La Selva Morale e Spirituale in Auditorium, splendido concerto per armonie che profumano di antichi splendori
“Lo scopo principale della musica ecclesiastica, essendo di eccitare nell'anima degli ascoltanti affetti di devozione, di ossequio e di venerazione verso l'infinita maestà di Dio, tutti i più celebri maestri hanno procurato nelle loro composizioni da chiesa d'usare uno stile tutto proporzionato a conseguire un tal fine...” così commentava Claudio Monteverdi a proposito della prassi compositiva e del corretto modo di “servire” il testo scritto, valorizzandolo.
Proprio questo è ciò che abbiamo udito nell’appuntamento del Monteverdi Festival dedicato a SELVA MORALE E SPIRITUALE.
Sul palco circolare dell’Auditorium “G.Arvedi” di Cremona l’ensemble vocale e strumentale barocco MODO ANTIQUO guidato da Federico Maria Sardelli.
Come sappiamo, Selva Morale e Spirituale è una collezione, una raccolta di composizioni sacre frutto del talento del nostro illustre concittadino, dedicata nel 1641 ad Eleonora Gonzaga.
Da quest’opera abbiamo udito soltanto alcuni brani, alternati a composizioni di Dario Castello e di Giovanni Paolo Cima, contemporanei di Monteverdi.
L’evento trova nell’Auditorium del Museo del Violino un luogo interessante nel quale ascoltare questo repertorio, con la difficoltà per gli esecutori, però, di avere un’acustica inusuale, completamente priva del riverbero tipico delle chiese che normalmente accompagna queste esecuzioni. Vero è che per i brani “corali” la scelta è comunque di adottare un organico vocale ridotto alle cosiddette “parti reali”, ovvero un solo elemento per ciascuna delle quattro voci che compongono il coro usualmente: soprano, contralto, tenore, basso.
La conformazione del palco ha certamente dato quel tocco di magia in più, facendo rivivere a Cremona armonie che profumano di antichi splendori.
Celebre il Confitebor II d’apertura, brano monteverdiano vigoroso e solenne seguito da Iste Confessor.
Sardelli abbandona la direzione per eseguire con il flauto la bellissima Sonata di Dario Castello, definita “a soprano solo”, ovvero da eseguirsi con strumento solista, che interpreta con piglio vivace e suono “piccante”.
Tornati a Monteverdi per un nuovo momento corale abbiamo apprezzato il Laudate Pueri, eseguito con sfarzo contenuto, suono misurato. Molto bene la prova delle voci femminili, qualche sbavatura nell’ intonazione del tenore sulle note acute e su alcune agilità nelle fioriture, ottimo il basso.
Di Castello sono le successive quattro composizioni, che ci hanno accompagnato ad una sonata solo strumentale di Giovanni Paolo Cima, e per terminare nuovamente con il Beatus Vir I di Monteverdi, eseguito dall’intero organico.
Prova magistrale quella del basso Gabriele Lombardi, che esegue un Ab Aeterno da manuale con estremo gusto e controllo della voce in un brano colmo di salti di registro repentini, da lui affrontati sempre puntualmente.
Degna di menzione anche la grande espressività nel Pianto della Madonna di Castello per il soprano Silvia Frigato, che riesce a rendere con grande enfasi gli affetti della partitura usando suoni tesi e dosando con maestria i piani sonori.
Tecnica spiccata per il cornettista Doron Sherwin, brillante esecutore ed eccellente orchestrale. Ciascuno dei musicisti era di assoluto livello, emerso sia nei brevi passaggi solistici all’interno dei brani che nell’assieme sempre compatto e senza sbavature.
Un concerto di assoluto livello, meritatamente applaudito, che ci fa ben sperare sulla qualità dei prossimi appuntamenti del Monteverdi Festival.
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