numerosi avvistamenti, troppo spesso documentati con fotocamere e amplificati sui social network.
Il risultato di tutte queste considerazioni ricade sul rischio di incolumità di un predatore che ha iniziato a svolgere un ruolo chiave di riequilibrio ecosistemico di cui ci si ostina a non tener conto.
Atti di bracconaggio ormai comuni a carico delle prede stanno vedendo un’inversione di tendenza mirata a ridurre la competizione tra predatori (naturali e cacciatori) con la conseguenza che, l’eliminazione dei secondi, già con la caccia autorizzata alla volpe si vedono gli effetti del surplus di silvilago, si arriverà ad una situazione di esasperazione per l’agricoltura e per la sicurezza stradale.
Sono dinamiche che sottendono a curve matematiche, non stiamo interpretando nulla.
Con tristezza assistiamo ad un fenomeno mediatico indecoroso ed irrispettoso del pudore del lupo mentre cala per la Pianura come una mano entra in un guanto per scaldarsi durante queste fredde giornate di dicembre. Quando chiamammo allarmati la Sua redazione ci appellammo al comune senso civico dichiarando questa modalità d’azione pericolosa. Come effetto infatti gli ultimi avvistamenti vedono un solo lupo. Dove è finito l’altro? Vede come tutti i nostri colleghi abbiamo studiato le lesioni che possono essere causate da violenza fisica o peggio ancora dagli avvelenamenti o, tremende, le molte sofisticate tecniche di uccisione di animali ritenuti nocivi. I lupi non conoscono la cattiveria dell’uomo e temiamo che la solitudine del superstite derivi dalla dipartita dell’altro. Onde evitare di apparire commoventi interlocutori precisiamo di contemplare anche politiche di contenimento che seguano però i canali della legge e delle normative vigenti scevre quindi dalle superstizioni di presunti sceriffi del Far West che puntano a farsi giustizia da soli.
Corra per le sconfinate campagne e gli ultimi boschi, laddove sono cresciuti i nostri padri ed i nostri nonni, la sensazione che esistono ancora uomini con un alto senso della giustizia che spendono i loro talenti a difesa del lupo.
Davide Persico
Nicolò M. Bissolati
(la foto è dal sito della Regione Emilia Romagna)
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commenti
Annamaria Menta
11 dicembre 2021 10:57
Parole condivisibili dalla prima all'ultima!
Siamo ancora nel bel mezzo di secoli bui come nemmeno nel Medioevo (che poi tanto buio non era...), solo per compiacere qualche idiota che senza sapere niente di niente si mette a "gridare" "al lupo!" a favore di social.
La "brutta bestia" è l'ignoranza, non il lupo.
Enrico Forzoni
12 aprile 2022 09:37
Condivido pienamente!