Angela Hewitt svela il "mistero" delle variazioni Goldberg al Museo del Violino
Grande riscontro di pubblico per l’incontro con la celebre pianista Angela Hewitt, tenutosi oggi alle 17.00 nella Sala Fiorini del Museo del Violino di Cremona, condotto dal direttore artistico Roberto Codazzi. L’evento, intitolato “Il mistero delle Goldberg”, ha anticipato il suo attesissimo recital serale all’Auditorium Giovanni Arvedi: in programma le Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach.
Durante l’incontro, Hewitt ha condiviso riflessioni profonde sulla difficoltà e sulla libertà interpretativa della musica di Bach. Ha sottolineato come oggi i giovani pianisti tendano a suonare repertori complessi già in giovane età, definendo questa tendenza “una follia”. Secondo Hewitt, per affrontare Bach non bastano solo le dita, ma serve soprattutto un raziocinio e una maturità che si acquisisce solo con il tempo.
Parlando del confronto tra pianoforte e clavicembalo, ha spiegato che, pur essendo stata composta sul clavicembalo, la musica di Bach per lei trova maggiore espressività sul pianoforte, essendo meno realizzabile nel clavicembalo la possibilità di imitare la voce e di realizzare dinamiche accurate; ha inoltre sottolineato l’importanza attribuita al bilanciamento del suono tra le voci e l’uso minimo del pedale per rispettare la chiarezza della scrittura bachiana.
Rispondendo a Codazzi sulla struttura delle Variazioni Goldberg, Hewitt ha spiegato alcuni aspetti del suo approccio: nei canoni, ad esempio, ama evidenziare voci diverse nei vari ritornelli. Ha descritto le prime variazioni come “terrestri”, mentre le successive evolvono progressivamente in un’atmosfera diversa. Ha sottolineato la natura malinconica e introspettiva di alcune variazioni, che esprimono comunque un senso di speranza, e ha posto l’attenzione sull’Adagio della Variazione 25, che è interpretata come una dolente meditazione sulla morte e un intimo dialogo con Dio. Tuttavia, ha ribadito Hewitt, è importante rimarcare che nelle Goldberg c’è tanta gioia, e il ritorno del tema iniziale alla fine del viaggio che si snoda lungo le trenta variazioni porta con sé una sensazione di completezza e trasformazione.
Hewitt ha elogiato il pianoforte grancoda Fazioli utilizzato per il concerto, definendolo uno strumento che le ha permesso di esplorare un mondo di colori, permettendole chiarezza e flessibilità; ha concluso la piacevole conversazione spiegando quanto sia importante per lei il ruolo del pubblico nell’esecuzione, affermando di sentire l’energia della sala e di suonare diversamente, a ogni concerto, a seconda del tipo di attenzione degli spettatori.
L’incontro ha rapito l’attenzione del pubblico presente, che ha seguito con attenzione le parole della pianista, accompagnate dalle volute eleganti tracciate nello spazio dalle mani affusolate della pianista canadese, quasi a disegnare le sue idee.
Non resta che ascoltare l’attesissimo concerto di stasera!
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