18 gennaio 2024

All'unico corso di laurea in Restauro e Conservazione di Beni Culturali solo 3 iscritti. Massimiliano Guido (UniPV): "Dobbiamo migliorare la comunicazione e modificare i requisiti di ammissione"

Al primo (e unico) corso di laurea magistrale in Conservazione e restauro dei beni culturali ci sono tre iscritti, peraltro solo due frequentanti. Quali sono le ragioni di questo dato? Come mai un corso unico in Italia come quello aperto a Cremona dall'Università degli Studi di Pavia in sinergia con diversi "attori" non riesce neppure a giungere ai 5 posti previsti? Lo abbiamo chiesto al Prof. Massimiliano Guido, Presidente del corso di laurea che ci ha spiegato la complessa situazione attuale.

Pochi iscritti: quali sono le ragioni? perchè non c'è la fila ad iscriversi a questo corso?

"Non può essere una risposta secca, le motivazioni sono diverse. Il famoso terzo iscritto era iscritto anche ad una laurea magistrale di flauto a Milano da completare, e ha scelto di avvalersi di una norma introdotta lo scorso anno e congelare l'ammissione fino al prossimo anno. I numeri sono piccoli, ma si tratta di un percorso altamente specializzante e che richiede una specialità all'ingresso. Il nostro corso è in Italia quello che ha i requisiti di ingresso più alti. Tutti gli altri hanno come prova d'ingresso qualcosa legato al tratteggio, al disegno, capacità che si possono tranquillamente acquisire in un liceo artistico o in una scuola tecnica. Il nostro corso, che è nato a Cremona per l'impulso della città dovendo quindi ascoltare le indicazioni che ci sono state date dagli stakeholder che sono stati consultati, ha messo come prova d'ingresso la lavorazione del legno. Il bacino di entrata degli studenti che abbiano competenze sufficienti e che sappiano lavorare il legno è ovviamente scarso. Questo è fortemente limitante perchè se le scuole secondarie non formano gli studenti per questa particolare competenza, o sei figlio di un falegname, o hai fatto la scuola di liuteria, o hai scarse possibilità di avere le competenze richieste. Ci siamo tirati la zappa sui piedi."

Come intendete rimediare?

"Abbiamo intenzione di creare dei corsi propedeutici in modo tale che chi desideri provare questo percorso venga istruito a poco a poco in questo tipo di attività. Peraltro l'esperienza ci ha insegnato che questo approccio alla costruzione sia importante fino ad un certo punto, nel lavoro del restauratore. Bisogna piuttosto creare esperienze che facciano conoscere al restauratore le tecniche costruttive degli strumenti musicali. 

Anche l'impegno nella comunicazione non è stato sufficiente. Ci siamo rivolti eccessivamente ad un bacino regionale e provinciale ma non nazionale. Anche questo non è semplice, anche perchè il corso è partito con un contributo di Fondazione Cariplo, utilizzato in parte anche per la campagna di comunicazione, e a poco a poco si è dovuto accontentare delle risorse normalmente stanziate per le attività di orientamento dei corsi universitari, che però hanno dinamiche e numeri diversi da questo corso. E' in ogni caso un periodo difficile, vi cito un esempio: parlavo qualche tempo fa mia omologa direttrice della Scuola di Formazione dell'Istituto Centrale del Restauro di Roma che mi diceva che per la prima volta non sono riusciti a fare partire un percorso."

Quali difficoltà possono avere gli studenti in grado di scoraggiare le iscrizioni?

"Uno dei motivi è certamente la frequenza obbligatoria. Per come è strutturato attualmente questo corso non prevede la frequenza part time. Ci sono molti professionisti, magari già con una bottega avviata seppur privi del titolo di restauratore, che sono tagliati fuori dall'operare su manufatti tutelati e che non possono iscriversi. Queste criticità sono in fase di risoluzione e ci stiamo muovendo per apporre degli aggiustamenti."

Cosa possiamo aspettarci dal futuro?

"Stiamo modificando la prova di ingresso e il programma degli studi in modo da rendere le eventuali lacune colmabili a prescindere dall'iscrizione e la prova più "possibile". Ci sarebbe peraltro bisogno di più forze in docenza che non sono attualmente inseribili. Il potenziamento del Laboratorio di diagnostica Arvedi e il supporto della Fondazione Arvedi-Buschini aiuta il consolidamento della componente scientifica e di ricerca. La gestione amministrativa e dell'immagine pubblica di questo corso però è affidata a risorse limitate. Per questo tipo di comunicazione ci vuole tempo, deve essere accattivante. Abbiamo canali social che cercano di dar conto, forse senza però "bucare" troppo, delle incredibili eccellenze con cui lavoriamo. Abbiamo oggetti in restauro che provengono dai più importanti musei nazionali. Dietro l'arrivo di ogni oggetto c'è una convenzione che va stipulata, riunioni, accordi con i conservatori. Una rete di rapporti che richiede molto tempo."

C'è lavoro?

"Bisognerebbe chiederlo al legislatore. Purtroppo sull'argomento si legifera a pezzi. Fino ad oggi il restauratore non si diplomava ma veniva aperta una procedura concorsuale a cui partecipavano sostanzialmente organari e liutai. Ancorpiù, l'abilitazione viene data sull'intero spettro degli strumenti musicali. Un liutaio quindi sarebbe abilitato anche, per legge, ad occuparsi di organi e tastiere storiche. Ad oggi, chi esce dal nostro corso ha un titolo abilitante e viene iscritto a questo albo nazionale. Teoricamente un museo o un ente pubblico che ha uno strumento e lo vuole restaurare non potrebbe farlo toccare da nessun altro se non da un restauratore abilitato. Noi ne abbiamo già abilitati 3, che si uniscono ai circa 100 già abilitati nel precedente metodo. Gli attuali musei italiani che hanno in pianta organica fissa un restauratore è pari a zero. I musei che hanno, nella figura del curatore, una persona con competenza specifica nel restauro si contano sulle dita di una mano. I funzionari restauratori delle sovrintendenze con specifica preparazione sul restauro sono pari a zero. La risposta quindi è sì, potenzialmente il lavoro ci sarebbe, e anche tanto. Poi bisogna vedere se legislatore e governante ci mettono nelle condizioni di far lavorare questi ragazzi. A noi è dato il compito di formarli. Io spero, come dice San Paolo, di non correre invano."

Un po' di orgoglio?

"Se questo corso sembra mezzo vuoto agli italiani, è potenzialmente molto interessante per gli stranieri. All'estero esiste un gemello in Austria, che però è un corso accademico di restauratori generali, c'è la formazione dell'Istituto del Patrimonio francese ma come il nostro non ne esistono. Non vorrei che succedesse quel che succede in altri campi della formazione italiana in cui gli studenti escono da grandi eccellenze e poi i posti di lavoro arrivano dall'estero."

 

Loris Braga


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commenti


Pasquino

18 gennaio 2024 11:35

Bla bla bla due iscritti questi i dati
Soldi pubblici......
Liuteria a Cremona !!!


.

Cecilia

18 gennaio 2024 17:31

Da ex restauratrice posso ormai dire con certezza che non c'è più lavoro e che anche a Roma le iscrizioni sono decimate rispetto a vent'anni fa. Lo Stato non investe più nell'arte, i privati non ci pensano nemmeno, tranne qualche imprenditore che investe in pubblicità e amore per il suo Paese. Facciamo ridere, per non dire peggio...un vero peccato!

Lores Daniela

19 gennaio 2024 12:10

Vero. Purtroppo

Anna L. Maramotti Politi

18 gennaio 2024 18:50

Avendo insegnato Teorie e Storia del Restauro sino allo scorso anno debbo osservare che gli studenti che hanno frequentato il mio corso, quasi tutti diplomati alla Scuola di Liuteria A. Stradivari o già professionisti "affermati" , erano persone di grande livello. Per intenderci: nessuno di loro aveva scelto casualmente di sobbarcarsi 5 anni o più di studio. Il numero esiguo di iscritti mi ha sempre consentito d'affrontare le lezioni svolgendo non solo il mio programma, ma creando un rapporto dialettico con ciascuno di loro. Ritengo che analogamente sia accaduto ai miei Colleghi. Confrontarsi con le esigenze culturali degli studenti è il primo dovere di qualsiasi docente.
Ciò premesso, molto concretamente ritengo che il vero bacino d'utenza sia la Scuola di Liuteria. Per questo è inutile cercare lontano. Aprire un dialogo costruttivo con la Scuola ritengo sia, non solo d'aiuto per implementare le iscrizioni (cui prodest?) , ma di grande prestigio per lo stesso mondo accademico. Nessuno più di me ritengo abbia insegnato una materia meramente teorica, ma il confronto con il saper-fare è d'obbligo per comprendere le reali esigenze di un'utenza consapevole quale è quella degli studenti che io ho avuto l'onore d'incontrare.

Laura morandotti

18 gennaio 2024 20:10

Vorrei contattare i responsabili del corso di laurea magistrale in restauro per i beni culturali.
Cordialmente
Laura MORANDOTTI

Concita Vadalá

18 gennaio 2024 20:53

Non è l'unico corso

Lores Daniela

19 gennaio 2024 12:14

C'è un corso magistrale in Restauro pittorico. In quest paese pieno d'arte. È possibile spegnere i sogni dei ragazzi. È veramente boooo

Antonio

18 gennaio 2024 21:15

In Italia siamo esperti nel creare disoccupati, corsi di laurea inutili mentre alle ditte mancano operai specializzati.
Mah…

Lores Daniela

19 gennaio 2024 12:15

😭😭😭😭👏👏👏👏🙌🙌

Norman

18 gennaio 2024 23:08

Fatemi sapere dei corsi propedeutici e dei nuovi requisiti di ingresso al corso di restauro così partecipo. Ciao Norman

Concita Vadalá

19 gennaio 2024 04:26

Non è l'unico corso di laurea magistrale in Conservazione e restauro dei beni culturali

Massimiliano Guido

19 gennaio 2024 09:28

È l’unico per il percorso formativo professionalizzante 6, quello dedicato agli strumenti musicali, strumenti scientifici e delle tecnica. http://www.icr.beniculturali.it/pagina.cfm?usz=4&uid=286&umn=90

Daniela lores

19 gennaio 2024 12:09

Mia figlia aveva questo sogno sempre eccellente nella propensione al Arte. Conosce quasi tutti i musei. Italiani ed europei. Anche se il disegno in ogni suo. Genere. È la sua valvola di sfogo. Con materiali professionali frequentando dal età di 3 anni una scuola d arte privata. Ha dovuto abbandonare tale strada perché lei vorrebbe fare restauro pittorico. Ma non abbiamo trovato nessuna facoltà. Di tale campo. Peccato......un sogno spento

Mari

19 gennaio 2024 21:36

Ci sono molte scuole di restauro, come le accademie (Verona ad esempio), Istituti santa Paola a Mantova, Botticino, Venaria Reale .... Se sua figlia vuole studiare per fare la restauratrice c'è l'imbarazzo della scelta.

Zef

19 gennaio 2024 15:47

Non è vero c'è dal 1939 l' ICR del MIBAC di Roma con concorso di ammissione per 15 studenti all'anno...questa storia sopra dell'università di Padova è sviante e disonestà,Vergogna!!!

Laura Righi

19 gennaio 2024 22:04

C'è un limite di età per iscriversi?

Pietro Guidi

20 gennaio 2024 10:51

Saranno certi del posto

Luca

21 gennaio 2024 10:44

Scusate, ma corso per cosa ?
Il restauro è morto in Italia.
Privati e mercanti non esistono più.
Il pubblico ha paghe da fame oppure si finisce a lavorare per grosse strutture private che si accaparrano gli appalti sovrintendenza e pagano da fame.
Un restauratore assunto dallo stato guadagna come un operaia.
Sono 40 anni che mi occupo di restauro 10anno ad insegnare, ed è defunto come lavoro.

Alessandro

21 gennaio 2024 18:16

Questa è una scuola regionale e non statale. Ogni regione italiana deve possibilità di avere una scuola propria, non dover dipendere da una unica regione. L'instaurazione dei maestri artigiani voluta dal senato della Repubblica e dato poi il compito alle singole regioni e l' unico mezzo riconosciuto dal senato e non quello inventato dal mibach o da De Pasquale che si meriterebbe una bella denuncia perché di parte. Riassumendo ogni regione ha ricevuto dal senato della Repubblica il compito di istituire queste scuole bottega attraverso i maestri artigiani e non essere sottomessi a delle ideologie ipocrite di chi di arte non ne capisce nulla. Mi provino che sanno qualcosa di organaria ed mi rimangio tutto!!!! Italiani siamo nelle mani di cretiniiii

Alex

31 gennaio 2024 16:47

La scuola degli imbecilli