Cinquecento anni fa nasceva Bernardino Campi, il più grande manierista dell'Italia settentrionale ma Cremona se n'è dimenticata
Cinquecento anni fa nasceva uno dei più grandi artisti del manierismo cremonese, Bernardino Campi, ma il Comune di Cremona sembra non abbia al momento alcuna intenzione di ricordarlo. L’unica volta è stato ormai quasi quarant’anni fa nella mostra dedicati a “I Campi e la cultura artistica cremonese del Cinquecento” nel 1985. Eppure Bernardino è stato il maestro di Elena e Sofonisba Anguissola, che pure ora si celebra in una mostra dedicata alle Madonne dell’Itria, dove della pittrice cremonese compare una sola pala e neppure delle più famose.
Bernardino, invece, ha lasciato tracce di sé in tante chiese cremonesi, ad iniziare dall’Assunzione della Vergine in sant’Agata, nella pala d’altare di San Michele, nel Banchetto di Erode nella cappella della Madonna del Popolo in Cattedrale, nell’Assunzione della Vergine nella chiesa di sant’Eligio ed Omobono, ed in tante altre opere conservate nella Pinacoteca civica, al Metropolitan Museum di New York o in collezioni private. Di cognome faceva Campi, ma non era parente dei tre fratelli, anche se con Antonio si stabilì poi una parentela quando una sua nipote, Margherita Biffi, sposò suo figlio Claudio. Di Giulio Campi era stato però allievo, dopo aver abbandonato l’attività paterna di orafo, prima di trasferirsi a Mantova, alla scuola di Ippolito Costa (1538-39) operoso nella cerchia di Giulio Romano.
Ritornò a Cremona nel 1541 ed iniziò a lavorare conquistandosi subito una certa fama. Dopo gli affreschi di casa Trivulzio a Formigara, andati perduti, fu chiamato dal vescovo Gerolamo Vida ad Alba per eseguire le ante dell'organo del duomo su disegno di Giulio Campi. L’anno dopo, nel 1542, lo troviamo impegnato nella pala dell’Assunta di S. Agata e negli affreschi della chiesa di S. Bassano a Pizzighettone. Già in queste prime opere è possibile osservare la ricchezza formativa di Bernardino, cresciuto nell’osservazione di Parmigianino, Primaticcio e soprattutto Camillo Boccaccino, a cui si ispira nella volta della cappella dei SS. Filippo e Giacomo in S. Sigismondo, eseguita nel 1546, grazie all'interessamento del Boccaccino stesso di cui forse l'artista poté utilizzare idee e disegni. La sua rapida fortuna è legata alla particolare abilità nel ritratto che lo porta a Piacenza dai Pallavicini, a Milano da Alessandro Sesto, a Isabella di Molfetta moglie del governatore Ferrante Gonzaga, fino a diventare nel 1562 "famigliare e gentiluomo” di Francesco Ferdinando d'Avalos marchese di Pescara.
Di certo, un riflesso della ritrattistica di Bernardino si può cogliere nella squisita produzione di Sofonisba Anguissola, sua allieva sin dal 1546. L’artista si mostra del tutto estraneo ai contemporanei tentativi naturalistici di Antonio e Vincenzo Campi, preferendo alla “verità” di derivazione fiamminga, la classica eleganza parmense a cui non sono estranei i continui rapporti dell'artista con i Gonzaga e con il loro gusto, testimoniati dalla frequentazione con Vespasiano alla corte di Sabbioneta. Dopo un soggiorno a Milano e numerosi viaggi in Italia Bernardino nel 1568 rientra a Cremona e da quel momento inizia una intensa attività per le chiese cittadine e del suo territorio. Dipinge in San Sigismondo, in San Michele, a Santa Maria della Croce a Crema. L'impresa di gran lunga più prestigiosa di questo periodo è l'affresco del tiburio di S. Sigismondo con la Gloria del Paradiso (1570), in cui Bernardino tocca un'insolita e magniloquente dimensione illusionistica.
Nella stessa chiesa gli appartengono altri affreschi: i due Profeti nella campata mediana (1554), il fregio di Putti lungo la navata, le grottesche nella volta. Dal 1571, quando esegue gli affreschi nella cappella del Sacramento annessa alla parrocchiale di Caravaggio al 18 agosto 1591, data della morte, il suo catalogo diventa vastissimo. E la morte lo coglie proprio all’inizio del nuovo lavoro, commissionato dai canonici di S. Prospero in Reggio Emilia per il completamento degli affreschi della cappella maggiore, dove oggi è sepolto.
Bernardino Campi lasciò una figlia che aveva sposato il suo allievo Giovan Battista Trotti detto il Malosso. Nel 1564 aveva sposato Anna Longaroni che Sofonisba Anguissola ricorda con grande tenerezza in una lettera dalla Spagna del 1551. Alla stessa pittrice dobbiamo uno stupendo ritratto dell’artista conservato alla Pinacoteca di Siena. Fra i numerosissimi suoi allievi, oltre alle sorelle Anguissola, sono da ricordare, accanto al Malosso (che ebbe in dono la bottega cremonese del maestro fin dal 1574), Andrea Mainardi detto il Chiaveghino e, come testimonia un documento milanese del 1550, Raffaele Crespi, padre del Cerano.
Come fa, dunque, Cremona a dimenticarsi di un tale artista, che ha lasciato opere in tutta Italia, conservate oggi nelle maggiori gallerie del mondo, nel suo cinquecentesimo anniversario?
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commenti
enzo rangognini
11 giugno 2022 07:27
A parte la responsabilità della mancata celebrazione del cinquecentenario del pittore (toccava a Cremona o a Reggio Emilia?), Fabrizio Loffi è ancora persuaso che del magnifico duplice ritratto della Pinacoteca di Siena sia autrice l'Anguissola e non lo stesso Bernardino, come fin dal 1985 riteneva Robert Miller (cfr. la comunicazione al fine della scheda del catalogo "I Campi", p.176, confermata nove anni dopo da Rossana Sacchi nella scheda di "Sofonisba Angiussola e le sue sorelle", p.216).
Beppe Patitucci
1 settembre 2022 06:42
Bravissimo Loffi !