28 settembre 2025

Cremonesi così. Matteo Filippini da chitarrista di razza, tra leggende del rock che hanno fatto la storia della musica, alla trasformazione in mentalista di successo in Italia

Riprende l’appuntamento con “Cremonesi Così” la nuova avventura di CremonaSera, il viaggio che ci condurrà alla scoperta di personaggi che hanno la parola Cremona scritta nel loro percorso di vita. Sono molte ed interessanti le figure che, in vari modi, hanno contribuito a far conoscere la realtà di Cremona in Italia e nel mondo, noi vi porteremo da loro. Il primo appuntamento era stato con lo scrittore Sandrone Dazieri, il secondo con il Maestro Mauro Ivano Benaglia, terzo il medico Alberto Rigolli, quarto il fotografo delle étoile della danza Pierluigi Abbondanza, quinto il compositore Beppe Cantarelli, sesto prima della pausa estiva Alessandro Gnocchi giornalista e scrittore di grande successo, punta di diamante delle pagine di cultura de “Il Giornale”.

Questa volta l’appuntamento è nell’affascinante Piazza Duomo a Cremona, proprio ai piedi del Torrazzo, avvolti dalla suggestione di note che fanno da sottofondo alla nostra intervista.

Qui incontro Matteo Filippini musicista, scrittore, mentalista, showman poliedrico, diretto, irriverente, vero fino al midollo, dotato di una intelligenza vivace e di quella sensibilità a cui nulla sfugge. Il suo curriculum vanta partecipazioni a trasmissioni televisive di successo come Italia’s Got Talent, Le Iene, I soliti Ignoti. Oltre ad essere maestro del mistero è un chitarrista, anzi, “chitarraio” come ama definirsi, ha vissuto esperienze uniche e per un tratto della sua vita è stato una vera rockstar anche se la sua naturale modestia non vuole lo si dica. Basti pensare, però, che ha condiviso i palchi più importanti d’Italia e d’Europa con membri di band leggendarie pionieri del rock come i Deep Purple, Jetro Tull, AC/DC, i Toto e molti altri portando il suo spirito ribelle e la sua energia in ogni performance. Un’amicizia straordinaria con il chitarrista Ritchie Blackmore. Camminando per le strade di Cremona c’è chi lo riconosce e si complimenta per la sua straordinarietà di musicista, per il suo talento ma lui riconduce tutto alla normalità, quasi fosse cosa di tutti giorni essere apparsi su riviste rock accanto a leggende come Robert Plant dei Led Zeppelin oppure al chitarrista Michael Schenker, noto principalmente per essere stato parte di ScorpionsUFO.  Matteo, però, è così: dotato di quell’umiltà che oggi appare come una qualità assolutamente rara. Potrebbe postare sui suoi profili social, eppure, sceglie il low profile in un’epoca caratterizzata, verrebbe da scrivere, dal vuoto di contenuti perchè se non posti sembri non esistere. 

Il tempo di un saluto, studio delle luci e ci adagiamo sui gradini del magnifico Duomo di Cremona e proprio ai piedi delle statue dei leoni diamo il via alla nostra chiacchierata.

Matteo Filippini, musicista, chitarrista di razza, hai suonato con i pionieri del rock, sei scrittore, tra i tanti tuoi libri cito “Second Hand Rockstar” in cui racconti i giganti del rock, hai fatto tournée da sogno, oggi sei mentalista, quante vite hai vissuto?

Ho vissuto tante vite dove ho coltivato le mie passioni, ho avuto il piacere ed il privilegio di trasformarle in attività lavorative: la musica prima, il mentalismo dopo. L’unico libro in cui parlo di musica è proprio “Second Hand Rockstar” dove racconto delle mie esperienze al fianco di questi giganti, sono stati prima i miei eroi poi sono diventati “colleghi” con i quali abbiamo condiviso palco e studi di registrazione. Mentre il mentalismo è una qualcosa che, apparentemente, è differente dalla musica ma comunque è un’arte performativa di natura diversa, è un’altra mia grande passione che è diventata anche il mio lavoro.

Partiamo dall’inizio: sei di Grumello Cremonese, hai frequentato il Liceo Scientifico G. Aselli di Cremona, poi che è successo?

Difficile riassumere in poche battute. Ai tempi del Liceo sono stato un pessimo studente, già in giovane età ero appassionato di musica, di prestigiazione e di illusionismo. Trascorrevo le mie giornate forzatamente a studiare ciò che la scuola mi obbligava poi, in realtà, dedicavo tanto tempo alle mie passioni. È arrivata prima la musica nella mia vita e l’illusionismo l’ho sempre approfondito in parallelo. Ho tentato percorsi universitari che ho interrotto, mentre mi sono dedicato anima e corpo alla musica scrivendo canzoni, conoscendo, anche fortuitamente, alcuni dei miei eroi del rock poi condividendoci il palco in Italia ma, soprattutto, in Europa. Ho scritto musica che poi hanno anche suonato, purtroppo, poi questa magia è finita, anche per motivi anagrafici. Sono rimasti alcuni superstiti di questi grandi del rock, qualcuno è mancato, e ho visto che questo filone aureo stava per esaurirsi. Ho fatto i conti con me stesso e non volevo continuare la mia carriera musicale suonando nel pub sotto casa così ho deciso di porvi fine.

Ho letto una tua frase in un’intervista che mi ha colpito: “Tutto è musica, lo è anche il mentalismo” Da qui switch della tua vita.

Nel mio spettacolo di mentalismo rido e scherzo fin da subito; o meglio, in una prima parte spiego in modo serio che cos’è il mentalismo, ovvero, l’arte di leggere nella mente poi giocando con parenti, amici, ex amici ed il pubblico lo definisco un modo creativo per non lavorare. Ovviamente è una battuta. In realtà, come accennavo in precedenza, non sono mai stato interessato a fare quello che in Italia viene definito “turnista”, in America, in modo più elegante, viene definito “session man”, il chitarrista che suona con più cantanti, per esempio con Fiorella Mannoia in uno dei suoi concerti e così via. Ho deciso così di diventare indipendente e ho coltivato l’illusionismo virandolo verso il mentalismo, approfondendo la parte più psicologica, una magia di forma più mentale, legata all’animo umano, da qui ho iniziato a studiare in modo approfondito per circa tredici anni finché è diventato il mio lavoro.

Essere in scena è come camminare su una corda tesa: l’equilibrio è tutto, ma l’energia del pubblico ti dà la forza per non cadere.

La danza, la musica stessa, penso per esempio alla ragazza che suona il pianoforte posizionato negli aeroporti, spesso nessuno la sta a sentire, lei comunque suona, mentre il mentalismo è un’arte performativa che richiede, assolutamente, la partecipazione del pubblico, lo spettacolo guadagna la sua unicità attraverso la gente. Io coinvolgo molto il pubblico, in realtà ogni sera lo spettacolo è differente perché cambiano le persone. Di conseguenza mi nutro dell’energia del pubblico, ho bisogno di prendere il pubblico per mano, questo è uno degli aspetti più difficili, far comprendere sin dall’inizio che non accadrà nulla di strano, certo, durante la performance accadranno cose misteriose ma non rivendico nessun potere. In realtà tutti abbiamo dei poteri, mi riferisco all’intuito, abbiamo tutti una grande paura di guardarci dentro.  Quando tra il mio pubblico scopro persone che quella sera decidono di accantonare per un attimo le preoccupazioni del quotidiano e scelgono di utilizzare la mente intuitiva e giochiamo insieme, allora, avvengono dei veri e propri “miracoli” ma grazie a loro principalmente, io sono una sorta di guida alpina".

Hai una personalità ricca di esperienze, di sfumature differenti, hai studiato molto, hai scritto molti libri ed indagato l’animo umano, alcuni dei tuoi scritti trattano di magia, quale messaggio ci consegni con la tua esperienza?

Ho studiato molto quello che mi interessava, ho scritto libri di “magia” diciamo meglio per addetti ai lavori, a parte uno che ho elaborato per l’ambiente business, sono testi che spiegano tecniche, descrivono pezzi di spettacolo. Credo però che la magia vada cercata dentro sé stessi, magari accettando la propria complessità trovando il proprio equilibrio, il proprio percorso. La parola normalità mi fa paura, ognuno di noi è speciale, la magia sta proprio qui, sta nel cercare le proprie peculiarità oltre il giudizio degli altri, la magia è ascoltare un po' di più sé stessi, l’intuito, guardarsi dentro. 

L’intervista completa a Matteo Filippini nel video di Beatrice Ponzoni.

Beatrice Ponzoni


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