12 maggio 2023

A Palazzo Te i cremonesi Roberto Pitturazzi e Stefania Mattioli in "DADAPITTUTATÀBAUH"

DADAPITTUTATÀBAUH

Per Roberto Pitturazzi e Stefania Mattioli DADAPITTUTATÀBAUH è un pezzo di vita. È l’epressione di un desiderio, quello di continuare ad essere in contatto con il mondo, nonostante la malattia di Parkinson. Come? Attraverso l’Arte e la rappresentazione grafica dei pensieri e delle parole che nascono dall’immaginazione e dall’esperienza. Una forma di conoscenza per acquisire consapevolezza di sé, della propria condizione in relazione agli altri.

Questo in sintesi è il significato del percorso espositivo fatto dalla riproduzione fotografica di nove opere, allestito nello Spazio Te di Palazzo Te a Mantova, a partire dal 12 maggio 2023.

Le immagini esposte fanno parte di una raccolta di sessanta tele di diverse misure. Realizzate fra il 2018 al 2021 con colori acrilici, matite e pennarelli indelebili, raccontano un immaginario fatto di porti, città aeree, pesci, barche e strade deserte. Una specie di codice cifrato a libera interpretazione connotato da uno stile scarno e minimale.

«Il disegno per Pittu è una seconda lingua, quella che lo ha sempre messo in contatto con il mondo, anche durante i viaggi senza parole, come quando ha attraversato l’India da solo – spiega  Stefania Mattioli coautrice e curatrice del progetto – che aggiunge «Per me è sempre stato il desiderio di essere ciò che sentivo, ma non riuscivo; quando stavo in silenzio, per ore, giorni, mesi».

«Negli ultimi quattro anni – precisa Mattioli - disegnare insieme ha significato arrivare all’essenza, divertirsi con i colori per muoversi stando fermi, per superare il confine domestico e l’isolamento sociale. È servito a dare corpo a quelle sensazioni piccolissime, imponderabili, che possono rivelarsi uno strumento potente di comunicazione perchè, come dice Pittu, «E’ strano come in poche righe si possa riassumere tutto».

Sì, la creatività è un modo di essere e di fare che non ha ostacoli e ti fa volare, soprattutto nei momenti complicati: «anche quando sei costretto a tenere i piedi per terra, la testa può sempre andare sulle nuvole». Pitturazzi disegna nei momenti buoni. Lo fa senza premeditazione, è un’istinto per trasferire sulla tela un’idea «Per me è molto importante provare a capire se sono ancora capace. Sapere che le mie tele suscitano interesse è vitale».

Moltissime sono le suggestioni che ispirano il lavoro di Pitturazzi e Mattioli, come ad esempio i sacchi di juta di Alberto Burri, cuciti a mano per ricomporre frammenti di sofferenza. I disegni di Alberto Giacometti che per tutta la vita ha cercato di ritrarre un volto senza riuscirci, ma non ha mai smesso di provarci. Le teorie di Vasilij Kandinskij dove punto, linea e superficie hanno vita propria, sono elementi autonomi che meritano attenzione quanto l’isieme della composizione. Ogni gesto è un segno che ha un significato di per sé.

Altrettanto improtanti sono i riferimenti all’esperienza estetica di Roman Opalka che ha numerato il tempo sino a farlo scomparire. Alla capacità di registrare i dettagli di realtà di Georges Perec quando stava fermo, seduto ad aspettare. O ancora, alla forza delle opere di Zera Doğan che dipinge con i resti del cibo, il sangue mestruale e la saliva su qualsiasi pezzo di carta riesce a raccimolare di nascosto, stesa sotto la branda della sua cella, al buio, nel carcere di Mardin in Turchia, condannata perché artista. È l’atto di compiere l’opera, costi quel che costi, a resituirle la felicità nonostante la violenza subita.

Anche per questo, DADAPITTUTATÀBAUH è una specie di opera d’arte totale che risponde ad un bisogno primario comune e molto umano: quello di essere riconosciuti come persone al di là del contesto in cui ci troviamo o alle caratteristiche che ci definiscono. «Più una malattia si vede più gli altri smettono di vederti – precisa Mattioli. Con il Parkinson diventi un corpo storto, obliquo che incespica; un tipo strano, lento che non trova le parole, si muove male e non capisce: uno da cui stare alla larga. Ma tu, sotto sotto, sei quello di prima, hai le stesse passioni e desideri; gli stessi difetti, hai voglia di fare, di viaggiare, di stare con gli amici, di essere compreso. È vero, nel corso della vita le abilità individuali si trasformano, ma questo non puo essere inteso solo come un limite: la prigionia del corpo non deve annullare la persona».

Ecco che DADAPITTUTATÀBAUH è ironia, libertà, gioco, leggerezza, curiosità, riflessione, allegria e soprattutto una cura, anche per chi osserva.

«Palazzo Te per noi è un approdo inatteso, un luogo dove trovare ristoro dopo un viaggio faticoso e dal quale ripartiremo cambiati, grazie all’incrocio degli sguardi e dei destini di chi attraverserà questo Spazio», concludono Mattioli e Pitturazzi.

UNA DOMENICA D’INVERNO

Tratto dagli appunti di Stefania Mattioli

Cosa ti frulla oggi per la testa, Pittu? Non ne ho la più pallida idea, Tatà. Prova a disegnarlo così cerchiamo di capire». DADAPITTUTATÀBAUH nasce così, una domenica d’inverno, in un momento di blocco motorio. Tele, pennarelli e acrilici, tempo presente, pensiero divertito.

Non ricordo una conversazione con Pittu senza la presenza del disegno. Quando mi spiegava qualcosa lo disegnava: il menu della cena, il progetto di una casa, l’itinerario di una vacanza, la lista della spesa. Il disegno era anche il suo lavoro.

Lentamente questa abilità è stata via via compromessa a causa della malattia di Parkinson: “non sai che fatica faccio a mettere sulla carta un’idea”, mi ripeteva. Negli ultimi anni il tratto sempre più incerto, frammentario, lo aveva portato a smettere di essere quello che era.

Nel 2018 gli ho regalato tele e pennarelli tecnici, quelli che una volta erano il prolungamento naturale della sua mano. Tutto è ricominciato, in modo diverso, ma bello.

DIDASCALIE ALLUCINATE

Le didascalie delle opere sono tratte dalle nostre conversazioni. Per anni ho annotato su piccoli quaderni le frasi che mi colpivano e mi facevano pensare oppure ridere, comprese quelle nate dalle allucinazioni causate dai farmaci o dall’afasia. Per continuare a comunicare e interagire basta adattarsi, cambiare registro, lasciarsi sorprendere e seguire il flusso senza contrastarlo.

Ecco qualche esempio:

§  «Mangiamo un bottone insieme? Di che colore?».

§  «Andiamo a letto? Prima bisogna avvisare Claudio che dorme sulla poltrona. È rimasto lì da oggi pomeriggio. Non so perché. Va bene. Lo sveglio io».

§  «Notte, dalla finestra: Ci sono due persone anziane sulla tua bici. Non preoccuparti, La guardano e basta».

§  «Ho disegnato la casa di una persona che vive in un tombino. Piccola, molto organizzata, si vede il mare».

§  «Non vorrei mai fare la vita di un piccione. Nemmeno io».

§  «Cambio orecchio al telefono che ci vedo meglio. Ottima idea».

§  «C’è una sposa in giardino. No, è la neve».

DA DOVE NASCE IL TITOLO DADAPITTUTATÀBAUH?

Dalla passione comune per l’arte del ‘900. In particolare per i movimenti  Dadaista (Zurigo 1916) e Bauhaus (Weimar 1919). Il primo fondato sulla negazione dei valori razionali e l’esaltazione di quelli istintivi, elementari: un oggetto è significante di per sé al di là della sua funzione. Il secondo auspicava all’integrazione di arte, artigianato e industria attarverso la pratica del lavoro creativo.

DIAGNOSI AD EFFETTO ESTETICO 

La diagnosi di malattia di Parkinson è arrivata nel 2004, all’Istituto Besta. Nel bar della Stazione di Milano Lambrate, ci siamo guardati senza dire nulla. All’improvviso una lacrima, una sola, è caduta dal mio occhio sinistro nel bicchiere di Coca Cola con spicchio di limone che stavamo bevendo in due: l’effetto estetico ci ha sorpresi. Da allora abbiamo continuato a vivere secondo i piani e imparato a cambiarli ogni volta che si rendeva necessario. Della vita di prima ci manca tutto. Nella vita di oggi non ci manca nulla.

IMPARARE AD ESSERE MENO

Il Parkinson è una malattia golosa, ti mangia un pezzettino alla volta. Per questo, ogni giorno, devi imparare ad essere meno. Pittu dice che il Parkinson è un pugile che ti colpisce di continuo, nei punti dove sei più debole. Per me è un viaggio di conoscenza, molto umano e faticoso e non sempre trovo le parole per raccontarlo.

Biografie

Stefania Mattioli | Dal 2000 si occupa di comunicazione e relazioni con il pubblico in ambito sanitario, anche attraverso l’impiego di arte, cinema, letteratura e l’applicazione della Medicina narrativa. Giornalista pubblicista, ha collaborato con Stile Arte e il Giornale della Vela.

Roberto Pitturazzi | Fondatore del laboratorio STUDIORICERCA a Cremona. Si è occupato di design e progettazione di case, barche, oggetti e interni. Alcuni dei suoi lavori sono stati pubblicati in Abitare e Ville&Giardini.

Pittu è Roberto Pitturazzi | Tatà è Stefania Mattioli


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