10 febbraio 2021

L'11 febbraio la Giornata del malato all'ospedale di Cremona

Ogni anno l’11 di febbraio, nella memoria liturgica della Madonna di Lourdes, si celebra la Giornata mondiale del malato. Una ricorrenza che, quest’anno, si colloca in un contesto segnato dal covid-19 e segna l’urgenza a farsi carico delle molteplici sofferenze – fisiche, psicologiche ed esistenziali – che la pandemia ha generato. “Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli (Mt 23,8). La relazione di fiducia alla base della cura dei malati” è il tema scelto dal Papa per la Giornata di quest’anno, nella sua 29esima edizione.

Ogni anno a livello diocesano la Giornata si celebra in un luogo di particolare significato. Così nel pomeriggio di giovedì 11 febbraio il vescovo Antonio Napolioni sarà in visita all’Ospedale di Cremona dove alle 16 presiederà l’Eucaristia. La celebrazione, che avrà luogo nella cappella interna, sarà trasmessa in diretta televisiva su Cremona1 (canale 80) e attraverso i canali web della Diocesi di Cremona (il sito www.diocesidicremona.it e i canali social). La Messa sarà preceduta alle 15.30 dalla preghiera del Rosario animata dai volontari dell’Unitalsi. In occasione della visita in Ospedale il Vescovo, accompagnato dall’assistente spirituale don Marco Genzini, porterà in modo simbolico un saluto informale agli operatori e ai ricoverati di alcuni reparti. Di seguito l’intervento del direttore generale dell’ASST di Cremona, dott. Giuseppe Rossi.

«La celebrazione della XXIX Giornata Mondiale del Malato, che ricorre l’11 febbraio, quest’anno assume un valore ancor più peculiare a causa della pandemia da Covid-19 che ha travolto il mondo intero. Per questo, la presenza in Ospedale del Vescovo di Cremona è per noi operatori e per i malati un dono e un conforto. La Giornata Mondiale del Malato è un invito a riflettere sul significato più profondo e nascosto del lavoro di cura che non può fondarsi sulla sola tecnica: il corpo non è un insieme di organi da riparare, ma un essere intensamente sensibile. Curare in modo responsabile significa dare ascolto alla voce della persona malata, riconoscere la sua storia, fatta di una soggettività che deve necessariamente trovare spazio dentro l’oggettività della clinica. Mai come in questi ultimi dodici mesi – segnati da grande fatica, sofferenza e incertezza – abbiamo compreso che il tempo della malattia cambia radicalmente il nostro modo di essere e di esserci. È solo attraverso questa esperienza comune che, nella pratica quotidiana, sarà possibile costruire una relazione di cura sempre più rispettosa dell’essere umano e della sua unicità. Con questo auspicio, desidero ringraziare tutti gli operatori sanitari per l’instancabile dedizione; don Marco Genzini, don Maurizio Lucini, don Riccardo Vespertini e don Alfredo Assandri perché la loro presenza nelle strutture ospedaliere è un sostegno irrinunciabile e parte integrante dell’assistenza alla persona nella sua dimensione più intima e spirituale».




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