Ma i sindaci che ci hanno vincolato al teleriscaldamento, hanno fatto l'interesse dei cittadini?
Dopo l’indagine conoscitiva che l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente aveva effettuato lo scorso novembre sui costi ed i prezzi del teleriscaldamento risultati eccessivi, anche l’antitrust non ci ha visto chiaro ed ha deciso di aprire un'istruttoria per verificare se A2A ed IREN abbiamo o meno tratto extra-guadagni non giustificati dalla tariffazione del teleriscaldamento. Le conclusioni di entrambe le autorità lasciano poco spazio alle repliche. Tra le varie considerazioni di Arera si legge che “i prezzi del servizio di teleriscaldamento sembrano in genere superiori al costo evitato di una caldaia a gas, che dovrebbe invece rappresentare il prezzo massimo applicabile”. Gli fa eco oggi l’antitrust che decide di avviare una indagine preliminare che dovrà rispondere ad una semplice domanda: i gestori hanno adoperato pratiche scorrette di prezzatura che hanno comportato degli extra-guadagni indebiti? In caso di storture verificate i cittadini/utenti verranno rimborsati? Quel che è certo è che da entrambe le relazioni risulta evidente che una vera e propria politica "cost reflective", ovvero una tariffazione in grado di garantire ‘equità dei prezzi’ e ‘trasferire parte dei benefici agli utenti’ con positive ricadute economiche e sociali non sia ancora attuata nè tantomeno si è lavorato per garantire maggiore chiarezza sulle tariffe tanto è vero che si può anche leggere che “la principale criticità è legata alla difficoltà per l’utente di comparare i prezzi del servizio con il prezzo di servizi di climatizzazione alternativi”.
Per anni ci è stato raccontato che con il teleriscaldamento si risparmia, che con la componente di termovalorizzazione degli inceneritori, per i cittadini, sarebbe stata una pacchia. Oggi, al contrario, scopriamo che chi ha utilizzato una classica caldaia a condensazione ha pagato meno. I numeri dimostrano che per anni le scelte politiche hanno foraggiato con fondi pubblici un sistema non conveniente e oneroso, e soprattutto non si sono messi in atto gli strumenti di controllo e trasparenza adeguati a garantire l’interesse degli utenti. Superata l’emergenza rifiuti ci hanno raccontato che gli inceneritori andavano tenuti in vita perché l’incenerimento ci garantiva calore ecologico ed economico. Ci hanno riempito di rifiuti provenienti da fuori Regione e hanno costretto i cittadini a subire disagi per creare calore, con il risultato di pagare bollette più alte. Dopo anni, i partiti e gli amministratori che hanno sostenuto queste pratiche sono stati sbugiardati, e quel che peggio, davanti ad ipotesi così gravi sollevate da Arera e dall’Antitrust se ne stanno zitti zitti. Come minimo, un amministratore pubblico che ha veramente a cuore la difesa del bene pubblico, avrebbe dovuto convocare immediatamente la dirigenza delle aziende fornitrici del servizio per chiedere immediata chiarezza e allontanare ogni ombra e nel caso mettere già sul tavolo la possibilità di cambiare gestore.
Peccato che qualcuno, dopo essersi legato le mani, cedendo gli asset strategici nella famosa operazione A2A/LGH, ora abbia deciso anche di mettersi anche un cerotto sulla bocca.
I soliti detrattori delle istanze ambientaliste sono soliti evocare la sindrome Nimby, ogni qualvolta venga messa in dubbio la realizzazione di un impianto impattante, quindi mi sarà oggi concesso, davanti a questo rumoroso silenzio, di parlare della sindrome dell’ostaggio da parte di molti amministratori pubblici, sempre pronti ad elogiare e rispondere signorsì ad ogni progetto proveniente dalle multiutility. Tanto è vero che fino a quando non verranno sciolti i dubbi e le domande sulla condotta di A2a, non capisco come il Comune di Cremona possa essere così tranquillo davanti al progetto del biometano promosso dalla stessa società. Insomma, anche se non vi fidate di quello che dicono i gli ambientalisti, o quelli che vengono identificati come il “partito del no”, per lo meno fidatevi quando le stesse cose le dice un’Autorità nazionale e chiedetevi per esempio: è giusto tenere ancora in vita l’inceneritore di Cremona? Perchè la maggioranza che governa Cremona continua a sostenere in modo acritico il progetto biometano? È normale ragionare in termini di raddoppio del teleriscaldamento di Crema? O spendere soldi pubblici per acquistare l’inceneritore di Trezzo d’Adda ? O ancora, quei sindaci che ci hanno vincolati al teleriscaldamento hanno fatto veramente gli interessi di noi cittadini?”
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