Così la matita del grande Steinberg disegnava Cremona nel 1937 e su Arcibertoldo Angelo Frattini scriveva il racconto delle tre T
Uno dei più grandi vignettisti del XX secolo ed uno tra i più acclamati scrittori umoristici italiani insieme per offrire un omaggio a Cremona. E’ il 1937 e l’almanacco Arcibertoldo dove, tra gli altri, scrive anche Giovannino Guareschi, pubblica una guida umoristica d’Italia. Saul Steinberg, giovane disegnatore e illustratore romeno di origine ebraica, per mantenersi gli studi di architettura al Politecnico di Milano, disegna vignette per la rivista satirica Bertoldo. Fra poco si addenseranno su di lui le nubi delle leggi razziali che lo costringeranno a lasciare l’Italia per gli Stati Uniti. Non sa ancora che troverà lavoro al New Yorker, dove disegnerà per settant’anni portando le sue vignette in giro per il mondo in oltre 80 mostre e nelle gallerie di diversi musei di arte moderna in Israele, Europa e Stati Uniti. Per ora si accontenta di guadagnare qualche soldo con le vignette sul Bertoldo e Arcibertoldo. E’ innamorato dell’Italia, e lo sarà per tutta la vita, tornandovi più volte a lavorare. Ed a Cremona dedica un piccolo cameo, dal titolo “Incontentabilità”, giocando sull’accrescitivo in rapporto a Crema e sulla rivalità tra due fratellini. Un piccolo gioiello dove compaiono già le caratteristiche più significative del suo tratto. Alla penna di Angelo Frattini, invece, è affidato un racconto umoristico sulle tre T, dove compare la cartolina più famosa, fissando inequivocabilmente un termine per la sua nascita, sicuramente anteriore al 1937. Frattini è stato uno degli interpreti più intelligenti ed eleganti dell’umorismo italiano, giornalista, scrittore, autore di riviste teatrali. Il suo è un umorismo misurato, indulgente ai difetti della buona borghesia milanese da cui proviene, ma di una vena che lo avvicina ai maestri dell'umorismo anglosassone alla Wodehouse. Il numero dell’Arcibertoldo con la Guida umoristica d’Italia proviene dalla collezione di Fausto De Crecchio, che sta conducendo una ricerca storica sull’attività italiana di Saul Steinberg. Ecco il racconto umoristico di Frattini sulle tre T.
Il professore, dato uno sguardo al registro, chiamò:
- Paoletti!
Marisa Paoletti, la più bella e più brava signorina della classe, uscì dal suo banco di prima fila e tra i soliti commenti della scolaresca salì sulla pedana accanto alla cattedra.
- Mi parli di Cremona - disse il professore.
Le belle ciglia lunghe e ricurve di Marisa Paoletti non tradirono la minima emozione: come sempre, ella era preparatissima a rispondere a qualsiasi domanda:
- Cremona, edificata dai Galli, diventò Colonia Romana nel 218…
- Si avvicini, si avvicini…
La bellissima ragazza, sorpresa quanto turbata, mosse due passi verso il professore:
- Ma non lei: - sorrise quell’erudito - ho detto: «si avvicini» alludendo a un’epoca meno remota.
Marisa Paoletti, rinfrancata, riprese:
- Cremona ebbe per duecento anni libero governo dopo la pace di Costanza; nel 1800 divenne capoluogo del dipartimento dell’Alto Po; nel 1814…
- Bene, basta. MI parli delle sue particolarità più notevoli.
Uno strano moto di curiosità impadronì della parte maschile della scolaresca: gli occhi di Pier Giulio Guerzoni Giovanardi (l’allievo più discolo, nota nel testo) ebbero un lampo, mentre Marisa Paoletti continuava:
- Belle piazze, grande ponte di ferro sul Po…
- Continui, continui…
- Cremona ha dato i natali a famosi fabbricatori di violini: i Guarneri, gli Amati, gli Stradivari.
- Continui…
- Vi nacque anche i compositore Amilcare Ponchielli.
- Continui…
La magnifica sicurezza di Marisa Paoletti parve offuscarsi; vi fu un attimo di penoso silenzio, dopo il quale risuonò di nuovo la voce del professore:
- Avevo detto: «particolarità».
Un’ombra passò sul volto raffaellesco di Marisa: un’ombra simile a quelle che si diffondono repentine quando, negli ardenti meriggi del luglio estroso, una nova copre d’improvviso i sole. Le sue belle labbra tacevano; il suo sguardo rifletteva lo smarrimento; le compagne sogghignavano, pervase da una gioia maligna; i compagni soffrivano in modo atroce. Pier Giulio Guerzoni Giovanardi tentava di salvare l’idolo in pericolo, e facendo imbuto con le mani ai lati della bocca gli suggeriva, in un soffio.
-T.T.T.
- Posta, telegrafo, telefono - prorompeva Marisa, che aveva capito P.T.T.
La parte femminile della scolaresca scoppiava in una risata invereconda; invano i maschi più vicini alle ragazze cercavano di reprimere la manifestazione con segrete pedate, ben dissimulati nicchiai silenziosi pugni nella schiena, eccetera. Il volto di Marisa Paoletti sembrava quello di Aanna Bolena in presenza del carnefice.
- Vada pure - mormorò il professore, fra severo e impietosito.
La bellissima raggiungeva il suo posto a capo chino, in un silenzio sepolcrale, ma subito il professore, fissando un allievo della terza fila scattava:
- Tabanelli! Che sta facendo?
- Io…Niente, signor professore… - balbettava l’interpellato sbiancando rapidamente quasi si fosse lavato la faccia col Nix, il noto sapone per bucato.
- Mi porti quel foglio, che tenta di nascondere.
- Ma io…non… - osò ancora opporsi il giovane. E rimessosi a sedere, mentre nessuno osava più fiatare, lesse, mentalmente, cioè che era scritto sui quel foglio:
ODE A CREMONA
(Da cantarsi su motivo del «Tango di Ramoma»)
Cremona!
Sono tre le belle cose
Che dovunque vano famose
E ai tuoi pregi fa corona!
Cremona!
Col Torrazzo e il Mandorlato
Il tuo vanto più squisito
Non è stato ancora cantato!
Io vo’ il tuo poeta diventare
Io vo’ alto e forte proclamare:
Cremona!
Che delizie stanno strette
Nelle linde camicette
Delle bruni forosette!
Cremona!
Non è ver che solo sette
Abbia il modo meraviglie,
Un’ottava se ne annette!
Cremona!
Son le forme elette e schiette
Delle splendide tue figlie…
Il professore lacerò irosamente il foglio in minutissimi pezzi, poi, grave, disse:
- Tabanelli, farò rapporto al preside circa la sua inqualificabile attività lirica durane le lezioni - Poi, in latro tono, aggiunse: - Le particolarità di Cremona, alle quali la pur brava e studiosa signorina Paoletti non ha pensato, sono: il Torrazzo, il Torrone e i Tamburi. Un lungo drammatico silenzio; il campanello, nel corridoio, suonò la fine della lezione.
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