Ottant'anni fa il martirio in Cina di padre Mario Zanardi e monsignor Antonio Barosi. Sul luogo dell'uccisione una chiesa e i loro resti nelle urne
Domenica 19 novembre ricorrono gli 80 anni del Martirio in Cina di padre Mario Zanardi, soncinese, e dei confratelli del Pime monsignor Antonio Barosi, di Solarolo Rainerio, padre Gerolamo Lazzaroni e padre Bruno Zanella. Per i due missionari cremonesi è aperta da tempo la causa di beatificazione.
All’alba di quell’infausto 19 novembre una ventina di uomini armati erano improvvisamente entrati nel villaggio di Dingcun nel primo pomeriggio. Bloccando i crocicchi delle strade, avevano dichiarato lo stato d’assedio e si era-no diretti decisamente verso la residenza dei missionari. Alle 13, quando i missionari, finita la colazione, stavano in conversazione aspettando l’ora di partire per Tsoei-T’ang, quei militari entrarono in residenza e, dopo averne allontanato il personale e fatto chiudere e piantonato il portone, il capo si fece annunziare con un biglietto da visita dal portinaio della residenza. Al padre Zanella che lo accoglie in saletta, dice: ‘Siamo venuti per una visita...’ ma subito due manigoldi lo immobilizzano e ad un suo grido gli avvolgono la testa nel tappeto del tavolo. Un altro si affaccia al refettorio e chiede di padre Lazzaroni. Questi si presenta ed è condotto in sagrestia, dove gli legano mani e piedi, proibendogli di parlare. Allora il capo, col suo seguito, si presenta a monsignor Barosi che lo invita sedere, dicendo: ‘Siamo missionari cattolici che predicano la religione del vero Dio...’ Senza ascoltare, il capo lo perquisisce, e trovata la carta d’identità rilasciata dai giapponesi, dichiara: ‘Non mi occorre altro! Que- sto mi basta! Voi siete spie dei giapponesi!’ Invano monsignor Barosi fa osservare che, per viaggiare da Kaifeng a Luyi, territorio controllato dai nipponici, aveva bisogno di quel documento...Spiega che se si è spinto fino a lì era solo per la sua missione di bene. L’altro risponde con uno schiaffo e, ad un suo cenno, vengono legati a lui e a padre Zanardi le mani dietro la schiena. Quando li fanno sdraiare per terra per legare loro i piedi, il domestico cerca di intervenire, dicendo che forse c’è un grave malinteso da chiarire. Legano anche a lui mani e piedi, intimanogli assoluto silenzio. In quel momento, intuendo l’orribile realtà, il padre Zanardi si volge verso Barosi, forse per chiedere l’assoluzione. Viene percosso e ad ambedue infar- ciscono la bocca di carta. Portati di peso in chiesa, vengono buttati sul pavimento, dove rimangono per circa un’ora, mentre i militari vanno rovistando in tutta la casa.
Ad un certo punto, il cuoco, che è nascosto in cucina dietro la legna, vede che vi portano il padre Zanella, e gli chiedono dove tenga i soldi e le armi. Egli si mette a gridare, chiamando P. Zanardi e monsignor Barosi. Immediatamente, gli chiudono il naso con due dita e, avendolo costretto ad aprire la bocca per respirare, gli versano petrolio e acqua bollente, così che il poveretto cade privo di sensi. Tornati in chiesa, slegano e mandano in portineria il servo; anche le catechiste, che nel frattempo erano arrivate dalla porta laterale, vengono rinchiuse in portineria e pian-onate. E’ a questo punto che, con orribile efferatezza, consumano il delitto: con le gambiere militari i quattro missionari vengono strangolati e buttati nel pozzo del cortile. E la residenza viene svaligiata.
Solo verso sera il capo della masnada fa una dichiarazione al sindaco di Dingcun: dice di aver avuto ordine di condurre via quegli italiani, amici del nemico, cioè dei giapponesi. Dopo scese le tenebre, carichi di bottino, i manigoldi si fanno accompagnare fuori della porta del sud; quanto agli stranieri, dicono, essi sono stati condotti via per la porta del nord. Ma i domestici dei padri e di monsignor Barosi hanno visto anche troppo per non dubitare del peggio. Osservando che l’acqua del pozzo è salita di molto, sondano con pertiche sul fondo, e sentono con raccapriccio la presenza dei cadaveri. Comincia la ma- cabra e difficile impresa: dopo lunghe manovre, con pertiche munite di uncino, si estrae la salma di padre Zanella; segue quella di padre Zanardi. Impresa impossibile estrarre le altre due salme. Dopo molto tempo e con grande fatica anche quella di monsignor Barosi è fuori. E’ mezzanotte, e continua a piovere. All’alba viene estratta a che la salma di padre Lazzaroni.
Verso la fine degli anni ’90 del secolo scorso, i cattolici di Zhoukou ricostruirono la chiesa, dedicata a San Giuseppe, nel cortile della vecchia residenza missionaria, collocando l’altare maggiore proprio sopra il pozzo dove i resti dei quattro martiri erano stati segretamente seppelliti. Proprio come ai primi tempi della Chiesa in Roma, quando si costruiva l’altare sulle reliquie dei martiri. Una decina d’anni fa i resti furono recuperati dal pozzo e, raccolti in urne, furono collocati in una apposita cappella a fianco della chiesa restaurata, sempre a Zhoukou. I cristiani cinesi preservarono la memoria dei loro missionari martiri.
Non si sa nulla della lunga e complessa ricerca che in Vaticano si sta effettuando per la beatificazione dei due missionari cremonesi partita ormai da diversi anni e che sembrava vicino al traguardo. Il disgelo dei rapporti tra Vaticano e Cina ha permesso di poter ottenere alcuni documenti storici
Nella foto i due missionari cremonesi e il lavoro a Zhoukou. Poi le urne con i resti dei missionari del Pime nella chiesa di Zhoukou
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