16 giugno 2024

Aspettando il Tour a Piacenza: Pierino Baffi per 6 volte al Tour e quella vittoria solitaria entrata nella storia della "Grande Boucle"

Lunedì 1° luglio Piacenza ospiterà la partenza della terza tappa del Tour de France 2024, tappa pianeggiante fino a Torino. Cesare Castellani, in attesa dell'evento sta ripercorrendo la storia dei corridori cremonesi che hanno partecipato al tour. Dopo Tano Belloni (leggi qui) è ora la volta di Pierino Baffi.
 
Tra i tanti cremonesi che hanno preso parte al Tour, Pierino Baffi è senza dubbio quello che più di ogni altro ha lasciato il segno nella corsa francese: sei partecipazioni e sei volte arrivato al traguardo di Parigi vincendo tra l'altro in una drammatica volata anche la tappa finale a Parigi nel 1958.
Nato a Vailate il 15 settembre del 1930 (curiosamente lo stesso giorno di Fausto Coppi), Pierino ha iniziato a gareggiare coi colori della Unione Ciclistica
Cremasca: già da dilettante s'era accaparrato, grazie al suo spunto veloce, una belle serie di vittorie, ma purtroppo nessuna classica che lo potesse segnalare all'attenzione dei tecnici delle squadre nazionali: possedeva, oltre alle evidenti doti di velocista, anche una netta propensione ad attaccare sempre, sostenuto com'era, da una prestanza fisica che gli consentiva di reggere a lungo ritmi elevati. Credeva fortemente in stesso e volle tentare la carta del professionismo, da indipendente come si poteva fare allora, senza una squadra che lo sostenesse: una condizione, però, che durò pochissimo, sino al giorno in cui Fiorenzo Magni lo notò in corsa e lo volle immediatamente con sè. Era il 1953 e, alla corte del campione toscano rimase per tre annate, prima di passare con Gastone Nencini.
Gregario, ma gregario di lusso, spesso con licenza di vincere. Capace di ottenere successi di prestigio e di costituire, in ogni istante, il fulcro della formazione, l'uomo di riferimento dell'intera squadra e spesso, non solo in corsa.
Era dotato di uno scatto possente capace di render dura la vita anche ai maggiori velocisti dell'epoca: gente come Poblet, Darrigade, Van Steenbergen, ma anche di imprese solitarie che esaltarono soprattutto il pubblico francese.
 
Proprio il Tour, infatti, era la sua corsa preferita, quella in cui ottenne i maggiori successi. Gli piaceva la fatica: facevano per lui le corse più lunghe, più dure, sia che imperversassero il freddo e la pioggia, sia quando il sole sembrava poter sciogliere l'asfalto. Allora si esaltava ed era capace di compiere imprese passate alla storia, come quella di Bordeaux nel 1957, quando se ne andò in fuga poco dopo la partenza e giunse al traguardo con 21'48" di vantaggio sul gruppo regolato dal velocista francese Andre Darrigade (Campione del mondo nel 1959). Darrigade, che era nato nei pressi di Bordeaux, aveva sognato quel traguardo fin da ragazzo che sembrava stregato per la sua ruota. Fece il possibile per spronare il gruppo all'inseguimento, ma alla fine fu costretto ad inchinarsi.
«E' la prima volta che faccio un elogio al vincitore - disse dopo l'arrivo - perché vi assicuro che non siamo andati a spasso».
In effetti, Pierino aveva percorso, in fuga, oltre 130 chilometri alla media dei 39 orari, una delle imprese che ancora sono nella storia del Tour. Da quel giorno trascorsero sette anni perché Darrigade riuscisse ad imporsi a Bordeaux. Era la 22ª tappa del Tour e fu la sua ultima vittoria in carriera.
Andando indietro nel tempo, ai primordi del Tour, esattamente il 18 luglio 1896 il francese René Pottier (che quella corsa avrebbe vinto) s'era imposto nella terza tappa, Nancy-Digione con 47'52"di vantaggio sul connazionale George Passerier e oggi rimane ancora imbattuto quel primato, ma erano tempi da pionieri, quando le tappe misuravano anche 400 chilometri e si stava in sella per intere giornate.
Se si guarda, invece, ai tempi moderni, il record appartiene allo spagnolo Josè Louis Viejo che il 7 luglio 1986 vinse la Monginevro-Manosque staccando l'olandese Gerben Karstens di ben 22'50".
Baffi in quel 17 luglio del 1957 gli andò molto vicino percorrendo ben 130 dei 194 chilometri che prevedeva la frazione, in tutta solitudine
Il Tour, dunque, fu il grande teatro di Pierino. Allora lo si correva con squadre nazionali e vi approdò per la prima volta nel 1957, ma subito con grande impatto. Alfredo Binda, Commissario Tecnico della nazionale, lo aveva notato in un paio di tappe al Giro d'Italia e gli spalancò le porte della squadra azzurra.
Pierino lo ricompensò con una condotta di gara generosissima. Era deputato al servizio di Gastone Nencini, ma appena ebbe un attimo di libertà dai suoi compiti di gregariato, andò a vincere in volata l'8ª tappa, la Colmar-Besancon.
Dieci giorni dopo, compì quel capolavoro che tutti in Francia ancora ricordano andando solo da Pau a Bordeaux.
 
Il 1958 fu la sua migliore annata stabilendo un vero record che solo due ruote veloci come Miguel Poblet e Alessandro Petacchi trent'anni dopo, hanno saputo eguagliare, quello di vincere almeno una tappa in ognuna delle tre grandi corse europee: Vuelta, Tour e Giro, in una sola stagione.
Al Giro fu sua la tappa di San Benedetto del Tronto; in Spagna primo nella Pamplona - Saragozza e nella Santander Gijon, ma esplose letteralmente al Tour con tre successi di tappa tutti da ricordare nella storia della Grand Boucle.
A Beziers, ove l'arrivo si disputava su una pista in terra battuta difficilissima da interpretare, si presentò al traguardo insieme al francese Dacquay. Appena iniziato lo sprint a due, il francese cadde malamente e il pubblico fischiò il successo di Pierino, fino a quando il francese ripresosi, dichiarò al pubblico di esser caduto da solo.
Una settimana più tardi, a Royan affrontò il viale d'arrivo in compagnia di altri 18 corridori e non ebbe difficoltà a regolare tutti in volata, ma il suo capolavoro fu nell'ultima tappa, quella che si concludeva al Parco dei Principi. Era la più lunga del Tour, 330 chilometri e Pierino, che aveva fino a quel momento scortato Favero, secondo in classifica alle spalle di Charly Gaul, colse il suo terzo trionfo in quel Tour. E tutti  sanno quanto valga per i francesi vincere l'ultima tappa del Giro di Francia.
Fu una volata drammatica, una specie di resa dei conti tra lui e, ancora una volta Darrigade. Pierino ebbe anche fortuna: riuscì miracolosamente a schivare il francese nel momento incui questi investiva a pochi metri dal traguardo il direttore di corsa che si era sporto sulla pista e che non sopravvisse all'impatto.
Pierino chiuse la carriera agonistica dopo il Giro d'Italia del 1965, il suo undicesimo consecutivo . La prima tappa al Giro l'aveva vinta nel 1956, la Milano-Alessandria arrivando al traguardo insieme a Gianni Ferlenghi, amico ed avversario da sempre, indossando anche per un paio di giorni la maglia rosa.
Al Tour de France si presentò per sei volte senza un solo ritiro e la maglia azzurra, la indossò, oltre che al Tour, in tre campionati del mondo: nel '56 a Copenaghen, nel 57 a Waregem, nel '62 a Salò.
Un giudizio su di lui lo diede il suo ultimo direttore sportivo, Luciano Pezzi: «Era una persona pratica, ma di grande generosità. Proprio per questo, ha vinto meno di quello che poteva vincere. Lo ricordo per il suo largo sorriso, non molto frequente e per quei segni di sofferenza provenienti dalla fatica di questo sport, ma anche dalla consapevolezza che la vita non ti regala niente se non meriti».
Giudizio azzeccato perché Pierino ha lasciato un vuoto incolmabile nel ciclismo italiano.
La sua figura di lottatore indomito, la immensa generosità in gara e nella vita, quella capacità di interpretare il ciclismo nel modo più corretto, la passione per addestrare i giovani sopravvenuta dopo il ritiro dalle corse, lo avevano reso una delle persone più amate nel mondo delle due ruote e il suo esempio, seguito dal figlio Adriano e poi anche dai nipoti Stefano e Piero resta un momento fondamentale nella storia del ciclismo cremonese.
Quando chiuse la carriera, agonistica, nel 1955, a 35 anni, poteva vantare un curriculum ricco di ben 64 vittorie, 23 delle quali in tappe delle grandi corse: niente male, a dire il vero, per un corridore che, soprattutto nelle corse a tappe e in Nazionale, aveva sempre avuto compiti di gregariato, anche se, ogni tanto, con licenza di provare a vincere.
Un uomo della sua esperienza, con all'attivo undici partecipazioni al Giro d'Italia, sei al Tour, quattro alla Vuelta e tre Campionati del Mondo, tutti portati a termine, e con la sua passione per lo sport, non poteva mettersi in pantofole, ma pose tutta la sua esperienza a disposizione di alcune formazioni dilettantistiche, ma il destino, purtroppo non gli concesse molto tempo.
A Pierino è dedicato il Velodromo di Crema, quello in cui il figlio Adriano e i nipoti sono cresciuti ed hanno colto importanti vittorie.
 
*Nelle foto Pierino Baffi con la maglia dell'Italia al Tour e con Gastone Nencini e Alfredo Binda. Poi ancora Baffi e la volata, drammatica, di Parigi con Darrigade che viene urtato dal direttore di corsa e morirà in conseguenza delle ferite riportate e Pierino che riesce miracolosamente ad evitare l’impatto andando a vincere. E il trionfo dopo la vittoria in solitaria a Bordeaux dando 21' al secondo
Cesare Castellani


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