Dante e il cremonese esaltato come lingua utile per il linguaggio poetico
E’ spesso capitato, passeggiando di notte, tra le vie silenziose della Cremona medievale di immaginare le voci di chi, in epoca antica ci ha preceduto in questi luoghi. Operazione impossibile a livello sensoriale. Più realizzabile in linea teorica soprattutto se questo percorso, tutto intellettuale, è illuminato dal sommo Dante Alighieri, di cui oggi ricorre il giorno celebrativo. Sembra oramai evidente che il tosco poeta avesse una certa conoscenza di questo nostro antico modo d’esprimersi e non solo solamente a livello teorico. Il ‘cremonese’ come lingua o meglio come ‘nobile volgare’ viene citato per ben due volte nella sua monumentale opera, incompiuta, del De Vulgari Eloquentia (1304 -1307).
Com’e’ noto, Dante si era prefissato di dimostrare come il ‘volgare’ fosse una lingua naturale, appresa direttamente nei primi anni di vita, al contrario del latino: linguaggio considerato artificiale con una grammatica da imparare solo sui libri.
Nel De Vulgari (I – xv, 2), il primo riferimento al cremonese avviene proprio nella citazione dell’opera di un grande poeta che Dante colloca, nel suo viaggio ultramondano, nel Purgatorio (VI) : Sordello da Goito. Trovatore famosissimo ai suoi tempi .“Diciamo allora – scrive Dante - che forse non giudicano male quanti affermano che i Bolognesi parlano la lingua più bella di tutte, dato che essi assumono nel proprio volgare qualche elemento da quanti li circondano, Imolesi, Ferraresi e Modenesi: operazione che a quanto supponiamo compie chiunque nei confronti dei propri vicini, come mostrò Sordello per la sua Mantova, confinante con Cremona, Brescia a Verona: il quale, da quell'uomo di alta eloquenza che era, abbandonò il volgare della sua patria non solo in poesia ma in qualunque forma di espressione”. Per alcuni critici Dante esaltò così l’opera di Sordello per aver unito nell’arte della parola i caratteri della lingua di Mantova con quelle delle lingue delle città confinanti tra cui proprio Cremona. Prima di adottare il provenzale per le sue liriche più famose. Dunque il ‘Cremonese’ esaltato come lingua utile nella costruzione di un linguaggio poetico.
La seconda citazione ( I xix, 1) prende spunto proprio dal volgare di Cremona per dimostrare l’importanza del volgare italiano per la poesia. “Come è possibile trovare un volgare che sia proprio di Cremona, così è possibile trovarne (uno) che è proprio della Lombardia; e come se ne trova uno che è proprio della Lombardia, è possibile trovarne uno che si propria di tutta la parte sinistra dell'Italia; e come è possibile trovare tutti questi, così (si può trovare) anche quello che sia proprio di tutta l'Italia”. Un volgare italiano di cui scrive Dante di cui “si sono serviti i maestri illustri che hanno poetato in lingua volgare in Italia, come i Siciliana, gli Apuli, i Toscani, i Romagnoli, i Lombardi, e gli uomini di entrambe le Marche”.
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