Un viaggio nell'antica spezieria del convento dei Cappuccini nel 64° volume degli Annali della Biblioteca Statale di Cremona curato da Fabrizio Loffi
Sabato 16 dicembre, alle 10.30, presso la sala conferenze “Virginia Carini Dainotti” della Biblioteca Statale di Cremona verrà presentato il numero 64 degli “Annali della Biblioteca Statale e Libreria Civica di Cremona”. Quest'anno, la storica collana curata dalla Biblioteca ospita un volume monografico dal titolo “Erbe e alambicchi in convento, un ricettario farmaceutico cremonese del XVII secolo”, uno studio approfondito di Fabrizio Loffi, storico e giornalista di “CremonaSera”, basato su un testo del prezioso patrimonio bibliografico dell’istituto, il manoscritto civ. AA.5.53. La presentazione sarà impreziosita dalla prefazione a cura del dottor Alberto Leggeri e dal contributo della naturalista e docente alla facoltà di agraria di Piacenza Maria Cristina Bertonazzi.
Durante l'evento, il volume sarà distribuito gratuitamente, offrendo ai partecipanti l'opportunità di immergersi nella ricchezza storica e culturale legata alle erbe e agli alambicchi nel contesto farmaceutico cremonese del XVII secolo. Il Ricettario farmaceutico ad uso del Padre Marco da Cremona sacerdote capuccino è infatti un manoscritto cartaceo del XVII secolo appartenente alla collezione del medico Francesco Robolotti, conservato nel reparto manoscritti della Biblioteca statale di Cremona. Non abbiamo notizie precise di padre Marco da Cremona. Si sa che fa la professione religiosa a Cremona il 7 settembre 1641 e, nel corso dell'inchiesta del 1650, è indicata la sua presenza a Milano nel convento di Santa Maria dell'Immacolata Concezione nel borgo di Porta Orientale, a poca distanza dal Lazzaretto dove, vent'anni prima, aveva prestato la sua opera il manzoniano Padre Cristoforo da Cremona. In un manoscritto conservato nella biblioteca dell'Archivio Provinciale dei Cappuccini lombardi di Milano, nel 1657 padre Marco è indicato come guardiano del convento di Chiavenna.
Fra Marco da Cremona compila il proprio ricettario farmaceutico personale tra il 1641 ed il 1657 attingendo sia all'esperienza maturata nel convento dei Padri Cappuccini, che ai principali testi farmacologici del suo tempo ed alla farmacia popolare. Fra Marco, che nel proprio convento svolge il compito dello speziale, utilizza circa 350 erbe per la preparazione sia di farmaci officinali, confezionati nel proprio laboratorio, che farmaci magistrali, realizzati su precisa ordinazione medica, derivati in gran parte dalle farmacopee esistenti dove, accanto ad antichi rimedi come la teriaca, o l'unguento degli apostoli, compaiono nuovi semplici importati dal Nuovo Mondo come il legno di guaiaco (o legno santo) o minerali come l'antimonio, già conosciuto nell'antichità, e il mercurio, entrambi introdotti come terapia da Paracelso, il primo come emetico-purgativo, il secondo nel trattamento della sifilide.
Fra Marco mostra di fare uso di tutti i nuovi strumenti che ha a disposizione, tra cui vasi, boccali, bilance, spatole, mortai e torchi; conosce la metodica di preparazione dei prodotti e sa pestare, lavare, infondere, cuocere, distillare e comporre bene ogni erba, di cui valuta il periodo di giusta maturazione e il tempo della raccolta, il giusto essiccamento e i metodi di conservazione. Si tratta di operazioni estremamente importanti, perchè le proprietà medicinali dei vegetali potevano cambiare se la raccolta fosse stata effettuata nel periodo non idoneo o se la conservazione e l’operazione di essiccamento non fossero state eseguite rispettando determinati canoni. Nel ricettario di Fra Marco accanto a rimedi che utilizzano in gran parte ancora sostanze vegetali manipolate, secondo i formulari della spezieria, compaiono anche minerali e droghe selezionate secondo i loro principi attivi, distillate con alambicchi, che precedono la chimica farmaceutica moderna, tipiche della spagiria derivante dal pensiero paracelsano. Ma anche elementi che a noi moderni suscitano ribrezzo come l'uso della polvere di mummia e del cranio umano. La prima era ritenuta efficace contro un gran numero di malanni fra cui: ascessi, eruzioni cutanee, fratture, contusioni, paralisi, emicranie, epilessia, emottisi, tosse, palpitazioni, mal di gola, nausea, dolori di stomaco, disordini di fegato e milza, ulcere gastriche e ogni sorta di veleno. Il cranio umano, invece, era utilizzato per la cura della peste. Potremmo anche noi, uomini e donne moderni, fare lo stesso uso delle erbe descritto da fra Marco per curarci in modo naturale? si chiede l’autore. Probabilmente no, anzi risulterebbe dannoso. I dosaggi e l’utilizzo delle erbe spiegati del Ricettario farmaceutico, sono infatti adatti a curare patologie e disturbi di quel tempo, le erbe officinali contengono probabilmente principi attivi in concentrazioni differenti dalle attuali e sono cambiati anche i destinatari dei medicamenti, dotati di anticorpi diversi dai nostri. Il prontuario di ricette di fra Marco costituisce tuttavia un documento interessantissimo ed unico per capire quali fossero le patologie più diffuse del tempo, il modo utilizzato nel curarle e scoprirne le cause, con l’ausilio anche delle prime autopsie eseguite in condizioni di semiclandestinità nelle segrete stanze dei conventi.
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commenti
Anna Maramotti Politi
5 dicembre 2023 17:51
Uno studio di grandissimo interesse curato con altrettanta precusione metodologica consente di capire il significato e l'importanza del convento nella nostra Città
Piera Lanzi Dacquati
12 febbraio 2024 17:10
Avrei tanto voluto presenziare alla presentazione della pubblicazione, ma...mi è sempre più difficile spostarmi. Speravo di poterne comperare presso la biblioteca, mandando mia figlia, ma...non ce ne sono più!
Come posso recuperarne una copia, visto che l'argomento mi interessa molto?
Grazie di tutto Piera Lanzi Dacquati