1 luglio 2025

Scende l'acqua del Po e dal fiume riemergono reperti: una vecchia boa, un carrello per il trasporto della ghiaia

Scende il fiume, in questi giorni d’estate. Il livello, a Cremona, ha superato i 7 metri e mezzo sotto lo zero idrometrico e anche se manca ancora un metro abbondante alle quote negative storiche del 2022, il Po non finisce di regalare sorprese. Ancora una volta si dimostra, e si conferma, che quando si va sul fiume, meglio se a piedi, non è sufficiente guardare. Si deve saper osservare (cosa molto diversa dal guardare), scrutare, leggere, studiare ed ascoltare ciò che il vecchio Eridano mostra e racconta. A volte anche un semplice relitto, un pezzo di ferro arrugginito, un oggetto a prima vista anonimo racconta e restituisce la storia, quella dei nostri padri e dei nostri nonni, gente che sul fiume si è tirata su, per davvero, le maniche. Gente che in riva al Po, e sul Po, ha trascorso estati ed inverni, ha visto albe e tramonti, ha sfidato il freddo, la nebbia, l’afa e le zanzare, le piene e le secche, senza mai lamentarsi. Sul Po ha trascorso la vita, ha lavorato ed ha mantenuto intere famiglie, ha costruito l’avvenire dei nostri paesi, ha realizzato opere di difesa, ponti e vie di comunicazione. Il fiume, in passato più di oggi, era ed è stato per tante famiglie una straordinaria ed imprescindibile fonte di vita. Tanti i mestieri, molti dei quali oggi scomparsi, venivano portati avanti, per ore ed ore tutti i giorni, lungo le sue sponde, o direttamente in mezzo al fiume. Una volta c’erano i saccaroli e i mugnai, i barcaioli ed i pontieri, i passatori ed i pescatori, i manovali ed i cavatori di sabbia, gli scariolanti, i carrettieri, i sabbiaioli ed i boscaioli, per citarne alcuni.

In territorio di Stagno Lombardo, a ridosso del Lido Ariston Sales, la magra in corso ha messo “in mostra”, ancora una volta, un vecchio attrezzo, ormai coperto dalla ruggine, finito nel dimenticatoio o quasi, ma comunque non del tutto. Si tratta di un vecchio carrello di quelli che un tempo venivano utilizzati per il trasporto di ghiaia e sabbia, per la costruzione di pennelli, argini e opere di difesa spondali. E’ lì da decenni quel carrello, per lui non si sono aperte le porte di qualche museo etnografico, nessuno ha pensato di recuperarlo e lui è rimasto lì, a parlare del fiume, e col fiume, raccontandone a suo modo la storia. Il museo c’è ed è quello a cielo aperto, creato, custodito e tenuto vivo dal fiume stesso e dai suoi abitanti. Un pezzo di storia, rimasto nel fiume, vegliato da quel fiume che, a suo modo, in magra o in secca, continua a parlare del passato, delle vicende e dei mestieri di coloro che hanno trascorso la vita sulle sue rive. Come scritto non è finito del tutto nel dimenticatoio, quel carrello. C’è chi ha imparato a valorizzarlo, a mostrarlo, a tenerlo vivo, a modo suo. Ed è bello, oltre che significativo, che a farlo sia un giovane. Quel giovane risponde al nome di Tommaso Mazzeo, uno che per il Grande fiume nutre da sempre un amore incondizionato e smisurato, sconfinato e soprattutto autentico, vero e profondo, capace di commuoversi fino alle lacrime quando si reca, in silenzio sul suo e nostro fiume. Uno che del fiume conosce ogni angolo, ogni stradina, ogni peculiarità, ogni oggetto; capace di stare ore seduto sulle pietre di una massicciata a vegliare il suo fiume, snocciolando aneddoti e proposte, pezzi di storia e fatti di tutti i giorni. Un amico vero del Po (e delle persone), di quelli che non abbandonano mai il vecchio Eridano nemmeno nei tempi di siccità e di magra. Nell’essere custode di quel carrello, Tommaso si fa ogni giorno curatore e custode, nel vero senso del termine, dei saperi, della storia e degli aneddoti del Po. Sulla sponda opposta, a Zibello, in terra Parmense, il fiume ha invece restituito  una vecchia boa in metallo. Difficile che possa essere un “ricordo” del vecchio porto di Zibello, scomparso da tempo, nonostante  la stessa sia riemersa nella zona comunemente definita “Porto  Vecchio”. Stando alle prime verifiche effettuate si tratterebbe di una boa risalente agli anni Cinquanta/Sessanta del Novecento utilizzata dal vecchio Magistrato per il Po o, più facilmente, da quello che all’epoca era denominato Genio Civile. In questo caso la boa ha incontrato maggior fortuna e troverà adeguata collocazione nella sezione del fiume del museo della civiltà contadina di Zibello perché, come evidenziato dal sindaco Massimo Spigaroli, che si è subito preso a cuore l’avvenuto ritrovamento, insieme ad altri “tesori” andrà a “raccontare la storia del fiume”. Tommaso Mazzeo, e non è da tutti, saputo del ritrovamento, è partito da Brancere e si è precipitato a Zibello, per osservare con i suoi stessi occhi e toccare con le sue stesse mani, emozionandosi. Solo chi ama il fiume, e il suo territorio, è capace di queste cose.  Di fronte al vecchio carrello di Stagno Lombardo che oggi, nel suo silenzio, parla delle braccia che un tempo lo hanno spinto, e di fronte alla vecchia boa di Zibello che, per tanto tempo, è stata un riferimento per gli uomini del Po, oggi non resta che rievocare la celebre poesia “Crepuscolo di sabbiatori del Po in una casa in cima a una collina” di Cesare Pavese: I barconi risalgono adagio, sospinti e pesanti: quasi immobili, fanno schiumare la viva corrente. E già quasi notte: Isolati, si fermano: si dibatte e sussulta la vanga sott’acqua. D’ora in ora, altre barche sono state fin qui. I barconi nel buio discendono grevi di sabbia, senza dare una scossa, radenti: ogni uomo è seduto a una punta e un granello di fuoco gli brucia alla bocca Ogni paio di braccia strascina il suo remo, un tepore discende alle gambe fiaccate e lontano s’accendono i lumi. …In distanza, sul fiume, scintillano i lumi di Torino. Due o tre sabbiatori hanno acceso sulla prua il fanale, ma il fiume è deserto”.

Eremita del Po

Paolo Panni


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commenti


Lauri

1 luglio 2025 17:39

Mi dispiace x il Po ,ma nn sarebbe il caso,vista la secca ,di dare una pulitina ai fondali ????