11 agosto 2024

Asta di San Fermo: Spinadesco onora il santo che salvò il paese dalla peste. La tradizione si rinnova grazie all'impegno dei volontari della parrocchia

SPINADESCO – È curioso notare come pure la mitica asta di San Fermo si sia per certi versi modernizzata, con qualche doverosa concessione alle esigenze attuali. Adesso, per esempio, prima di mettere all'incanto una delle meravigliose torte casalinghe, preparate per l'occasione dalle massaie del paese, oltre al preliminare rispetto delle norme dell'HACCP, per i banditori Gigi Brugnoli e Mario Quinzani, è d'obbligo, tra gag divertenti e battute scoppiettanti, declamarne gli ingredienti e gli eventuali allergeni, novità che sorprende non poco chi, non più giovanissimo, è in grado di risalire con la memoria a svariati anni fa, quando, su tali aspetti, si andava di sicuro più lisci. La devozione a San Fermo degli Spinadeschesi del 2024 e del parroco Fabio Sozzi, è invece rimasta identica a quella dei loro avi del lontano 1600. Furono questi ultimi, a suon di preghiere, canti religiosi e processioni solenni per le stradicciole di campagna, ad ottenere dal Santo (copatrono insieme a San Martino) la salvezza dalla terribile carestia, che li aveva ridotti alla fame, e dalla virulenta epidemia di peste, che li stava decimando senza pietà. Non restò che impegnarsi nel perpetuare la riconoscenza per la grazia ricevuta, attraverso una vendita dei frutti della terra, con ricavato a favore delle opere parrocchiali, da effettuare in prossimità della ricorrenza del 9 Agosto. Per chi nasce a Spinadesco, la parola è una e va rispettata e così è stato. Con il trascorrere dei secoli, la varietà dei beni si è notevolmente ampliata e, sul carretto agricolo usato a mo' di palco, c'è letteralmente ogni ben di Dio: ortaggi, pesche, angurie, dolci fatti in casa, pasta, riso, salumi, caffè, caramelle, cioccolatini, scatolame, magliette, palloni da calcio, bottiglie di vino, d'olio, di birra, di passata di pomodoro, etc., etc., etc. Eppure, l'atmosfera non è cambiata: non accadrà mai. Sabato, all'oratorio, l'usanza è stata nuovamente onorata da circa centocinquanta fedelissimi, dopo la gnoccata, che, sfruttando le patate dell'orto del don, ha servito il piatto tipico del Ferragosto cremonese in tutte le salse (al pomodoro, al gorgonzola, con zafferano e salsiccia) ed un secondo a base di prosciutto, melone e patatine fritte, realizzati dalle cuoche Pina Fiora e Patrizia Gavioli. Non sono mancati i duelli all'ultimo rilancio, talvolta agguerriti, che, tuttavia, si sono sempre stemperati in sane risate e tanto buonumore. È stata insomma una bella serata, dal sapore antico, per la quale l'organizzatrice Michela Mineri dichiara con orgoglio: "Non è affatto scontato riuscire a riproporre l'evento ogni Estate. Il cuore dell'appuntamento sono i volontari, che, malgrado il caldo, si sono dati da fare per disporre tavoli, panche e sedie, tenere aperto il bar, occuparsi della cucina, della cassa e del riassetto. Alcuni di essi sono addirittura 'storici', come l'infaticabile Pina, attiva fin dai tempi, in cui ero una bambina ed alla quale va il mio affetto. Desidero ringraziare chi ci ha donato i prodotti con generosità. Mi ha stupita la partecipazione di un gruppetto di adolescenti, che si sono aggiudicati delle bibite: l'interesse delle nuove generazioni può assicurare un futuro alla manifestazione".

 

Barbara Bozzi


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