Tesoro di Martignana: dov'è la Villa Romana? Al Museo Archeologico di San Lorenzo i reperti rinvenuti nelle campagne del paese, ma di cui non si hanno indicazioni precise sul luogo del ritrovamento
La sua presenza gira di bocca in bocca da decenni. Ritrovamenti, voci, racconti orali che vanno indietro nel tempo sino a un secolo fa. Tra Martignana di Po e Borgolieto di Gussola nella zona che i vecchi della zona chiamavano ancora 'la lóca' con la o molto chiusa tipica del cremonese, i 'si dice' si moltiplicano anche se è difficile conoscerne l’ubicazione precisa.
L’occasione per cercare di dare una traccia alle descrizioni potrebbero essere i due reperti, di alto pregio, esposti al Museo Archeologico di San Lorenzo, privi di qualsiasi indicazione sul luogo del ritrovamento. Miracolosamente scampati ai cercatori che in questi ultimi 50 anni così tanti danni hanno fatto alla conoscenza della storia cremonese, mantenendo segreti e vendendo sul mercato nero i frutti dei rinvenimenti.
Si tratta di un piede di una sedia o di un altro elemento d’arredo (forse un braciere) finemente disegnato. Una zampa di felino, un soggetto molto comune nella Roma del I° secolo d.c. ma decisamente insolito nella campagna cremonese. E del bordo spezzato metallico di uno specchio o di un altro elemento, inciso con decorazioni raffinate.
Due rinvenimenti che lasciano supporre l’alto livello del proprietario, forse l’assegnatario di uno degli appezzamenti agricoli dove spesso coesistevano ville rustiche e distanziati le stalle, i granai e gli alloggi per gli schiavi che conducevano l’azienda. Purtroppo non esistono schede descrittive o relazioni di ritrovamento negli archivi del museo.
In questo spicchio di campagna casalasca i fossi (agrestis fosse) seguono in parte ancora il corso naturale verso su est, non tutti sono stati canalizzati. E le estensioni delle campagne, non solcate da strade asfaltate, continuano ininterrotte sino a San Giovanni in Croce, chilometri più a nord. Oltre a questi corsi d’acqua nei pressi dei quali erano probabilmente ubicate case romane, l’elemento che più segna il territorio è la Bastia.
Una imponente fortificazione la cui data di fondazione non è nota, posta lungo quella che Gualazzini e il Rosa individuano come una via di collegamento, probabilmente accompagnata da una fossa navigabile sino al porto di Agoiolo. Il Portus Brixianus del codice di Liutprando, secondo il Gualazzini.
Probabilmente i reperti si riferiscono a una villa rustica con un impianto produttivo, sicuramente afferente alla seconda centuriazione cremonese, quella del 40 a.c. con cui Antonio e Ottaviano avevano espropriato migliaia di coloni fedeli al senato e a Bruto, ridisegnando anche la grandezza dei campi centuriati da 20 a 21 actus (da 710 a 750 metri) sino all’Oglio e oltre nelle attuali provincie di Mantova e Brescia.
Non è un caso se l’unità di misura, l’actus, sia pari alle 24 ‘tavole’ della pertica cremonese, 35 metri, una unità di misura che ha sfidato i secoli e ci è arrivata intatta a 2 millenni di distanza. Talmente radicata negli usi da determinarne la fortuna o la povertà: 'Cusa voot che i sia do pertighi ad tèra?'.
Di questo enorme intervento sul paesaggio resta traccia anche in due lettere e nelle Georgiche di Virgilio, le cui opere sono ricche di descrizioni del paesaggio rivierasco, la descrizione del duro lavoro nei campi, il colore purpureo del Po, gli effetti devastanti delle sue alluvioni sulle cascine e sulle stalle.
Spunti di ricerca importanti che se approfonditi potrebbero far luce su un importante aspetto di storia ancora tutto da indagare.
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