Si è spento a Busseto Giorgio Chiesi, maestro dell'arte contemporanea
L’arte contemporanea italiana ha perso in questi giorni uno dei suoi più illustri esponenti, il maestro Giorgio Chiesi. Proprio questa mattina, martedì 28 dicembre, gli viene tributato l’estremo saluto nella piccola borgata di Sant’Andrea di Busseto, ad un pugno di chilometri da Cremona. Sant’Andrea era il piccolo paese, ai confini tra le province di Parma e Piacenza, in cui il maestro aveva scelto di vivere e di lavorare da quasi trent’anni, in una bella casa di campagna. In una vecchia stalla, di quelle di una volta, aveva realizzato il suo studio e il suo laboratorio: oggi divenuto all’improvviso un luogo della memoria, un museo vero e proprio in cui tutto parla e narra di lui. Artista di origini reggiane, il maestro Chiesi era molto conosciuto (e stimato) anche dal pubblico cremonese.
Nel 2007, nella meravigliosa cornice del cinquecentesco Castello di Soncino, aveva tenuto una importante mostra personale dal titolo “Maschere e Graffiti”. Passeggiando nella rocca tra le sue mura, le torri angolari, i ponti levatoi e il lungo fossato che la circonda, i visitatori in quella occasione erano stati catturati ed estasiati dalle oltre quaranta tele e trenta opere su carta del maestro, caratterizzate tutte dai forti colori e dai fantasiosi soggetti.
Nel 2010 aveva quindi esposto a Cremona, all’Hotel delle Arti, in occasione di Arte Cremona, celebre mostra mercato d’arte moderna e contemporanea. Una vita, la sua, tutta dedicata all’arte, con mezzo secolo di attività intensa che lo ha portato ad esporre nei luoghi di grande interesse artistico ubicati sul territorio nazionale quali la Galleria Bonaparte, Galleria Pace e Galleria Cortina di Milano, Palazzo Barberini, Palazzo Strozzi, Galleria studio 71 di Palermo, Galleria l'Indiano a Firenze, Galleria il Triangolo di Cosenza, Galleria Il traghetto di Venezia, Galleria Arfin Centro d'Arte di Alcamo a Trapani, Palazzo Venezia a Roma, il già citato Castello di Soncino e poi ancora al Palazzo dell’Annunziata a Matera, e molti altre, senza dimenticare la viva partecipazione alla II Biennale città La Spezia, III Biennale regione Sarda, I Salone d'Arte Contemporanea a Palazzo dei Congressi a Roma, Contemporanea Arte Forlì e Arte fiera di Bologna e tante altre. Fin dagli anni Settante era entrato a far parteb del’elite artistica milanese ed italiana; amico di Gianfranco Ferroni, Giuseppe Migneco, Ibrahim Kodra, aveva conosciuto e frequentato tutti gli artisti orbitanti su Milano, come Gianni Dova, Aligi Sassu, Ennio Morlotti, Bruno Cassinari, Ernesto Treccani ma anche quelli orbitanti su Firenze come Antonio Bueno, Vinicio Berti e su Roma come Renzo Vespignani, Ennio Calabria, Franco Mulas e Jose Ortega. La prima personale lo aveva visto protagonista nel 1979 a Firenze, l’ultima nell’ottobre 2020 ad Argenta (Ferrara). Negli anni Settanta , dopo lo studio approfondito di Francis Bacon e Alberto Giacometti, aveva creato le prime figure che urlano. “L’urlo – si legge nella sua biografia e nel catalogo generale delle opere firmato da Francesco Gallo – prosegue anche negli anni ’80, non più con immagini distorte nel dolore ma gridando con la stessa forza, utilizzando il colore, dando alle figure quel tono grigio della morte apparente, non del corpo ma dell’anima e della mente. Passando poi negli anni ’90 ad una pittura con una sorta di ribellione delle cose, dipingendo gli oggetti e le cose di tutti i giorni e di tutte le ore in un’assolutezza formale: oggetti totemici, nuova civiltà del vedere, una pittura fantastica e ludica”. Poi le grosse teste eseguite nel 2000 con gestualità senza ripensamento, vuote da ogni loro pensiero ed instradate da vari divieti e cartelli che indicano loro, senza il loro volere, la strada da seguire, con i soggetti contornati da auto, cellulari e lampade e da tutto ciò che la tecnologia moderna ci propone. “Le figure del maestro Giorgio Chiesi – si legge ancora nella sua biografia e nel catalogo generale curato da Francecso Gallo - sono infatti il segno più libero della pittura – non pittura vista e colta sui muri delle città, nelle gallerie della metropolitana e nelle stazioni ferroviarie, che rielaborata poi dal profondo io dell’artista sfocia in un espressionismo gestuale senza ripensamenti. Proseguendo negli anni 2010, con la ricerca ossessiva del solo colore, con segni, graffi materici, collage, per arrivare ad una essenzialità totale, unica e realistica. Nel 2018 – si legge ancora - da una nuova, improvvisa, svolta al suo linguaggio pittorico: dopo aver compiuto un'opera (con la maestria che ha sviluppato in decenni di carriera) la brucia fino a distruggerne una parte. Dice di farlo perché si è annoiato del mondo dell'arte, delle logiche del mercato, e anche della ripetizione di un linguaggio acquisito. Credo che lo faccia perché è un vero artista”. Infine, nel 2019, il maestro Chiesi è “sbarcato” nel-espressionismo astratto- ripescando dalla sua precedente pittura, segni, macchie e sciabolate di colore. Un vero e proprio protagonista, dunque, dell’arte contemporanea italiana del Novecento, che nella campagna di Busseto, terra di artisti, ha trascorso gli ultimi trent’anni della sua vita distinguendosi non solo per le sue doti artistiche (che lo hanno portato, nel tempo, a realizzare migliaia di opere) ma anche per i suoi valori umani. Un uomo di grande disponibilità, sempre attento e sensibile verso le esigenze di chiunque potesse aver bisogno del suo aiuto, sempre pronto a sostenere gli artisti emergenti, capace di mettere gli altri davanti alla sua stessa persona.
Eremita del Po
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