De Crecchio: nel secondo dopoguerra a Cremona interventi di rilievo architettonico da un ingegnere (Zagatti) e da un geometra (Cadioli)
Dopo aver visto le opere di rilievo dell'epoca fascista, (leggi l'articolo) proponiamo la seconda parte dell'intervento dell'architetto Michele de Crecchio sull'architettura del secolo scorso. Siamo al secondo dopoguerra con gli interventi dell'architetto milanese Minoletti, di un ingegnere (Zagatti) e di un geometra straordinario come Spartaco Cadioli.
La deludente nuova sede della Banca d'Italia, opera dell'architetto romano Luigi Vagnetti, chiude, pur essendo stata realizzata solo all'inizio degli anni sessanta, il ciclo delle architetture di ispirazione fascista (opere ingombranti, retoriche e radicalmente sostitutive del tessuto edilizio storico esistente).
Nel secondo dopoguerra, la città attraversa, anche nel settore edilizio, una grave crisi culturale che la priva, in pratica, di architetti realmente si- gnificativi, ovvero non riesce ad offrire, a causa di una committenza miope e taccagna, ai pochi pur potenzialmente validi presenti in città adeguate condizioni per degnamente esprimersi. La quantità prevale ormai sulla qualità, la speculazione sulla committenza qualificata, del razionalsmo si utilizza solo la semplificazione espressiva utile per contenere i costi di produzione. Un male dal quale non ci siamo ancora liberati. Le opere migliori sono, di conseguenza, quasi occasionali e realizzate soprattutto da architetti forestieri, tra cui emerge l'ottimo architetto milanese Giulio Minoletti, autore a Cremona di un'opera intelligente e aggiornata come risultano essere ancora oggi, nonostante qualche recente ed impropria sostituzione di pannelli, i gradevolissimi uffici della ditta Sperlari in via Milano.
Alla sostanziale mancanza di validi architetti locali, rimediano in parte due significative personalità, appartenenti entrambe a categorie professionali che vengono di solito sottovalutate sotto l'aspetto delle relative capacità espressive: un ingegnere ed un geometra.
L'ingegnere è Giorgio Zagatti di Forlì che, su intelligente committenza della famiglia Lacchini, una delle poche ad avere conservato il gusto per la ri- cerca del prodotto edilizio di qualità, realizza proprio a Cremona alcune tra le sue migliori opere.
Tra queste si ricordano sopratutto gli uffici della industria Simel in via Bergamo, realizzati con un virtuosismo plastico di rara efficacia, e l'asilo Lacchini al Cambonino, opera nella quale mattoni e camini evocano la suggestione delle ville del maestro americano Wright, progettista particolarmente amato dallo Zagatti, insieme ai maestri del razionalismo italiano Ridolfi, Albini e Gardella. Entrambe le opere meriterebbero una migliore manutenzione. Dello Zagatti si possono ricordare anche il singolare e troppo disambientato edificio ex SIC di via Gaspare Pedone, la casa di campagna per la famiglia Lacchini in comune di Sesto e la sistemazione interna dei Magazzini Riuniti Casa Sovrana e Casa di Bianco, recentemente purtroppo distrutta.
Il geometra è il cremonese Spartaco Cadioli, personaggio di buona statura artistica e di notevole vivacità intellettuale, al quale, se il titolo non si fosse recentemente così tanto svalutato, sarebbe doveroso conferire una laurea in architettura “ad honorem”.
Di tale appassionato e fertile operatore dell'edilizia cittadina, è doveroso segnalare con ammirazione la particolare sensibilità per i materiali, la cura del particolare decorativo, la attenzione a rendere belle anche architetture caratterizzate da tematiche funzionali di per sé stesse non certamente esaltanti, come avrebbero potuto a prima vista apparire il muro cieco di un supermercato, il retro di un laboratorio o persino una semplice cabina elettrica.
Sono degne di un particolare ricordo, nonostante il degrado nel quale talune di esse sono purtroppo lasciate, opere egregie come la torrefazione Dordoni contigua alla casa di cura San Camillo, il muro del supermercato Coop al Prato della Libertà, il ristorante Dordoni in via del Sale, le integrazioni operate alla casa Ponti in via del Giordano, la casa Lupatelli in via Genala e il condominio Gori, dietro al giardino Mina, pochi esempi di una ampia e tenace produzione artistica che ha valso all'autore la stima di una vasta e qualificata committenza.
A tale personaggio cremonese, attivo con molta efficacia anche nel settore del design e della architettura d'interni, dovrebbe essere portata mag- giore attenzione e, magari, dedicata anche una mostra monografica. (2-segue)
Nelle immagini a scorrimento gli uffici Sperlari di via Milano e Simel di via Bergamo, l'asilo Lacchini al Cambonino e l'ex Sic di via Gaspare Pedone, poi il condominio Gori di via A. Melone, il muro del supermercato, il ristorante Dordoni, casa Ponti in via Giordano.
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commenti
Divo
23 ottobre 2021 12:25
Non sono assolutamente d'accordo . il periodo citato è uno dei più biechi è consumistico della storia Cremonese. Meglio i fasci che demolivano e costruivano secondo la loro aberrante architettura genuina del periodo. Lo schifo è il post fascismo, in senso di architettura.
Michele de Crecchio
23 ottobre 2021 20:03
Condivido il giudizio drasticamente negativo espresso da Divo sull'architettura cremonese del secondo dopoguerra. Nel mio intervento ho però ritenuto doveroso segnalare le poche opere che, nel generale squallore di quello infelice periodo storico dell'edilizia locale, si caratterizzarono per una non disprezzabile qualità, tanto più significativa, a mio parere, perché prodotta in una fase dell'edilizia cremonese decisamente squallida. Sarei lieto se il signor Divo volesse rivedere il suo pensiero alla luce di questa precisazione che pure credevo di avere sufficientemente anticipato nella prima parte del mio intervento.
Divo
24 ottobre 2021 02:22
Se lei reputa l ex SIC o la casa Gori di "non disprezzabile qualità" non ho niente, dal mio punto di vista non competente, da "rivedere"