Storie di misteri e fantasmi: da Stagno Lombardo a Voltido, da Soncino a Pandino, da Crema ai palazzi Barbò e Cattaneo di Cremona, da Casteldidone a Pieve San Giacomo e a Isola Dovarese
Per gli amanti, i cultori e gli appassionati di misteri e leggende, il territorio della provincia di Cremona può essere considerato uno dei più "infestati" da fantasmi di tutta Italia. Dal Cremasco al Cremonese passando per il Casalasco, dall’Adda al Po, dall’Oglio agli angoli più remoti della campagna, sono numerose, per numero di casi, le vicende che, tra fascino e mistero, vedono fondersi storia e leggenda, verità e fantasia, in un mix davvero ricco di interesse che dà, ai territori della pianura lombarda, spesso forse non ancora abbastanza conosciuti e valorizzati, ulteriore valore. Se le vicine e confinanti province emiliane di Parma e Piacenza, grazie anche all’elevato numero di rocche, castelli, case torri e fortilizi, sembrano costellate di spiriti (del resto è noto che ogni castello, per tradizione, ha il suo fantasma), anche Cremona e provincia si “difendono” egregiamente.
Partendo dalla città stessa di Cremona, ecco che una delle vicende più note, da sempre, è quella di uno dei più insigni ed imponenti palazzi del centro storico, da tempo avvolto da un mistero dai risvolti lugubri. L’edificio in questione è lo splendido Palazzo Barbò, edificato nel 1837 su progetto dell’architetto Carlo Visioli per la nobile famiglia Barbò. L’immobile di via Ugolani Dati è caratterizzato dalla facciata di impronta neoclassica e tripartita, presenta un bugnato leggero a piano terra, semicolonne corinzie al piano nobile, e attico sulla trabeazione. Il cortile interno è porticato su tre lati ed è interamente dipinto con prospettive architettoniche ottocentesche del pittore Motta. Nel lato sud del cortile, un passaggio introduce al giardino, anch’esso decorato con prospettive illusionistiche e paesaggistiche, tutte opera dello stesso pittore. E’ proprio il giardino che, da tempo, sarebbe sede al centro di misteriose e strane “apparizioni”, quelle di una figura diafana che si aggirerebbe tra gli alberi. Se ne parla anche nel volume “Italia dei fantasmi – La prima mappa dei fantasmi” (Editrice Grafica L’Etruria) di Giorgio Harold Stuart. Nel palazzo, a metà dell’Ottocento visse Spirito Scarpellini insieme alla moglie Fiammetta Eriberti e, da tempo, si dice che in un giorno di primavera l’uomo abbia ucciso la consorte, proprio nel giardino. Questo sarebbe accaduto prima del passaggio della proprietà dell’immobile alla famiglia Meroni-Dovara. Di fatto, Fiammetta Eriberti scomparve all’improvviso nel nulla. Da subito lo Scarpellini, a causa anche delle classiche voci di popolo, venne additato come l’omicida della moglie. Omicidio che sarebbe stato dovuto alla sua grande gelosia. L’uomo negò sempre le accuse, sostenuto anche da non pochi innocentisti. All’epoca l’uomo ha sempre riferito che la donna, graziosa ma irrequieta, lo aveva semplicemente abbandonato. Dove sta la verità? Non è mai stata individuata né svelata. L’unica certezza è che la donna non è mai stata ritrovata, come non è mai stato ritrovato, nemmeno negli anni successivi, il suo corpo. Sparita quindi nel nulla, senza colpevoli, senza certezze, senza spiegazioni. Da allora, secondo la leggenda, pare che, specie nelle notti uggiose di primavera, in più occasioni sia stata notata una figura diafana spostarsi all’interno del giardino. Forse lo spirito di Fiammetta Eriberti? Non è ovviamente dato sapersi e, quindi, la leggenda è destinata a restare tale.
Tuttavia non sarebbe il solo fantasma ad aggirarsi per il centro di Cremona. Infatti da tempo si dice che anche a Palazzo Cattaneo, in via Oscasali, in più occasioni sarebbe stata scorta una misteriosa e minuta figura, pare quella di una bambina che giocherebbe a palla. Una vicenda, anche questa, totalmente avvolta dal mistero.
Appena fuori dalla città, spostandosi in campagna, in direzione Po, tra le tante storiche e splendide corti che impreziosiscono la campagna cremonese, rimaste ancora oggi a testimoniare la laboriosità di un territorio che, da secoli, gioca un ruolo da protagonista nel sistema agricolo della Pianura Padana, spicca la meravigliosa, imponente cascina Alluvioni di Brancere di Stagno Lombardo. Immersa nel verde e nel silenzio della campagna lombarda, ad un tiro di schioppo dall’argine del Po, la cascina versa da molti anni in stato di abbandono che tuttavia non le toglie quel fascino che la contraddistingue e non scalfisce la storia, a tanti sconosciuta, che la accompagna. Un simbolo di cultura agreste e di laboriosità che, nonostante i crolli già evidenti e la situazione di rovina in cui versa, non deve in nessun modo andar perduto. A rendere prezioso il grande complesso spiccano la splendida limonaia con le sue interessanti architetture (meta da tempo di un numero incalcolabile di fotografi, soprattutto coloro che praticano l’esplorazione urbana) e, a poca distanza, in mezzo ai campi, l’antica cappella gentilizia della famiglia Germani, il casato che in passato era proprietario della cascina. Qui, a due passi dai loro possedimenti, in mezzo ai loro campi, i Germani hanno voluto riposare, come a volersi legare per sempre al luogo in cui hanno trascorso l’esistenza. L’ultimo di loro, secondo quanto si tramanda, sarebbe stato sepolto alla fine del 1800. Da allora nessun membro della famiglia vi è più stato tumulato ma è proprio attorno alla cappella gentilizia, realizzata in marmo bianco, che, da tanti anni, si tramanda una leggenda. Quella di un fantasma a cavallo che, nelle notti di luna piena, sarebbe apparso a più testimoni ed a coloro che, per curiosità o altro, avrebbero cercato di introdursi nel tempietto funerario. Secondo la leggenda si tratterebbe della figlia dei vecchi proprietari, scomparsa secoli fa in età prematura, che si manifesterebbe avvolta da lunghe vesti, in sella ad un cavallo bianco. La leggenda è finita anche sul già citato libro Italia dei fantasmi di Giorgio Harold Stuart pubblicato nel 1988 da Editrice Grafica L’Etruria. Secondo quanto riporta il volume di Stuart, i fatti anomali segnalati, in varie epoche, intorno alla cappella sarebbero da attribuire al fatto che le sepolture sono state effettuate in terra sconsacrata. Il libro non parla di una ragazza (o bambina) ma attribuisce il fantasma al “vecchio” Germani, fervente garibaldino e descrive anche quanto accaduto ad un gruppo di persone che, in tempi passati, spinti dalla curiosità, si introdussero nella proprietà privata. Non credendo alla leggenda decisero di trascorrere qualche ora, in piena notte, accanto alla cappella funeraria e, ad un tratto, udirono un rumore metallico provenire da una delle tombe. Poco dopo, stando sempre al racconto di Giorgio Harold Stuart, videro (o furono convinti di vedere) un cancelletto aprirsi e, ad un tratto, apparve una figura umana, non ben definita, di colore biancogrigio e, a quel punto, terrorizzati, fuggirono. Come sempre accade in questi casi, non è facile distinguere la realtà dalla fantasia ed è giusto che la leggenda possa continuare, tramandata dagli abitanti del paese rivierasco, che la tengono viva.
Si è parlato libro di Giorgio Harold Stuart e lo stesso volume narra anche di un’altra vicenda, dai risvolti agghiaccianti. In questo caso occorre spostarsi nel Casalasco e, precisamente al Castelletto di Gattarolo Bonserio, in territorio comunale di Voltido. Il complesso, conosciuto anche come Corte Casalini, è piuttosto antico e sembra il risultato di una fusione tra la corte rustica e quella della villa vera e propria. E’ la torre, oggi inglobata nella villa, a testimoniare di fatto le origini antiche del luogo e si presume potesse essere parte di un complesso rurale fortificato. Secondo quanto scrivono Carlo Perogalli, Maria Grazia Sandri e Luciano Roncai in quel monumentale volume che è “Ville delle province di Cremona e Mantova”, il complesso probabilmente non è mai stato terminato e doveva comprendere un corpo di fabbrica principale e due ali minori dedicate a rustico, delle quali solo una venne costruita, vale a dire quella adiacente alla torre. Questa ala rustica è piuttosto simile, per altro, a quella ritrasformata in periodo tardo della villa Recusani della non lontana Solarolo Rainierio. La villa presenta caratteristiche tipiche del Settecento con motivi e decorazioni tipici del settecento post-manierista. Alcune tracce di affreschi, tuttavia, farebbero supporre una impostazione più seicentesca. Tutto questo fa pensare a diversi tempi di costruzione dell’imponente, vetusto complesso, vale a dire un primo periodo quattrocentesco di cui resta la torre; un momento seicentesco in cui fu impostata e decorata la villa senza che questa venisse terminata ed una finale fase di restauro e rinnovamento collocabile a fine Settecento. Stando invece alla “ricostruzione” di Giorgio Harold Stuart, anticamente l’immobile sorse come piccolo convento di frati, forse francescani e sino a fine Ottocento, di fronte al torrione, si trovava anche una piccola chiesa di cui non resta traccia alcuna ma è nota l’ubicazione. Harold Stuart aveva raccolto la testimonianza di Giovanna Piccinelli che, in età giovanile, trascorreva le vacanze a Gattarolo Bonserio dai parenti ed era venuto al corrente dell’esistenza di due pozzi “delle taglie” (una delle ulteriori denominazioni che vengono date a questi luoghi) profondi circa quindici metri che, sul fondo, avevano lame taglienti. Al loro interno, stando sempre alla testimonianza raccolta, venivano gettati i nemici e gli indesiderati, il più delle volte ignari della loro fine. Nello stesso libro l’autore scrive anche che nei secoli passati, i signori del luogo, avrebbero in più occasioni gettato nei pozzi alcune fanciulle al termine di giochi macabri. “All’interno dell’immobile – scrive Harold Stuart – era posto uno scalone marmoreo a quadrilatero alla fine del quale si trovavano quattro porte. La sventurata ragazza di turno, bendata, doveva aprire una porta a caso, che spesse volte si rivelava una trappola mortale. La fanciulla precipitava nel pozzo delle taglie”. Lo stesso autore scrive che più volte, ed in epoche diverse, nel palazzo furono riscontrati fenomeni singolari. In particolare emerge quanto tramandato da uno zio della Piccinelli secondo cui un soldato austriaco, dopo aver disertato, avrebbe trovato rifugio a Gattarolo trovando ospitalità nel lato disabitato dell’immobile. “Il soldato – scrive l’autore – più volte affermò di avere udito durante la notte dei tremendi gemiti provenire dai pozzi delle taglie. Altra testimonianza in questo senso la si può individuare in un cugino del padre della dottoressa Piccinelli che negli anni Venti e Trenta fu podestà di Voltido. Egli raccontava di finestre che in piena notte si spalancavano in ore fisse, candele che improvvisamente si spegnevano e lugubri lamenti di morti che reclamavano una cristiana sepoltura. Nell’estate del 1987 il sottoscritto insieme al giornalista Negri del quotidiano ‘La Provincia’ di Cremona si è recato sul posto. Era un pomeriggio afoso e soleggiato e l’attuale proprietario gentilmente ci guidò nella visita al Castelletto. Circa i fenomeni paranormali non si sbilanciò affermando solo che in certe notti si possono udire strani rumori dovuti al soffiare del vento e alla presenza di animali notturni. Nonostante fosse pieno giorno una volta giunti nell’ala disabitata del palazzo e in prossimità dei tragici pozzi – continua Giorgio Harold Stuart – fummo pervasi da un senso di paura. Il mistero del Castelletto di Gattarolo Nuovo continua…”. Dando ulteriore fascino ad un luogo ricco di storia.
Stando sempre in terra casalasca, la leggenda narra che il castello Mina della Scala di Casteldidone ospiterebbe lo spirito di una donna che, la prima notte del plenilunio di gennaio, farebbe la sua comparsa lungo la scala di accesso alla dimora storica e suonerebbe la campana. Si tratterebbe del fantasma della contessina Schizzi e pare che sia destinata ad apparire solo alle discendenti femminili della famiglia. L’ultima ad averla incontrata fu la contessa Anna Maria Douglas Scotti di Fombio. Il luogo è stato per altro al centro, in qualche occasione, di indagini di carattere paranormale di un gruppo di esperti “del settore” che da tempo si occupano di queste attività. “Cercatori di fantasmi” al lavoro anche nella vicina e monumentale villa Medici del Vascello di San Giovanni in Croce. Infatti le cronache narrano che nell’aprile 2015 un gruppo specializzato nell’ indagare i fenomeni apparentemente misteriosi, rilevò un fenomeno giudicato “inspiegabile”. All’epoca furono scattate cinque foto a pochi secondi le une dalle altre e con le stesse impostazioni e dalla stessa angolazione. In una di queste immagini compare una macchia biancastra, simile alla nebbia, posizionata all’esterno del tempio. L’apparenza luminosa, che compare in una sola delle immagini realizzate, si trova sull’erba e non sulla superficie del laghetto. La serata era stata giudicata, dai presenti, come “estremamente limpida”, e quindi non troverebbe alcuna giustificazione la condensa di vapore acqueo e, inoltre, la sequenza ravvicinata delle fotografie avrebbe dovuto mostrarla in più immagini. Esperti di paranormale al lavoro, alcuni anni fa, anche ad Ostiano. Qui, con tanto di autorizzazione comunale, il gruppo effettuò indagini nel teatro locale che sorge all’interno del quattrocentesco castello e nelle cantine della biblioteca che custodisce volumi di pregio e incunaboli. Per ore furono passate al setaccio stanze e locali vari, furono captati rumori e raccolto materiale video e fotografico. Sul posto, nel 2015, anche una medium che si gettò a terra dopo essere stata avvicinata, come lei riferì, da una “presenza”, battendo con grande forza le braccia contro il pavimento. Lo medium ebbe anche un dialogo col presunto spirito e si riprese, ansimando, ma senza avere traumi e in quella occasione anche il sindaco del paese aveva confidato di aver avvertito una spinta. Il fantasma, in questo caso, sarebbe quello del Conte Gambara, realmente esistito e freddato davanti al castello durante gli scontri tra Ostiano e Gambara. Si trattava della guerra di successione tra le Casate di Mantova e Monferrato. In una occasione, durante uno spettacolo a teatro, il sindaco ed un consigliere comunale avrebbero anche scattato una foto al gruppo teatrale restando sorpresi dal risultato: infatti nella immagine si noterebbero due mani sopra il capo di una donna posta al centro del gruppo. Siamo sulle rive dell’Oglio e, lungo lo stesso fiume, pare che gli spiriti abbondino in quel di Isola Dovarese.
Tra le vicende, in questo caso, più interessante spicca quella accaduta decenni fa al cimitero dopo che, una ricca signora, venne sepolta con i suoi gioielli (per sua stessa volontà testamentaria). La stessa notte del suo funerale, da quanto si dice, la monumentale cappella funebre non era ancora stata chiusa, e la tomba, realizzata sotto al pavimento, era ancora scoperchiata. Un ladro, pur pieno di paura, si recò sul posto con una scala con l’obiettivo di raggiungere, ovviamente, il feretro. Ma dopo che scese i primi gradini si sentì afferrare per una caviglia mentre una voce gli disse “Finalmente sei tornato!” e, a quel punto, dopo aver lanciato un grido di terrore se la svignò a tutta velocità. Poco dopo un altro soggetto tentò la stessa avventura, ma a sua volta si dileguò terrorizzato nel buio della notte. Nella stessa Isola Dovarese è popolare anche la vicenda di una bambina che parlava col fantasma. Una sera la madre, udendola chiacchierare, entrò nella stanza della piccola chiedendole con chi stesse parlando e la bambina, tranquillamente, rispose che stava chiacchierando con un suo amico, un vecchio con la barba bianca. Ne fece una dettagliata descrizione e risultò che corrispondeva esattamente alla figura di un vicino di casa morto ancor prima che la bimba venisse al mondo. Altra narrazione che, da tempo, circola in paese è quella di un fantasma che si aggirerebbe nell’abitazione dei titolari del celebre Caffè La Crepa, ricavato come noto in un plurisecolare palazzo del centro storico. Questo fantasma si sarebbe presentato a uno dei titolari con rumori, rantoli e soffi.
Sempre tra le terre bagnate dall’Olio si vocifera di “presenze” anche all’interno di ciò che resta della grande villa Visconti Fraganeschi Castelbarco di Villarocca (in territorio comunale di Pessina Cremonese). Villa che, da molti anni, è in condizioni fatiscenti e stando ai racconti di qualche sensitiva che si è recata sul posto, pare che siano appunto state avvertite singolari “presenze” aggirarsi tra le mura del vetusto edificio.
Nel bel mezzo della pianura, nel cuore della campagna cremonese, la calma, il silenzio e la laboriosità sono sferzare da una affascinante vicenda: quella del fantasma della dama bianca che si dipana tra Pieve San Giacomo e la piccola borgata di San Lorenzo Mondinari, al centro per altro di un ampio servizio curato, su Cremonasera, da Michela Garatti. La dama bianca sarebbe una signora vestita in bianco, con un ombrellino parasole, che in passato, in più occasioni, sarebbe comparsa improvvisamente, allo scoccare del mezzogiorno, del tutto incorporea che, nonostante le fattezze gentili, terrorizzava tanto gli adulti quanto i bambini. Il luogo dove compariva oggi non esiste neanche più; si trattava di una barchessa di notevoli dimensioni, posta nei campi tra la cascina Torre Berteri di Pieve San Giacomo e San Lorenzo Mondinari (frazione di Cella Dati). In questo edificio, che alla fine dell’Ottocento era esistente e funzionante, veniva riposto il fieno nella stagione estiva . Stando ai racconti popolari che, da decenni, si tramandano, pare che qui, intorno a mezzogiorno si presentasse appunto una signora elegante, con abiti bianchi, intenta a passeggiare tranquillamente tra la campagna riparandosi dal sole con un ombrellino. Solitaria e del tutto silenziosa, così come appariva dal nulla, nel nulla scompariva, dissolvendosi. Su questa leggenda ci sono susseguite diverse ipotesi come quella del fantasma di una nobil donna passata a miglior vita nel fiore degli anni, ma anche quella che voleva questo spirito attribuito ad una giovane sposa morta poco dopo le nozze. A questo si aggiungevano poi, naturalmente, spiegazioni molto più razionali. Anche Crema ed il Cremasco non sono esenti da presunti fantasmi. A Crema, in città, si narra fantasmi riguardanti il secolare Palazzo Terni De Gregory-Bondenti, situato in pieno centro, in via Dante, di fronte all’ex convento di Sant’Agostino. Sarebbe lo spettro di un uomo che porta la sua testa sottobraccio, ed apparirebbe intorno alla mezzanotte soprattutto in occasione dei pleniluni tempestosi. Nella campagna cremasca, celebre la vicenda di Villa Obizza, a Bottaiano di Ricengo, di origine seicentesca. Dopo i fasti dei secoli passati, l’edificio voluto dalla famiglia Obizzi è andato incontro ad un forte declino, è stato abbandonato ed ha subito importanti crolli. In particolare si dice che sia nella villa che nella campagna circostante, si sentano sussurri e grida che sarebbero quelli delle anime delle donne che lì persero la vita. Infatti, in un’epoca non ben specificata, si dice che la dimora fosse abitata da un uomo potente e malvagio che irretiva le donne per poi ucciderle e facendole sparire nei cunicoli oscuri che si diramano tra i sotterranei della villa stessa.
Ad Agnadello, invece, pare che in più occasioni si siano sentiti i lamenti dei soldati uccisi durante la battaglia tra la Repubblica di Venezia ed i Francesi del 14 maggio 1509. Lamenti che si sentirebbero specie di notte e nei giorni di maltempo. Addirittura c’è chi sostiene di aver visto i fantasmi dei due eserciti scontrarsi in una battaglia che non avrà mai fine e queste apparizioni avverrebbero però nei pressi dei ruderi della piccola chiesa di San Giorgio ad Osio Sotto, nel Bergamasco. A Pandino sarebbe il castello, e non poteva essere altrimenti, ad essere infestato. Qui si dice di figure che si aggirerebbero fra le torri del maniero; ma alcuni abitanti avrebbero udito anche il suono di flauti provenire, durante la notte, dalle mura dell’antico edificio. Chi vi ha lavorato riferisce anche di essersi sentito toccare o spintonare nei momenti in cui non erano presenti altre persone. Non mancano i fantasmi neppure al castello di Soncino e, in questo caso, sarebbe quello di Ezzelino III da Romano (che dopo essere stato sconfitto nella battaglia a Soncino nel 1259, fu imprigionato e si lasciò morire rinunciando a medicine e cure) e di un altro spirito, sembra burlone, di cui tuttavia non si conosce l’identità. C’è anche chi garantisce di aver visto una luce nell’ultima stanza del museo archeologico nei momenti in cui tutto, invece, doveva essere spento.
Fuori dai confini cremonesi, ma necessario da citare proprio per i suoi importanti legami cremonesi, il castello di Maccastorna, minuscola località del vicino lodigiano. Infatti in passato il castello appartenne al condottiero cremonese Cabrino Fondulo, nato a Soncino il 28 marzo 1370 e morto a Milano il 12 febbraio 1425. combattente al servizio dei signori Cavalcabò di Cremona. La notte del 24 luglio 1406, Cabrino Fondulo ospitò Carlo Cavalcabò e il suo seguito di ritorno da Milano. Finita la cena, diede ordine di uccidere brutalmente tutti i suoi ospiti e li fece buttare nel pozzo del castello per poi autoproclamarsi signore di Cremona (a proposito giusto ricordare che fra qualche mese ricorreranno i 600 anni della morte e, magari, l’anniversario potrebbe essere adeguatamente ricordato anche se il rischio resta quello, purtroppo, del dimenticatoio). Giusto anche ricordare che a causa dei delitti di cui si macchiò, Cabrino Fondulo morì per impiccagione. Si narra che i 70 spiriti vaghino ancora per il castello e che, ogni anno, nella data del 24 luglio, si sentano grida, lamenti e rumori di spade.
Una serie di vicende avvolte tra mistero e leggenda, nel solco della storia, che per altro saranno al centro, nei prossimi mesi, di una importante ricerca condotta dal parmense Stefano Panizza, studioso fortiano e scrittore (autore di numerosi volumi dedicati al vasto tema dei misteri) nonché relatore ad importanti conferenze, anche a Cremona. In attesa dei risultati della sua ricerca, ed in attesa che altre segnalazioni giungano, una “mappa” del mistero che accresce il fascino dei territori cremonesi.
Nelle foto Voltido, cascina Alluvioni di Stagno Lombardo, il castello di Pandino, quello di Soncino e di Maccastorna
Eremita del Po
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commenti
Lilluccio Bartoli
19 ottobre 2024 11:26
Ho letto in apnea, tutto d'un fiato, sembrerebbe un ossimoro, la tua ricerca. Accompagni il lettore con garbo, sai essere un Virgilio straordinario, somministri, con grazia, spicchi di cultura, nutri i pensieri. Fare indigestione con te è un piacere! Lilluccio Bartoli 3395761110
Paolo
19 ottobre 2024 12:20
Grazie Lilluccio è un piacere leggere queste parole, specialmente se scritte e pensate da chi, da anni, è custode fedele, appassionati e tenace dei saperi e del genius loci delle nostre terre fertili di pianura e del nostri Grande fiume. Nel mio piccolo, anche attraverso le leggende, cerco di valorizzare, come posso, i nostri territori.
Michele de Crecchio
19 ottobre 2024 22:24
Osservandole bene, tutte queste gradevoli storielle, indubbiamente suggestive e come tali degne di ammirazione e rispetto, mi sembrano sostanzialmente rifarsi a due o tre schemi fissi di "raccontini", caratterizzati da un "canovaccio" decisamente simile tra di loro. Non ritengo improbabile che qualche etnografo abbia già ampiamente sviscerato e spiegato tale, solo apparente, singolarità.
Nei limiti, ormai compromessi, della mia memoria personale, credo di avere anche più volte raccolto, nella mia lunga e piacevole attività di "urbanista condotto", anche la ricorrente segnalazione di campi "maledetti" già teatro, in passato, di sanguinosi fatti d'arme, che ancora oggi, in occasione di preoccupanti condizioni atmosferiche, giungerebbero dal sottosuolo rumori simili a lamenti mentre, nel frattempo, il colore del terreno si farebbe più scuro. Un fenomeno di questo tipo mi fu narrato, con particolare convinzione, in quel di Madignano, paese posto nei pressi di Crema. Il permanere di una simile e suggestiva leggenda determinava un singolare contrasto con la "conurbazione" di abitazioni e capannoni che si stava sviluppando nei dintorni del terreno in questione.