Trent'anni fa l'assassinio di Fabio Moreni e dei suoi amici mentre portavano aiuti in Bosnia. Lunedì la messa di suffragio alla Fondazione, il ricordo a Gornji Vakuf e a Kiev
Lunedì 29 maggio sarà il trentesimo anniversario dell'uccisione di Fabio Moreni, il volontario cremonese ucciso nei dintorni di Gornij Vakuf mentre con alcuni amici stava portando aiuti alla popolazione bosniaca martoriata dalla guerra. Con lui vennero assassinati i suoi amici Sergio Lana e Guido Puletti. Presso la Cascina Moreni, la fondazione che porta il suo nome ha messo a punto una serie di appuntamenti.
Il 27 maggio, alle ore 19, ci sarà la cerimonia di premiazione del V Premio Letterario Fabio Moreni mentre il 29 maggio, alle ore 19, si terrà una Santa Messa in suffragio celebrata dal Vescovo di Cremona, Antonio Napolioni.
A Gorni Vakuf, in Bosnia Erzegovina, luogo dell’eccidio del 29 maggio 1993, il 29 maggio Fondazione Moreni sarà inoltre rappresentata dal presidente Gianluca Arata e dal vice presidente Fabrizio Zanoni, durante la celebrazione di una Santa Messa in suffragio, presso la chiesa parrocchiale. Officerà il Vescovo emerito di Sarajevo, Vinco Pulic, e presenzierà Marco Di Ruzza, ambasciatore italiano in Bosnia Erzegovina.
Sempre il 29 maggio, presso la Cattedrale di Kiev, il Vescovo Ausiliare Oleksandr Yatzloveskiy, celebrerà una Santa Messa in suffragio di Fabio, ricordando il particolare sostegno ricevuto da Fondazione Moreni dall’inizio della guerra, attraverso la realizzazione di trasporti di beni di prima necessità a favore della locale popolazione, nonché attraverso un contributo economico finalizzato a concludere lavori di ristrutturazione di un edificio in Kiev, di proprietà della locale Diocesi, destinato ad accogliere profughi e reduci di guerra feriti.
Ma cosa accadde quel giorno a Gornij Vakuf? Con Fabio Moreni quel giorno c’erano altri due giovani: Sergio Lana di vent’anni, originario di Rivarolo Mantovano ma residente a Gussago, in servizio civile presso la Caritas di Brescia, e Guido Puletti, di 40 anni, giornalista free-lance di Brescia. Erano partiti il giorno prima dal magazzino del gruppo a Ghedi con un autotreno con contrassegni della Croce Rossa di proprietà dello stesso Fabio, carico di 300 quintali di merce tra viveri, farmaci e generi di prima necessità, specialmente per l’infanzia, in parte donati, in parte acquistati da loro stessi. Al seguito, anche una Lada Niva targata Spalato con contrassegni “Press” e “Caritas”. Erano diretti a Novi Travnik e Zavidovici, in un’area da tempo assediata, in cui forte era la tensione tra gruppi etnici.Da Zavidovici, come concordato con le autorità cittadine, la delegazione avrebbe riportato in Italia su di un pullman 62 persone, vedove con i loro figli, per sottrarle alla guerra in corso. Fabio in quelle zone era ormai di casa: da due anni, come volontario, percorreva le strade della Bosnia un paio di volte al mese, macinando dalle 20 alle 25 ore di tragitto ogni volta, pur di portare personalmente viveri, indumenti e aiuti. Del resto, era già stato anche in Irpinia, dopo il devastante terremoto.
Invece quella volta accadde il peggio. Vicino a GornijVakuf i “Berretti verdi” di Hanefija Prijic Paraga sequestrarono il convoglio. Moreni, Puletti e Lana, fatti scendere dai loro mezzi, vennero scortati in una radura poco lontana e fucilati. Altri due volontari, che condivisero con loro il viaggio, invece, riuscirono a salvarsi.
La notizia dell’eccidio giunse a Cremona proprio nel giorno del 72° compleanno della signora Valeria Arata, madre di Fabio. In questo modo si venne a sapere della conversione di Fabio e di quell’attività che fino ad allora aveva condotto nel silenzio. “Da un paio d’anni aveva avuto una sorta di trasformazione interiore, che lo spingeva ad aiutare sempre più concretamente i bisognosi ed i diseredati”: così han detto di lui gli amici nell’intervista apparsa sulle pagine del “Corriere” in quei giorni, intervista che spiega esplicitamente come la religiosità di Fabio fosse “esplosa da poco” e lo spingesse “ogni giorno ad assistere alla Messa nella chiesa di San Luca oppure nel Duomo di Cremona”, rinunciando anche alle proprie passioni, motocross e deltaplano, pur di perseguire il proprio scopo umanitario. Anche la mamma, la signora Valeria, non esitava a mostrare la profonda spiritualità del figlio: “Lui – ricordava- non usciva di casa senza prima essersi fatto il segno della croce ed aver messo una mano sul vicino quadro del Sacro Cuore. Sempre. Aveva questa devozione”. Una vera e propria scelta di vita, insomma, al punto da metter temporaneamente da parte anche la prospettiva del matrimonio. Una scelta di vita conclusasi tragicamente con la donazione totale di sé, con la donazione totale della propria vita. La ricerca della Giustizia è durata 8 anni: il 28 giugno 2001 Paraga è stato condannato a 15 anni di reclusione che, in seguito, vennero ridotti a 13 dalla corte di Cassazione di Sarajevo. Ma degli esecutori materiali e dei reali mandanti non si seppe mai nulla. Come ricorda il giornalista cremonese Mauro Faverzani, che ha scritto un libro dal titolo “Fabio Moreni. L'avventura umanitaria di un uomo di fede”, ricorda in un articolo apparso su "La Bussola quotidiana" come “nell’ottobre 2016, dopo aver scontato la sua pena in Bosnia, «Paraga», ricercato dall’Italia per tentato omicidio, omicidio preterintenzionale e rapina a mano armata, venne di nuovo arrestato dalla Polizia tedesca all’aeroporto di Dortmund. Estradato nel nostro Paese, in primo grado, nel marzo 2017, è stato condannato all’ergastolo, ma la Corte d’Assise d’Appello di Brescia ha trasformato la condanna a soli 30 anni di carcere, divenuti poi 20 per lo sconto di un terzo dovuto al rito abbreviato. Rito senza il quale, forse, si sarebbe potuto sapere di più sulla strage. Niente da fare, il 10 maggio 2018 la Corte di Cassazione ha confermato il verdetto. Tenendo conto degli anni già scontati in galera tra Bosnia e Italia, dell’indulto e della scarcerazione anticipata, il 28 agosto 2018 il comandante «Paraga» è tornato libero. Per sempre”.
Sia la mamma di Fabio Moreni che la mamma di Sergio Lana hanno perdonato gli assassini dei loro figli. Numerosi furono gli attestati di cordoglio e le testimonianze di soidarietà pervenute alle famiglie dei tre giovani uccisi: dall’allora Pontefice Giovanni Paolo II al Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, dal Parlamento Europeo, che in una risoluzione ha onorato i tre giovani, al Consiglio Regionale della Lombardia. Proprio per il suo generoso altruismo, il 31 marzo 1994, a Fabio Moreni fu conferita dalla Presidenza della Repubblica la medaglia d’oro al valor civile ritirata dalla madre, la signora Valeria, tra l’altro con questa motivazione: “Splendido esempio di nobile dedizione alla Pace e di elette virtù civiche, spinte sino all'estremo sacrificio”.
Il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, nel 1997 ha consegnato alle famiglie di Sergio Lana, Fabio Moreni e Guido Puletti il Premio per la Pace “per aver sacrificato la loro vita nel corso di una missione umanitaria che dalla Lombardia li aveva portati in Bosnia”.
A seguito della morte di Fabio Moreni, la mamma Valeria assieme ad alcuni imprenditori ed a professionisti di Cremona e di Ghedi, amici del figlio, hanno costituito nel 1994 la Fondazione Fabio Moreni, riconosciuta come Ente Morale nel 1995 (Gazzetta Ufficiale n. 193 del 19/08/1995) e successivamente nel 1998 inclusa nel Registro delle ONLUS.
L’atroce assassinio di Fabio Moreni, giovane imprenditore che da anni ormai sosteneva e partecipava in prima persona al trasporto di aiuti umanitari, ha destato in molti non solo dolore, ma una vera e propria ondata di speranza e di concreta solidarietà verso quanti si trovino, vicini e lontani, in condizioni di bisogno, come testimoniano le numerose attività finora realizzate dalla Fondazione omonima. (per saperne di più sulla Fondazione clicca qui)
Nelle foto alcune immagini di Fabio Moreni, poi i funerali di Fabio del 4 giugno 1993 con la mamma Valeria e il vescovo Nicolini, poi la mamma con Agostino Zanotti in Cattedrale (foto Giuseppe Muchetti)
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