18 maggio 2023

Quando, centoventi anni fa, venne strappato da un muro di via Curzia l'affresco di Giulio Campi oggi nella sala del Cinquecento del museo civico Ala Ponzone

Sono trascorsi 120 anni da quando l’affresco di Giulio Campi raffigurante “Il sacrificio di Marco Curzio” ora conservato nella sala del Cinquecento al museo civico, venne strappato dalla facciata di un antico edificio posto in contrada Curzia, odierna Via Gramsci, per essere riportato su tela. La collocazione originaria è raffigurata in una splendida lastra di Pirro Betri del 22 luglio 1903 (vedi Immagini della vecchia Cremona nella Lastre Betri. Il Fondo fotografico antico della Biblioteca Statale di Cremona a cura di Roberto Caccialanza) La contrada aveva assunto il nome dall’eroe romano Marco Curzio, protagonista di una leggenda, secondo cui un’enorme voragine si sarebbe aperta nel foro e solo sacrificando il bene più prezioso per i Romani si sarebbe richiusa. L’affresco raffigura l’eroe, che si lancia nella fossa e precipita con il proprio cavallo, volendo dimostrare che nulla era più importante del coraggio. L’opera è stata riferita a Giulio Campi che sembra qui trarre ispirazione dall’illusionismo prospettico che Pordenone aveva a quel tempo già rivelato nei suoi affreschi per la Cattedrale. L’affresco è stato riferito agli anni verso il 1557, quando Giulio Campi, di ritorno a Cremona dopo un’assenza di circa dieci anni, affresca la prima campata della chiesa di San Sigismondo con la “Discesa dello Spirito Santo” dove fa proprie alcune soluzioni del Correggio, anticipando il virtuosismo prospettico del fratello Vincenzo nella volta della chiesa di san Paolo a Milano di qualche anno posteriore. Nel 1903 la contrada è stata sottoposta ad un allargamento e rettifilo verso piazza Roma. Successivamente il progetto originale farinacciano degli anni 30 del secolo scorso, prevedeva l‘abbattimento delle residue case poste tra piazza Cavour, Via Verdi e Via Capitano del Popolo per la costruzione di quegli enormi spazi atti ad ospitare le adunanze oceaniche fasciste. Fortunatamente questo isolato venne conservato fino alla fine degli anni 60, quando con la costruzione del palazzo della Casa di Bianco, vennero definitivamente demolite. Venne invece demolito nel 1936-37 l’isolato posto di fronte alla galleria XXIII marzo per lasciar posto al nuovo palazzo dell’Inps progettato dall’ingegnere Nino Mori.

Fabrizio Loffi


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commenti


Michele de Crecchio

21 settembre 2023 21:16

Quasi tutti gli edifici importanti realizzati nel centro cittadino durante la "signoria" di Farinacci, furono realizzati dal suo fedele "sodale" politico, tecnico e economico che era l'ingegner Nino Mori.
"Vedi Cremona e poi Mori!" dicevano, richiamandosi al noto detto napoletano, i professionisti locali, ironizzando sul singolare e quasi totale monopolio del quale tale tecnico disponeva allora nella realizzazione della maggior parte degli edifici più importanti che, nel corso del ventennio fascista, vennero demoliti e ricostruiti, soprattutto nel centro storico, con dimensioni ben maggiori e, non di rado, persino derogando ai Regolamenti vigenti.