23 aprile 2021

Tam Tam sui social con le foto dei liutai cremonesi al lavoro. E come una catena di Sant'Antonio invadono il web in tutto il mondo

Non si sa bene da chi e da dove sia partito. Probabilmente il primo anello della catena è un musicista, forse straniero. Fatto sta che l'invito è stato raccolto e rilanciato: il fascino della liuteria e l'orgoglio di chi continua a intagliare violini, pur in questo momento difficile, sono diventati protagonisti del web.
Lo abbiamo invaso, facendo il giro del mondo”, dice, soddisfatto, Simeone Morassi. “E' stata come una catena di sant'Antonio”, gli fa eco un altro grande liutaio, Primo Pistoni.
All'inizio dell'onda virtuale, un post: “Chiediamo a tutti gli amici della musica di pubblicare una fotografia sul posto di lavoro. Solo fotografia, nessuna descrizione. L'obiettivo è quello di inondare i social con la nostra bellissima professione. Copia il resto nel tuo stato. Forza, forza”.
Uno dei primi ad aderire alla campagna, condividendo il testo originario e mettendo in rete se stesso, è stato Morassi. La foto, scattata alcuni giorni fa, lo ritrae nella sua bottega di via Lanaioli mentre, tra lime e colle, è concentrato nella costruzione del fondo di un violoncello. “Ne faccio pochi, uno ogni due anni circa. Ora sono a metà strada. Mi piace molto l'acustica di questo strumento, il suo timbro è delizioso, la sua voce esprime un sentimento profondo. E' un lavoro stupendo ma anche fisicamente durissimo tanto è vero che, in genere, ci si mette all'opera su un violoncello d'inverno e non con la stagione calda perché si suda come matti”.
La sua immagine è stata salutata da centinaia di 'mi piace' e decine di commenti. “Dalla Cina alla Bielorussia, dalla Corea al Sud America, tutti hanno risposto. E' stato un successo. La vicinanza di tutte queste persone alla liuteria mi ha davvero colpito”.
Anche Pistoni si è associato al tam-tam. “L'ho fatto perché ci credo, è giusto essere riconosciuti come operatori del settore musicale. E' stata una specie di catena di sant'Antonio, nel senso buono”. Lui ha preferito parlare attraverso una foto in bianco e nero di un anno fa. “Si tratta di un auto-scatto durante il confinamento mentre stavo lavorando su un violino, che fortunatamente è stato poi consegnato, per un mio cliente storico di Taiwan”. Anche la sua immagine ha emozionato e ottenuto consensi.
In questi mesi di buio anche la musica ha taciuto, trascinando inevitabilmente con sé la liuteria.
“E' venuto a mancare il contatto diretto con gli acquirenti – spiega Pistoni -. Il mercato naviga a vista anche se tutto sommato, seppur con difficoltà, penso che il nostro settore stia reggendo. Per chi si è affermato è cambiato poco, le spalle sono un po' coperte. A risentire delle conseguenze economiche del coronavirus sono soprattutto i giovani, chi ha appena conseguito il diploma ed è alle prime armi, anche se questo è vero in tutti i campi”. Toni simili da Morassi, figlio del maestro Gio Batta: nel marzo 2010, all'inizio della pandemia, due liutai cinesi tra i più famosi, Zheng Quan e Gao Tong Tong, allievi di suo padre, avevano donato 15.000 mascherine a Cremona. “I grandi collezionisti di strumenti non hanno problemi, ma sono la minima parte - spiega Simeone Morassi -. Invece, con le sale da concerto e i teatri chiusi, i musicisti hanno rallentato e non frequentano le botteghe liutarie, dove prima si recavano non solo per acquistare un violino nuovo ma anche per la manutenzione di quello vecchio, per ripararlo o, ad esempio, cambiarne le corde. Anche i commercianti, a causa delle limitazioni negli spostamenti, vanno meno in laboratorio. E così si lavora per larga parte su ordinazione”.
Un altro segnale della crisi è lo stop delle fiere internazionali. “Quella di Shanghai è saltata e l'edizione 2021 di quella di Tokyo, che solitamente chiudeva il programma annuale delle esposizioni, è già stata cancellata, com'era avvenuto nel 2020”.
Nell'incertezza qualche spiraglio, ma debole. “Per fortuna i cinesi sono ripartiti alla grande mentre i giapponesi sono estremamente cauti. In Italia ed Europa, invece, si continua a fare fatica. E pure gli Stati Uniti sono nelle stesse condizioni”.
 
Gilberto Bazoli


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