Vini Ferrari, febbraio '67 la "tempesta perfetta" per far chiudere le cantine di Dosimo. Era già tutto deciso: 55 anni dopo ecco i documenti
Una storia di affari e politica. Così nel febbraio del '67, 55 anni fa, si decise a tavolino di mettere fine all'espansione della Vini Ferrari, quella azienda nata a Dosimo e cresciuta tanto da determinare, con l'invidia degli altri produttori del settore, perfino il prezzo del vino alla borsa di Milano.
“Lasciate passare ancora qualche anno, poi andate ad Ascoli e studiate le carte del processo. Capirete tutto”. Così l'avvocato Lionello Tirindelli – difensore del commendator Bruno Ferrari e dell'azienda nel processo – disse un giorno a me giovane cronista e a Gian Curtani, nerista principe di Cremona, mentre prendavamo un caffè al Negresco a metà degli anni Ottanta.
Carte del processo, interrogazioni parlamentari, verbali di assemblee sindacali, le note dei sindacalisti, gli incontri con i parlamentari cremonesi a Roma, documenti degli enti di previdenza, istanze ministeriali, mozioni del consiglio comunale di Persico o dell'Amministrazione Provinciale, ritagli di giornali, fotografie. Adesso c'è tutto. Documenti alla mano, a distanza di oltre mezzo secolo le cose sono oggi più chiare.
Si trattò di un processo mai finito, lasciato dormire per 25 anni per intoppi vari sanato poi con l'amnistia, come dichiarò nel al Senato nel 1988 (21 anni dopo il caso) il ministro alla Giustiza Vassalli rispondendo a una interrogazione dei radicali Spadaccia, Corleone, Strilk Lievers e Boato. Tangentopoli doveva ancora esplodere ma la commistione tra politica e affari era già molto stretta nei palazzi romani. Bastava far uscire le notizie di una inchiesta, montare un caso giornalistico e il gioco era fatto. Il più pericoloso dei concorrenti sul mercato era fuori gioco.
Le Cantine Ferrari erano un'azienda cremonese al 100% con sede a Persico Dosimo appena fuori città. L'Italia uscita dal secondo conflitto mondiale si risollevò velocementre dalle rovine della guerra con il passaggio rapido dalla società contadina a quella industriale. Protagonisti del "miracolo Italia" furono molti imprenditori che, impersonando il sogno di molti italiani, seppero costruire imperi dal nulla. Tra questi il commendator Bruno Ferrari che in quindici anni passò dalla vendita del vino con un carretto trainato da un cavallo all'azienda vinicola più moderna d'Italia, forse d'Europa.
Le Cantine Ferrari furono fondate a Dosimo nel 1927. Bruno Ferrari, classi 1903 figlio di Giovanni seguace delle idee socialiste di Bissolati e Adele Biazzi, uomo di media statura ma con un carattere indomito, iniziò aiutando il padre nel commercio di uva, granaglie e prodotti della bachicoltura. Poco prima dello scoppio della guerra Bruno iniziò a dedicarsi maggiormente al commercio di uve e vini, così alle porte di Dosimo fece nascere una grande cantina pur essendo il nostro territorio quasi privo di vigneti. Alla Prima Fiera internazionale di Cremona, nel 1946, Ferrari colse un grande successo e in pochi anni il vino Ferrari diventa protagonista alle fiere di Milano, Parigi, Bruxelles, Monaco. Quanto prodotto a Dosimo non basta più, così Ferrari apre centri di produzione a Canelli in Piemonte, a Lazise sul Lago di Garda, in Toscana, a Pontassieve e persino a Scafati in provincia di Salerno. I camion a strisce rossonere trasportavano il vino Ferrari in ogni parte d'Italia. I dipendenti sono più di mille, 470 solo a Dosimo. Lo stabilimento è visitato dal compiaciuto ministro socialdemocratico Luigi Preti e subito dopo, tutti i mezzi (quasi un centinaio) vengono benedetti in piazza Duomo dall'allora vescovo Bolognini. Ad aumentare il successo del vino Ferrari negli anni Sessanta alcuni riusciti spot a Carosello che hanno creatro l'immaginario collettivo degli italiani sul vino provenienti "dalle colline di Dosimo" anzichè dalla nostra piattissima pianura padana. E poi lo sketch di Gustavino Buttalacqua disegnato da Sandro Costa, poi sostituito da attori in carne ed ossa come Carlo Campanini e il suo "briscola che vino".
La Vini Ferrari era il numero uno in Italia, stabiliva perfino il prezzo del vino alla Borsa di Milano. A Carosello passava lo slogan "Vino genuino di grande qualità". Intanto nel dicembre 1966 il settimanale televisivo TV7 mandava in onda un servizio sulle "dilaganti frodi del vino" e sui controlli dei carabinieri del NAS in 37 cantine italiane che erano risultate non in regola con le disposizioni della legge. Nel servizio si diceva che un terzo del vino prodotto in Italia era adulterato se non artificiale addirittura. Così all'inizio di febbraio del 1967 la procura di Ascoli piceno diede avvio alle prime indagini. Nel mirino finì una piccola cantina del Piceno in rapporti con le cantine Ferrari. L'indagine in pochi giorni si estese a macchia d'olio. Gli inquirenti arrivarono anche a Dosimo con analisi e perquisizioni. Il ministero della Sanità emanò comunicati che sapevano già di condanna verso la cantina cremonese che finirono in tv e sui giornali facendo sembrare i prodotti della Ferrari alla stregua di veleno. Una nave cisterna carica di vino venne bloccata nel porto di Genova. Il figlio di Bruno, Giuseppe, finì per breve tempo in carcere ad Ascoli. I venditori del vino Ferrari erano insultati e minacciati, i rivenditori nascondevano il vino. Per l'azienda cremonese era il tracollo. I sindacati credevano però che tutto sarebbe finito in fretta e chiedevano - lo testimoniano alcuni verbali di assemblee alla Camera del Lavoro - di inquadrare i lavoratori nell'industria in vista della ripresa. Ma i giornalisti dell'epoca si scatenarono in una sfida su quale fosse l'intruglio più stravagante contenuto nei vini Ferrari. Ogni additivo, anche legittimo, fu oggetto di sospetto e allarmismo. Vino allo zucchero, al sangue di bue, miscuglio chimico. L'Espresso chiamò lo stabilimento di Dosimo "Le cantine di Al Capone".
Chi ha vissuto quei giorni racconta che le modalità con cui si susseguirono gli eventi sembravano un copione scritto in precedenza. Il dottor Martino Manfredi, medico chirurgo democristiano prestato alla politica, parlò subito di una "deprecabile campagna pubblicitaria ai danni dell'azienda". Le cantine Ferrari, leader del settore, erano le vittime designate. Molto si discusse sul ministro della Sanità dell'epoca (il ministro socialista Luigi Mariotti) che con grande fretta emise bollettini di condanna prima del responso delle analisi e che poi rifiutò di incontrare una delegazione di lavoratori arrivata a Roma per sottoporre il problema delle centinaia di famiglie dei lavoratori della casa vinicola. Probabilmente il ministro voleva dimostrare efficienza nel reprimere le frodi nel settore vinicolo impartendo una lezione alla azienda più nota come monito all'intero comparto. Nei palazzi romani circolava forte il sospetto di pressioni di altri produttori per fermare l'espansione di Ferrari. La scarsa frequentazione dell'ambiente politico dei Ferrari potrebbe essere stata fatale in un'epoca in cui gli intrecci tra affari e politica si stavano facendo sempre più stretti.
La produzione di vino cessò improvvisamente, i dipendenti vennero licenziati. L'impatto sul territorio fu fortissimo. Basta leggere le delibere del consiglio comunale di Persico o dare un'occhiata allo sterminato elenco dei dipendenti sostenuti dalla Cgil durante la vicenda. Pagine e pagine di nomi: giovani e padri di famiglia che arrivavano da Persico, Cremona, Cicognolo, Grontardo, Vescovato.
Il primo agosto del 1968 gli ultimi operai ricevettero la liquidazione. In poco più di un anno le Cantine Ferrari avevano cessato di esistere. Cancellate per sempre.
(documenti dall'archivio della Cgil, dalla Camera dei Deputati, archivio Faliva, dall'archivio "La Cronaca" e di Fabrizio Superti)
Ecco le foto Faliva con il "trionfo" dei vini Ferrari in piazza Duomo, la benedizione dei mezzi con il vescovo Bolognini prima di partire per l'Italia, la sfilata per Cremona, la visita del ministro Preti allo stabilimento, l'Espresso con cui si parlava di "Cantine di Al Capone, e l'interrogazione dei radicali in Parlamento a vent'anni dallo scandalo
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commenti
Desii
10 febbraio 2022 13:21
Ah, le famose colline del Dosimo...
Sesso
11 febbraio 2022 08:26
Ero giovane ma mo ricordo molto bene di questa triste storia.
Ma non ho mai capito se veramente il vino Ferrari era più adulterato degli altri.
Grazie per l'articolo molto interessante.
Buongiorno
leonardo paradiso
19 marzo 2023 20:14
vino e olio ormai non esistono più