Wembley 27 marzo 1993, "ghe seri 'an me" con i grigiorossi che fecero l'impresa. Oggi è il 30° anniversario
Trent'anni fa la grande impresa della Cremonese, il punto più alto mai raggiunto: la conquista del Trofeo Anglo-Italiano. Era il 27 marzo 1993. Quindici anni dopo il giornalista Angelo Galimberti raccontò su "La Cronaca" la storia di quella trasferta, di quella partita, dei 1200 cremonesi in trasferta a Londra. Un racconto emozionante con tanta gente che non c'è più. Lo riproponiamo oggi.
Wembley, 27 marzo 1993, il punto più alto toccato (per ora) dall’U.S.C, che solo qualche giorno prima (il 24) aveva compiuto novant’anni (e c’era una sciarpa “Go Europe for your birth- day”).
Volevamo esserci tutti ma, come recitava uno striscione, “il nostro orgoglio dipende dal nostro portafoglio”; siamo partiti comunque in tanti, c’è chi dice ottocento chi milleduecento: facciamo mille, che è più epico. Destinazione Empire Stadium, mitico impianto costruito nel 1923 e demolito (sic!) nel 2003 per far posto all’avveniristica nuova costruzione inaugurata l’anno passato, per giocarci con il Derby County la finale del Torneo Anglo-Italiano.
Per la terza volta la Cremonese si iscrive al torneo e, dopo due eliminazioni negli anni ’70, stavolta arriva sino in fondo: otto gol di Florijancic la spingono a Wembley dopo una strana doppia semifinale con il Bari (2 a 2 in rimonta al San Nicola dopo il 4 a 1 dell’andata).
“Londra... stiamo arrivando!” Mancano quaranta giorni alla finale, ma i preparativi sono febbrili: la Cremonese ha seicento biglietti da distribuire presso la sua Segreteria mentre i club cominciano ad attivarsi. Giordano Nobile dell’omonima Agenzia Viaggi ricorda: “Ho sistemato la squadra su un aereo con partenza da Linate, i dirigenti e gli “intimi” sempre da Milano mentre due gruppi di tifosi si sono imbarcati a Verona e Torino, per un totale di circa duecento persone”.
Il Presidente Luzzara non c’è: saggiamente rinuncia ad un surplus di stress emotivo che potrebbe nuocere al suo cuore bizzarro e passa il testimone del comando della delegazione grigiorossa a Giuseppe Miglioli, che può unire alla sua solita verve e simpatia una enorme razione d’orgoglio. Vito Raina e la fida Graziella del Club Luzzara si affidano alla Padus Viaggi che traghetta a Londra oltre un centinaio di concittadini depositandoli al Kensigton Palace, “proprio di fronte alla residenza di Lady Diana”.
E gli Ultras? C’erano, eccome! Con l’aiuto di Gigi, Andrea e Paola del C.T.S., partono per Londra circa duecentocinquanta tifosi, con partenze scaglionate dal giovedì al sabato da Bergamo, Venezia e Genova sotto l’egida di “Pacio”: “Ero pratico di Londra: ci andavo spesso per l’accoppiata calcio & birra (seguivo il West Ham); a parte il risultato della finale, due sono state le grandi soddisfazioni della spedizione: aver portato 60 persone all’Hilton a prezzi stracciati e aver accontentato “Zeppelin” (che dal dicembre 2005 segue la Cremo da lassù) procurandogli una carta d’imbarco con il suo nome di battaglia. Il problema maggiore di quella trasferta sono state le comunicazioni: biso- gnava gestire vari gruppi in tempi diversi senza l’ausilio dei cellulari! Il Bar Biffi, sede dei “Sanitarium” (gruppo che per qualche anno ha riunito sotto un solo nome tutti gli Ultras della Sud) fungeva da ponte radio per poter accogliere e guidare tutti a destinazione, ma che fatica!”.
Il grosso dei tifosi arriva fra giovedì 25 e venerdì 26: shopping da Harrods, il Big Ben, Trafalgar, Piccadilly, il cambio delle guardie a cavallo sul Mall, lo Sherlock Holmes, Buckingham Palace, insomma il tradizionale giro del centro londinese. Qualcuno si spinge a trovare la squadra al London Metropole Hotel, il Club Luzzara si spinge a Portobello e in un caratteristico locale sotto Westminster Bridge, dove due cremonesi vengono incoronati “the Queen & the King” della serata. I “Mai Fiack” di Levata rischiano di farsi confiscare lo striscione da un “bobby” a Windsor mentre Giordano Nobile, che è anche dirigente del Corona, cena con alcuni cremonesi in un ristorante italiano dalle parti di Trafalgar Square gestito da un piacentino che sponsorizza una squadra di cal- cio amatoriale e riconosce i fratelli Carlo e Marco Antonioli, trasferitisi da Cristo Re alla City qualche anno prima, in una foto della formazione appesa a una parete della sala. Arriva sabato, il giorno del match: si gioca alle 13.30. “Pacio” ha un problema: un gruppo che doveva partire il giorno stesso da Genova era stato rimbalzato in pullman a Bergamo per le avverse condizioni meteorologiche e avrebbe mancato il rendez-vous fissato per le undici a Piccadilly; fortunatamente arriveranno lo stesso, stanchi e a digiuno, giusto per l’ora della partita. Sul vagone della Jubilee Line che ci porta allo stadio siamo stipati come sardine insieme a decine di tifosi dei Rams che ci cantano a squarciagola, con le loro bocche a due dita dal nostro naso: “Ui ar’ goin’ tu Uembelì”, come se non l’avessimo capito...
Arriviamo giusto in tempo per la partita: settore 141 dell’enorme curva praticamente vuota, tutta rossa con il seggiolini blu e bianchi che disegnano l’enorme scritta Wembley; la piccola macchia grigiorossa è assiepata sotto la Ipsilon, mentre il resto dello stadio ospita i trentamila vocianti tifosi del Derby: uno su sette abitanti della città delle Midlands. Perdiamo la banda e le presentazioni ufficiali in campo e si comincia subito: Verdelli, subito in gol su corner, Gabbiadini pareggia immediatamente di testa, Nicolini si fa parare un rigore calciato nell’assordante “Uuuuuuhhhhh....” di Wembley. La difesa del Derby è inguardabile e la Cremo la taglia in continuazione come fosse burro, ma Tentoni e Florijancic sbagliano gol in quantità industriale, Gualco e Gabbiadini fanno scintille, il primo tempo finisce pari ma Simoni è tranquillo; ad inizio ripresa, Tentoni lucra un rigore che Maspero trasforma: non ce n’è più per nessuno, Flore si mangia un clamoroso gol fatto e Nicolini coglie un palo; i Rams combattono e “ i pica ‘ma caretéer” ma Tentoni li stende definitivamente con un rasoterra mancino dopo l’ennesima volata solitaria: “Gooooooooool....”, con Andrea che continua la sua corsa sin sotto lo spicchio di curva impazzita; poi esce per la standing ovation che accomuna il suo sostituto, Mario Montorfano, che proprio nel torneo Anglo-Italiano aveva esordito in grigiorosso 14 anni prima. Finisce 3 a 1, come qualche mese prima al Baseball Ground di Derby, ma non è la stessa cosa!
La Cremonese è la seconda squadra italiana di sempre a vincere una Coppa a Wembley: Verdelli sale la scaletta (come Cesare Maldini nel ’63 e Bobby Moore nel’66) che porta “al palco dei Principi del Presidente d’Inghilterra” dirà l’emozionatissimo capitano nelle interviste del dopo-gara ed alza al cielo la Coppa poi è festa grande sempre lì, sotto la “Y”.
Si torna in centro, dove sul tabellone luminoso di Piccadilly compare il risultato della partita, per il tour classico della città al secondo piano scoperto del Bus della Sightseeing Tour malgrado un’aria gelida che toglie il respiro. Miglioli dorme con la Coppa e la riporta a Cremona fra le braccia di Luzzara senza abbandonarla un attimo e, come “diceva” quella maglietta, “27-3-1993: a Wembley, ghe seri an’ me!”.
Nelle foto la cartolina ricordo di Wembley (di Franco Bozzo), i tifosi cremonesi sotto la Y (con lo striscione "Cremona a Wembley, Piacenza al Trebbia") e Maspero e Giandebiaggi che alzano la Coppa. Poi nella foto di Giuseppe Muchetti la festa a Cremona con il presidente Domenico Luzzara
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commenti
Lauri
27 marzo 2023 10:25
Grande emozione,nn c'ero ma c'ero ❤️
Paolo
27 marzo 2023 13:16
noi partimmo con un gruppo organizzato da Guindani Viaggi, io abitando, purtroppo tutt'ora a Milano, a Linate incontrai la squadra, non capivo più niente, salutai Dezotti, con "viva los malvinas".
In attesa che arrivasse il pulmann dei miei amici da Cremona, erano passati da Lodi a prendere i genitori ed il fratello di Maspero. Non mi dimenticherò mai quella partita, ancora adesso mi viene il magone a pensarci, come finì...una gioia indescrivibile
ennio serventi
27 marzo 2023 13:30
Buongiorno, Vorrei chiedere gentilmente ai signori Pietro Pagliari, Marco Ghidetti, Mauro Merini, oltre alla associazione comunemente firmatarie di un precedente articolo , se sono certi che l'Osteria Varesina si trovasse proprio nel luogo dove è stata messa la targa commemorativa della data di fondazione delle USC, se si quale memoria o documentazione hanno potuto consultare a certo sostegno di quanto, con sicurezza,affermato. Grazie
Fraterni saluti.