16 gennaio 2023

Nel gennaio di trent'anni fa la scoperta delle anfore di via Massarotti, uno scavo che rivoluzionò le conoscenze sull'esistenza del porto nella città romana

Era gennaio come oggi, trent’anni fa, quando dagli scavi di via Massarotti nell’area dell’ex biscottificio Baresi per realizzare l’autosilo, emerse il più grande deposito di anfore romane della nostra storia antica ed uno dei più grandi dell’Italia settentrionale. La scoperta fu del tutto casuale ed inaspettata: ad una profondità di circa 5 metri venne rinvenuto un banco di centinaia di anfore su un’estensione di 21 metri di lunghezza per 6 di larghezza in un terreno ubicato in prossimità dell’antico corso del fiume Po, precisamente ad ovest della cinta muraria. Il deposito era cronologicamente collocabile entro la prima metà del I sec. a.C., ma con anfore databili anche alla metà del I secolo d.C, compatibili con le opere di ricostruzione urbana promossa da Vespasiano dopo la distruzione ottoniana del 69. Le anfore erano state disposte in modo disordinato, la maggioranza aveva la parte inferiore rivolta verso l’alto, con la parte superiore lievemente inclinata in una fossa tagliata nello strato sterile al fine di favorire il deflusso delle acque, le restanti erano in posizione verticale ed orizzontale. Sulla maggiorparte della superficie le anfore erano state disposte in doppio ordine con sopra uno strato di riporto ricco di materiale sia ceramico che edile, con frammenti di ceramica a vernice nera, a pareti sottili, laterizi ed intonaco. Lo scavo fu condotto dai tecnici della Soprintendenza archeologica della Lombardia sotto la direzione di Lynn Passi Pitcher. I resti vegetali presenti in molti dei recipienti, furono studiati dal Laboratorio di Paleobotanica del Museo Civico P. Giovio di Como. Una serie di sesquipedali, posti di piatto, erano stati rinvenuti sopra il livellamento eseguito con terra di riporto, probabilmente traccia di un antico sentiero che portava verso il Po. L’uso di bonificare un terreno con anfore vuote, un materiale facilmente reperibile ed a basso costo, era un sistema adottato in molte zone della Pianura Padana per risolvere il problema dell’umidità del suolo.  Pertanto in questa zona è stata ipotizzata anche l’esistenza del porto cittadino della fase imperiale, non escludendo quindi che l’uso di questa tecnica fosse proprio dovuto all’estrema vicinanza del fiume Po ed alle sue esondazioni. Uno scavo che, come altri degli stessi anni,rivoluzionò la topografia della città romana fino ad allora conosciuta.

Foto di Giuseppe Muchetti

 

Fabrizio Loffi


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commenti


Ivano

17 gennaio 2023 08:30

Mi permetto di integrare dicendo che la scoperta non era inedita in quanto pochi anni prima lo stesso tipo di anfore fu rinvenuto nel cantiere della vicina via Amidani durante lo scavo per realizzare box interrati e la stessa stessa Lynn Passi Pitcher condusse la direzione per lo studio ed il recupero delle anfore stesse