6 aprile 2021

In vendita a 240 mila euro ciò che resta dell'antica chiesa di S. Marco unico ricordo del monastero cistercense della Colomba

E’ in vendita a 240 mila euro ciò che resta dell’antica chiesa di San Marco, ubicata nel vicolo omonimo, all’angolo con via Della Colomba, a pochi passi della chiesa di San Pietro. Oggi è un vecchio stabile malridotto a due piani che solo nelle cantine, sotto il marciapiede, conserva tracce dell’antica volta dalla chiesa, sorta prima del 1130 e unita al convento delle monache cistercensi del monastero della Colomba. Secondo il Grandi nel 1518 Giovanni Francesco Mariani avrebbe trasformato il monastero in un ricovero per ragazze povere che avevano l’obbligo di recarsi ogni giorno al tramonto nella piccola chiesa per recitarvi il Rosario. La chiesetta di San Marco sarebbe stata soppressa nel 1788. E’ stata acquistata qualche anno fa dalla parrocchia San Pietro per farne il centro di attività legate alla parrocchia stessa, poi nuovamente rivenduta fino ad oggi.

D’altronde non ha avuto vita facile nemmeno l’adiacente monastero della Colomba, da cui provengono alcune tavolette lignee da soffitto di ambito bembesco conservate al museo Berenziano. Il primo che lo cita è Ludovico Cavitelli, anche se già nella mappa di Antonio Campi del 1583 la sua area è occupata da abitazioni private. Pellegrino Merula nel 1627 accenna al monastero legato alla chiesetta di San Marco: “Fu qui edificato un piccolo convento che dipoi nell’anno 1515, e prima ancora, serviva ad abitare a certe monache sotto la protezione del vescovo della città Girolamo Trevisano, e vogliono alcuni, fossero le canonesse sotto la cura dei canonici lateranensi qui vicini. Ma si può aggiungere con molta più ragione che fossero più tosto monache pipiensi, le quali avendo longo letiggio con quelle di S. Monica, e recusando di unirsi con esse loro, qui fecero per qualche tempo residenza ma furono poi costrette con breve apostolico ad alloggiarsi con quelle di S. Monica. Et in segno di ciò, vi è di presente il luogo detto ‘La colomba’, ora di ragione delle monache agostiniane”.

Il monastero sarebbe stato fondato nel corso del XIII secolo per ricordare il miracolo delle due colombe che il 2 maggio 1213, giorno di Pentecoste avrebbero spiccato il volo dall’arca contenente le reliquie dei santi Pietro e Marcellino annunciando la vittoria cremonese delle Bodesine contro i milanesi. Del nostro monastero se ne occupa anche il Manini che riporta: “Lo ottennero anche i monaci benedettini, ad essi succedettero i monaci della congregazione di Monte Oliveto; ma questi lo lasciarono parimenti perché conseguirono il monastero di San Lorenzo nel 1546. A tal epoca vivevano in picciol chiostro, chiamato della Colomba, certe vergini cistercensi, le quali, essendo state intimorite da alcuni tentativi d’impudenti e malvagi giovani, ebbero a rifugiarsi nella casa de’ loro parenti. In esse rimasero per ben tre anni congregandosi nella cassati Giuseppe Picenardi: successivamente ottennero, mediante un annuo breve tributo, dagli olivetani predetti il convento di S. Marco”.

Fabrizio Loffi


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commenti


Gual

6 aprile 2021 17:15

Ridotto in condizioni bruttissime ma Cremona ancora una volta pare voler rinunciare ai suoi "ricordi " e alla sua storia. Ripenso ancora alla casa dell'ortolano, a come sono state cancellate una pagina di storia e la possibilità di ricordare il convento di Fra Cristoforo dei Promessi Sposi

Enzo Rangognini

7 aprile 2021 14:47

Al più che opportuno campanello d'allarme attivato da Loffi, e augurando che la Soprintendenza sia oggi tempestiva e perentoria come per l'area ex-Snum, vorrei aggiungere che dallo stesso contesto, precisamente dall'ex-Monastero della Colomba, proviene il soffitto dipinto oggi al Victoria and Albert Museum di Londra, da Mina Gregori nel 1985 posto in relazione con Alessandro Pampurino (I Campi. Cultura artistica cremonese del Cinquecento, Electa ed., p.43-44).

Michele de Crecchio

8 aprile 2021 13:02

Anche l'esterno di questa "casuccia" è di particolarissimo valore sia storico che ambientale. Il portoncino è uno dei pochi, ancora conservatisi, della tipologia "ad arco strombato". Il canale di gronda è retto dai "passafuori" in legno e non è nascosto dalla cornice in pietra come imposto dalle severe norme del primo ottocento. L'intonaco di facciata conserva ancora, incisa, la losanga che indicava il numero del reparto della Guardia Nazionale alla quale erano iscritti gli abitanti del quartiere!