23 febbraio 2024

Lunedì al San Paolo Caffè raccontando Walter Bonatti e il suo K2. Quella voglia di avventura nata sul Po tra Cremona e Monticelli nella storia del grande scalatore

Lunedì 26 febbraio, seconda puntata della rassegna in 4 monografie dell'attore cremonese Massimiliano Pegorini sul "palco" del San Paolo Caffè: sarà il turno dell'incredibile vita di Walter Bonatti, soffermandosi in particolar modo sul "caso K2" che, 54 anni dopo i fatti, vedrà assolto a pieno titolo l'alpinista bergamasco.

Con una narrazione avvincente ammantata di thriller per il susseguirsi degli eventi, e con il pathos che Pegorini riesce a creare attorno ad un argomento reso comprensibile al grande pubblico, conosceremo meglio le regole della montagna; l'ego di qualcuno dei più grandi rocciatori di tutti i tempi; le ambiguità di Ardito Desio (capo spedizione di quel gruppo di fuoriclasse dell'alta quota); la versione rivelatasi falsa di Achille Compagnoni, che con Lino Lacedelli mise per primo piede sulla leggendaria montagna al confine tra Pakistan e Cina, 8611 metri di storia e tragedie.
Pegorini ci porterà in una dimensione rarefatta e ci inchioderà per un'ora e mezza su vicende di 70 anni fa, ma sempre attuali. La ricostruzione storica e giudiziaria è semplicemente perfetta, la figura di Bonatti (uno dei più grandi alpinisti di sempre, il primo a salire sul Gasherbrum, il primo in solitaria a violare l'Aiguilles du Dru; e  giornalista, esploratore e mille cose ancora) giganteggia tra i giganti di una scuola alpinistica, quella italiana, capace di restare all'avanguardia di un paese che, dieci anni dopo la fine della guerra, aveva bisogno di eroi che sfidassero i giganti del Karakorum e dell'Himalaya. E che potessero dominare il mondo visto dall'alto.
Appuntamento dalle 19.30 al San Paolo Caffè, quindi. Ancora pochissimi posti a sedere, ma la grande Storia raccontata da Massimiliano Pegorini merita di essere ascoltata anche in piedi.

Walter Bonatti, lo scalatore ed esploratore è morto nel settembre del 2011 a 81 anni. Nel 2021 la Rai gli dedicò una fiction televisiva. Ma la storia di questo mito dell'alpinismo e dell'esplorazione è fortemente intrecciata con il Po e con la terra tra le due sponde piacentina e cremonese. E' nato a Bergamo quasi per caso perchè il padre aveva un tiro a segno itinerante e girava tutto il nord Italia pur essendo residente a San Pietro in Cerro. Walter nel paese del piacentino frazione di Monticelli d'Ongina ha vissuto l'infanzia a casa degli zii frequentando lì la scuola e ricevendo i sacramenti. 

Walter Bonatti amava Cremona e il Po. Nei suoi incontri pubblici ricordava come lo spirito di avventura e la voglia di scoprire il mondo gli era venuta proprio qui, sul grande fiume, quando ospite di una zia andava sul Po ed approdava alle boschine dell’altra sponda alla scoperta di spazi sognati sui libri di Salgari. Questa esperienza l’ha raccontata dal vivo qualche anno fa anche in un incontro al Cittanova e in una intervista rilasciata a “Mondo Padano” all’inizio degli anni Ottanta. Lungo il Po, sull'Isola dei Sabbioni, sognando Sandokan, Yanez e i tigrotti di Mompracem. Ricordava spesso anche quel suo passaggio sul fiume Po da bambino, quando il ponte tra Cremona e Castelvetro era stato bombardato e lui lo aveva attraversato tra materiali bellici abbandonati e cadaveri insepolti.  

Ecco come Bonatti raccontava la sua esperienza sul fiume Po tra Cremona e Monticelli nel libro "In terre lontane" edito da Baldini e Castoldi.

"Posso dire di aver passato gran parte della mia vita a contatto con le più genuine e forti manifestazioni della natura. Nel clima dell’azione, affrontata il più delle volte in solitudine, sempre comunque restando fuori dalla caotica e ottenebrante quotidianità del sociale, ho sentito spesso il bisogno di interrogarmi, di meditare su varie cose. Prima di tutto sull’estremo bisogno che l’uomo ha di ritornare alla propria dimensione di essere umano, essendone uscito in qualche misura, e sulla necessità che tutti abbiamo di assumere un rispettoso, giusto atteggiamento di fronte alla grandezza e unicità della natura. Questo vorrei riuscire a comunicare attraverso il racconto delle mie esperienze. Quando si è molto giovani capita di non sapere bene chi si è e che cosa si vuole dalla vita. Indubbiamente però noi tutti disponiamo di un misterioso filo conduttore che prima o poi finirà per farci scegliere ciò che per indole è già latente in noi, e servirà a costruire la nostra personalità. Ero ragazzo e dalla Pianura Padana dove per qualche anno ho vissuto, guardavo la linea azzurrina dei monti lontani sull’orizzonte. E sognavo. Per me quelle cime rappresentavano l’«insormontabile», e tuttavia erano di modesta altezza. Amavo molto starmene per ore intere a fantasticare sulle rive del Po. Là c’erano distese di sabbia e la grande corrente. Nella mia testa ne facevo dei deserti e degli oceani. Quando si è piccoli queste cose sembrano talmente vaste. Abitavo dunque sulla riva emiliana del fiume, e ricordo che per gioco andavo a nuoto con i miei amici sull’altra sponda, quella lombarda, attraverso le difficoltà della grande corrente. Per noi era l’avventura. Seduto su quelle rive sabbiose viaggiavo con il pensiero a cavallo di un pezzo di legno portato dal fiume. Arrivavo così ai mari, all’Est e all’Ovest, e fino agli oceani. Sì, su quelle sabbie sono cresciuto, sognando. Il Po era il mio mare, le sue boscaglie le grandi foreste, e le secche i miei vasti deserti"

 


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