7 febbraio 2023

Trent'anni fa, nella drammatica seduta dell'8 febbraio 1993, l'ex sindaco Renzo Zaffanella annunciava il suo ritiro dalla politica per la vicenda degli "alloggi d'oro"

Trent’anni fa, nella seduta del consiglio comunale dell’8 febbraio 1993, annunciava il suo ritiro dalla vita politica attiva il sindaco Renzo Zaffanella. Una decisione maturata qualche tempo prima, il giorno successivo alla sentenza del processo sugli “alloggi d’oro”. Il suo posto in consiglio comunale fu preso dal socialista Vicini. Cremona perdeva così uno dei suoi sindaci più importanti ed amati del dopoguerra, protagonista indiscusso della vita politica locale e nazionale.

La vicenda giudiziaria degli “alloggi d'oro”, per la quale Zaffanella era stato condannato per abuso d'ufficio, si è conclusa solo nel 1996, con la piena assoluzione. Nel corso dell'ultimo mandato la giunta era stata accusata di aver acquistato quattro appartamenti pagandoli molto di più del prezzo di mercato. In appello cadde tutto il castello accusatorio e il sindaco Renzo Zaffanella venne completamente scagionato. La sentenza di colpevolezza era arrivata dopo quattro ore di camera di consiglio il 6 giugno 1992: Zaffanella venne in prima istanza condannato a un anno e otto mesi di reclusione per falso ideologico e abuso in atti d’ufficio. Si chiudeva così il primo processo sul caso degli "alloggi d’oro", una sessantina di appartamenti comprati dal Comune per gli sfrattati a un prezzo superiore di 500 milioni rispetto al valore di mercato. I giudici avevano poi inflitto in primo grado due anni all’ex assessore ai Lavori pubblici Giuseppe Carletti. Entrambi gli ex amministratori, per i quali era stata richiesta l'interdizione per un anno dai pubblici uffici, avevano ottenuto la sospensione condizionale e la non menzione. Con loro erano stati riconosciuti colpevoli di concorso in abuso d’ufficio anche i titolari dell’impresa edile venditrice degli alloggi, Aurelio Silvestri e Giuseppe Galli: un anno sei mesi con i benefici di legge. Il pm Giuseppe Giuffrida, che aveva parlato di "arroganza del potere", aveva chiesto pene addirittura maggiori.

Secondo la requisitoria, i due politici avrebbero compiuto una serie di falsi, d’intesa con l’architetto comunale Calogero Saladino, processato poi nel novembre, per favorire l’azienda privata. Lo scandalo degli alloggi d’ oro iniziò nel 1985, quando il Comune di Cremona venne inserito tra quelli ad alta tensione abitativa. Al capoluogo furono assegnati oltre tre miliardi per l’acquisto di alloggi da destinare agli sfrattati. La legge 118 imponeva scadenze strette per l’utilizzazione dei fondi e consentiva di pagare gli immobili con riferimento non al loro valore venale, ma al prezzo convenzionale determinato in base alle norme sull’equo canone. L’amministrazione comunale di allora propose di comperare una sessantina di case distribuite in sette edifici. Lo “scandalo “scoppiò su tre di queste costruzioni, tra cui quella di via Alfeno Varo: si scoprì infatti che i proprietari originari avevano venduto le case alla ditta Galli e Silvestri soltanto il giorno prima della seduta chiave del consiglio. Dunque, l’amministrazione aveva condotto la trattativa, fino alla fase conclusiva del dibattito pubblico, con persone che non erano ancora titolari a pieno titolo degli appartamenti. Gli atti di compravendita, confrontati, evidenziarono che la somma pagata dall’impresa acquirente era modesta rispetto al prezzo per il quale si era già impegnato il Comune. Anche il capitolato d’oneri era modesto, non tale da giustificare il plusvalore di circa mezzo miliardo. Due anni più tardi, non più l’assessore Carletti, relatore della prima delibera d’acquisto, ma l’allora sindaco Zaffanella portò in consiglio la proposta di trasformare in abitazioni i garage al piano terreno di un altro edificio di piazza Vida. L’atto fu approvato all’unanimità , ma pochi mesi dopo si scoprì che questa superficie, acquistata dal Comune come "box", era invece indicata come "appartamenti" nei documenti spediti a Roma per ottenere il finanziamento statale. Finalmente nel 1996 la vicenda giudiziaria si chiuse definitivamente con la sentenza assolutoria in appello.

Nella foto il sindaco Zaffanella con un giovane Gianluca Vialli

Fabrizio Loffi


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