Partecipata la veglia ecumenica in cui si sono riunite le diverse confessioni cristiane presenti sul territorio cremonese
Partecipazione, condivisione, unità. La veglia di preghiera ecumenica, che si è tenuta la sera di lunedì 23 gennaio a Cremona nella chiesa della Beata Vergine di Caravaggio, è stata caratterizzata da un clima di intensa spiritualità, di apertura e di consapevolezza in merito alla bellezza e all’urgenza di quanto la comune fede nella Trinità chiede di rendere attuale e credibile.
La veglia, che si inserisce organicamente nella Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si celebra dal 18 al 25 gennaio, ha visto la partecipazione di monsignor Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, del pastore Nicola Tedoldi, della Chiesa Metodista di Parma–Mezzani, dei pastori Franco Evangelisti e Nicolò D’Elia, delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno di Cremona, Mantova e Parma, e di padre Doru Fuciu, della Chiesa Ortodossa Romena di Cremona.
Dopo la solenne processione iniziale e la presentazione del tema della Settimana “Imparate a fare il bene; imparate la giustizia”, tratto dal Libro del profeta Isaia, hanno preso la parola i celebranti, che hanno commentato e ripercorso la bellezza e la verità “profetica” di un testo che a pieno titolo si inserisce nelle dinamiche, nelle urgenze e nelle prospettive degli uomini e delle donne di oggi.
«Le vostre offerte sono vuote, dice il profeta – ha esordito il vescovo Antonio Napolioni –; che cosa offriamo? Il superfluo, l’inutile…? E lo facciamo per paura, magari considerando Dio un mercante?». E ancora: «Di cosa profuma la nostra vita? Di ciò che è semplice, essenziale, che nasce davvero dal cuore? E come viviamo il tempo, il lavoro, il riposo? Come preghiamo e come pregano i malati, i soldati, le famiglie…?». Ecco dunque la necessità di una autentica umiltà che ci apra alla conversione, per arrivare davvero a “pregare come Gesù, che prega incessantemente perché siamo uno».
Da questa riflessione ha preso le mosse l’intervento di padre Fuciu, che ha sottolineato come il nostro tempo sia troppo spesso caratterizzato da superficialità, impazienza, conflittualità. Ecco allora le parole di Gesù, che ci sollecitano a «imparare a fare il bene». È necessaria dunque una metamorfosi, nell’ottica del dettato evangelico, espresso da Maria alle nozze di Cana, del «fate quello che vi dirà», per potere diventare, appunto, «bianchi come la neve e puri come la lana».
Ha preso poi la parola il pastore Tedoldi, che ha richiamato come i verbi “imparate” e “cercate” rappresentino azioni dinamiche, da riempire di significato e di tempo. Perché «fare il bene è ritornare alla scuola di Dio, che mi chiede di amare il mio prossimo come me stesso, perché pensiamo al plurale, affinché il bisogno dell’altro doventi il mio». Oltretutto – ha sottolineato – il verbo “cercare” in ebraico significa anche “praticare”: un «praticare la giustizia che è ben lungi dall’abusare del proprio potere, ma che sia segnato dall’equità, cosicché siamo equi nei giudizi, senza pregiudizi».
Il pastore D’Elia ha a sua volta incentrato la riflessione su una adorazione che da formale deve diventare sostanziale, concludendosi con una speranza unica e peculiare nel Dio della Bibbia. Rendendosi conto – ha richiamato – che si può sempre risalire, anche quando si toccano gli abissi del fondo. Allora “smettete di fare il male” significa anche ricominciare in una dinamica di bene possibile, reale ed efficace, perché la Parola dice che «anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve, se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana», nella speranza e nella certezza di potere guardare avanti con forza.
Il pastore Evangelisti ha quindi offerto un ricco inquadramento storico e teologico del brano del profeta Isaia, che descive «una situazione come specchio del Cristianesimo di oggi». In riferimento anche ai grandi pensatori di ieri e di oggi è stata sviluppata una lettura del nostro tempo adeguata, attuale e pertinente a ciò che l’umanità sta oggi sperimentando, in chiave di speranza e affidamento.
L’assemblea si è quindi divisa in gruppi presso il locali dell’oratorio per condividere e offrire fraternamente, in stile sinodale, suggestioni, prospettive, esperienze, che sono state poi raccolte e donate a tutti una volta tutti ritornati in chiesa per la preghiera e la benedizione finali.
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