17 ottobre 2024

Si ristruttura la casa Camisasca di via Beltrami 10 ("la casa dei piccioni"). In questi giorni si ripuliscono gli ambienti. Dieci anni fa l'aspra polemica perché si voleva demolire

La vecchia casa di via Beltrami 10, battezzata dai residenti nella antica strada "la casa dei piccioni" per il viavai continuo di volatili da tetti e finestre, è stata venduta. Nei giorni scorsi un'impresa a iniziato a ripulire gli ambienti dei piani superiori buttando nel cortiletto quel che era rimasto negli appartamenti. Top secret il nome dell'acquirente della vecchia casa rimasta a lungo su un sito di un'agenzia immobiliare dove c'era il seguente annuncio: "CREMONA – VIA BELTRAMI Intero stabile da ristrutturare, a pochi passi da Piazza del Duomo, che si sviluppa in piano Terra, piano Primo, piano Secondo, piano Terzo e piano cantine. L’immobile è attualmente composto da varie unità immobiliari ed è dotato di un passo carraio. Concessione edilizia già rilasciata e per l’operazione si può usufruire del “Bonus ristrutturazione al 110%”. Maggiori informazioni in ufficio, preferibilmente previo appuntamento". Ovviamente il bonus è sparito ma poco si sa sull'intervento sul quale era stata realizzato un progetto di recupero da parte dell'architetto Fasani.

Ma quasi dieci anni fa l'immobile fu oggetto di aspre polemiche perchè arrivò in comune la richiesta di demolizione totale della vecchia casa.

"Nella deliziosa prospettiva di via Beltrami, proprio all’incrocio con via Cerasa, si inserisce la facciata di una casa, con una altana (terrazza) non coperta . Si tratta di casa Valcarenghi. La facciata non è particolarmente significativa, ma la storia di questo edificio si inoltra nel medioevo cremonese. - scriveva Antonio Leoni sul suo Vascellocr.it il 1° dicembre 2015- Perché ne parliamo? Un progetto voleva  ridurre in macerie l’edificio. La casa in questione era composta, o, comunque, racchiude in sé quelle casette che all’anno 1754 corrispondevano ai numeri 232, 233, 234. La casa n. 232, confinante con casa ora Bodini, era di tale Cristoforo Migliavacca qm Urbano. La n. 233 di Innocenzo Rossi qm Giuseppe. La n. 234 di Giulio Bianchi qm Gio. Adalberto. Verso la fine del XIX secolo (1884 e 1890), in contrada Ripa d’Adda (nel XVII e XVIII secolo strada di S. ta Marta che andava verso l’attuale Palazzo Mina-Bolzesi, ma un tempo monastero di S. Marta delle Angeliche, dell’ordine dei Barnabiti di S. Paolo Decollato, fondato dalla nobile Valeria degli Alieri-Borghi su pressione di Antonio Maria Zaccaria e costruito da Francesco Capra) i tre numeri precedenti sono unificati nel n. 6 corrispondente all’abitazione di Carolina Vacchelli fu Gerolamo, in seguito intestata a Enrico Mangili fu Giuseppe".

"La cosa interessante, che purtroppo non riguarda direttamente la casa, è che l’attuale Palazzo Bodini, fu un tempo del nobile Vincenzo Valcarenghi, ricco uomo d’affari, amministratore e forse notaio, padre di quel Paolo, medico di fama e protofisico, che nel 1742 fu procuratore dell’illustre medico Omobono Pisoni, docente di anatomia patologica a Padova. - scriveva ancora Leoni - Paolo ebbe una sorella di nome Francesca, defunta nel 1699, l’anno in cui sua figlia Antonia Zambelli sposava in seconde nozze il liutaio Antonio Stradivari. Defunta sua madre e precedentemente suo padre Antonio Maria Zambelli, ricco mercante, il suo tutore era Gio Battista Valcarenghi, zio del Paolo medico. Poiché casa Valcarenghi era a stretto confine tra la parrocchia di San Donato e quella del Duomo (cui appartenevano i numeri 232, 233, 234), sarebbe interessante guardare negli Stati d’anime.  Va però ricordato che tutta la zona attorno alla Cattedrale,  all’Universitas mercatorum e per tutta l’attuale via Ala Ponzone, ovvero attorno al Palazzo della Comunità, era un susseguirsi di botteghe artigiane e mercantili e di case di mercanti più o meno ricchi La tradizione, anche secondo un raro scritto di Giuseppe Pontiroli, studioso di valore, di mantenere un commercio fiorente nel centro storico, ovvero all’interno della cittadella del vescovo-conte di Cremona, probabilmente era praticata fin dal medioevo…"

Ad Antonio Leoni replicò il proprietario dell'immobile (Paolo Garretti) che in una lettera a il Vascellocr, ribadiva le ragioni della demolizione. "Ho letto con sorpresa l' articolo comparso sul suo giornale a proposito della casa di via Beltrami, di proprietà della mia famiglia da oltre quattro generazioni. Lì hanno abitato mio bisnonno, l'Avv Arrigo Camisasca e sua moglie Elena Bellini, ci è cresciuta mia nonna Anita Camisasca e poi mia mamma Elena Monterin, fino ai tempi dell' università.
Io ho imparato ad andare in bicicletta in quel cortile e lì hanno abitato fino ad alcuni anni fa i miei cugini.
Concordo con lei sul valore storico di quei luoghi, cui io aggiungo anche un affettuoso sentimento di appartenenza.
Capirà quindi il mio stupore nel vedermi dipinto, in quanto progettista della ristrutturazione oltrechè co-proprietario, come un deturpatore del panorama cittadino.
Nessuna casa-libro, nessuno scempio, nessuno sgarbo, nessuna perdita di deliziose prospettive di via Beltrami!
Le allego, per rispondere ad una sua legittima curiosità, i disegni di progetto della facciata e del cortile interno.
Potrà apprezzare che l'unica modifica un po' consistente è l'eliminazione di quella che lei definisce una altana (terrazza) non coperta, prospicente la via.
Mi permetta di entrare nel merito, perchè ritengo culturalmente sbagliato che qualunque cosa, purchè vecchia o antica diventi, ipso jure, nobile e bella.
Se era brutta all' origine, non c'è tempo che possa farla diventare bella.Quella altana è stata un (orribile) sopralzo effettuato da mio bisnonno in fretta e furia per accogliere sua figlia rimasta prematuramente vedova, con mia mamma bambina.Non ha alcun valore storico od architettonico, è brutta e basta, anche se ci è cresciuta mia mamma, ma questo può avere solo un significato affettivo per me, non per la storia dell'architettura.
E' vero quanto afferma che quei luoghi affondano le proprie radici nella storia medioevale di Cremona, ma purtroppo, per quanto riguarda i manufatti edilizi, affondano e basta e non sono certo medioevali.
Abbiamo ricostruito attraverso gli atti del Comune la storia di quell' edificio, i numerosi rimaneggiamenti , le modifiche anche importanti interne e di facciata, sopralzi e quant'altro, eseguite nel corso del tempo dai miei predecessori, non particolarmente rispettosi delle regole del buon costruire e delle leggi della statica.
Il risultato è che, purtroppo, le fondazioni e le strutture dell'immobile non sono più in grado di rispondere alle normative edilizie e sismiche, presentano vistose crepe anche sulle murature con i confinanti, non possono essere consolidate con una attività di cuci-scuci, l'immobile è inabitabile ed inabitato da diversi anni. Il progetto pertanto non può che configurarsi come una sostituzione edilizia, e cioè come un manufatto edilizio del tutto analogo nella consistenza, forma, dimensioni ecc., ma costruito con nuove strutture, nuove fondazioni, nuovi solai, nuove coperture.Tutto ciò non costerà poco alla mia famiglia, come è facile da capire.
Ma ritengo che sia molto più rispettoso nei confronti della stessa città, di sanare una ferita nel tessuto del centro storico causato da un immobile vuoto, inabitabile, ammalorato ed in grave decadenza per sostituirlo con la sua immagine quasi speculare, ma vivo, sano, bello e, spero, abitato da famiglie con bambini che impareranno ad andare in bicicletta nel cortile, come è accaduto a me".

L’immobile di via Beltrami 10, posto di fronte a vicolo Cerasa verrà invece recuperato con un risanamento conservativo che sia il più rispettoso possibile dell’esistente, sentenziò la commissione Paesaggio del Comune allora presieduta dall'architetto Massimo Terzi. Si trattava infatti di una casa d’abitazione di inizio Novecento collocata in un contesto urbanistico particolarmente delicato. La commissione paesaggio aveva infatti respinto la proposta progettuale dello studio Garretti di Milano per la ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione dell’edificio, in quanto l’intervento proposto era in contrasto con quanto previsto dal Piano delle regole del Pgt per quanto riguarda i nuclei di antica formazione nel centro storico.  Le norme, infatti, prevedono che, in considerazione della particolare valenza architettonica, ambientale e paesaggistica del contesto, gli interventi devono: “salvaguardare gli elementi architettonici e tipologici di pregio rilevante, quali: fronti interni ed esterni, con possibilità di parziali modifiche purché non alterino l'unitarietà e i ritmi compositivi dei prospetti; ambienti interni di particolare pregio architettonico (volte, soffitti a cassettoni, presenza di pitturazioni e affreschi); impianto distributivo costituito dai collegamenti verticali e orizzontali collettivi (androni, blocchi scala, portici, loggiati, ballatoi, altane ecc); spazi liberi (corti, chiostri, ecc.) con la conservazione delle pavimentazioni e finiture di pregio esistenti e impiegando materiali coerenti coi caratteri dell'edificio; giardini, salvaguardandone l'impianto e le essenze di pregio esistenti, e utilizzando nuove essenze compatibili col contesto”. 

La commissione aveva sottolineato anche le preoccupazioni derivanti dalle condizioni statiche del fabbricato avrebbero potuto essere affrontate con un approccio conservativo che prevedesse il consolidamento e il rinforzo strutturale in luogo della sostituzione, al fine di pervenire al recupero di questa interessante porzione di isolato, posto a fianco del palazzo del nobile Vincenzo Valcarenghi, (oggi casa F.lli Bodini), in un contesto caratterizzato da botteghe artigiane e di case per mercanti più o meno abbienti. Via Beltrami per la commissione rivestiva un ruolo particolare e delicato e pertanto stabiliva che “le facciate prospicienti la via Beltrami, e quelle sulla corte interna dell'edificio in oggetto, debbano mantenere lo stato di fatto con le attuali caratteristiche, sia compositive che materiche, (con la possibilità di ridurre a finestre le attuali vetrine secondo indicazioni del progetto originale stilato nel 1929), e così pure il disegno del cortile e del porticato con colonne e capitelli scudati. La conformazione, e parimenti la matericità, dei prospetti e degli elementi architettonici dell'edificio (volte, loggiati, colonnati, talune pavimentazioni, rostre ecc..) hanno rilevanza sotto il profilo paesaggistico e pertanto si prescrive un attento intervento conservativo”.

Il nuovo progetto approvato dal Comune ne terrà sicuramente conto. (m.s.)

Nelle foto i lavori di pulizia in corso nell'immobile in questi giorni e uno scorcio da via Cerasa

 

 


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commenti


Andrea

17 ottobre 2024 10:34

….si deve semplicemente ristrutturare un immobile…
…avete scritto un poema…