21 ottobre 2021

Don Camillo, Peppone e la grande alluvione di settant'anni fa (novembre 1951). Le madonnine votive tra Roccabianca e Polesine

Sono nove i racconti di “Mondo piccolo” nei quali Giovannino Guareschi scrive di alluvioni. Il più conosciuto è quello che ha  ispirato la conclusione del film “Il ritorno di don Camillo”: il racconto di come la gente avesse vissuto l’alluvione, quella disastrosa del  1951. Scriveva Giovannino: «Don Camillo aveva lavorato fino alle tre di notte a portare al primo piano e in solaio tutta la roba del piano terreno. Era solo e aveva faticato come un maledetto. Alla fine si era buttato sul letto, cadendo in un sonno di ghisa. Si svegliò  alle nove e mezzo quando sentì urlare quelli che scappavano. Ben  presto non sentì più nessun rumore e allora sì alzò e si affacciò alla finestra a guardare il sagrato deserto. Scese perché voleva vedere cosa fosse successo, ed entrato nel campanile salì su fino in cima. Di lassù si vedeva tutto benissimo: l’acqua aveva già invaso la parte bassa del paese e lentamente avanzava.»

Il racconto di Giovannino Guareschi sembrerebbe descrivere proprio l’alluvione di settant’anni fa, che servì per le riprese del film, ma anche quella del 1994 e l’altra ancor più spaventosa del 2000.

Durante i secoli, le piene del Po hanno divorato terre, case, stalle e anche interi paesi, e in cambio hanno portato sabbia, alberi pietrificati, materiali di vario genere e, più recentemente, oggettistica in plastica, perlopiù domestica. Raramente, dunque, il Grande Fiume porta con sé  qualcosa di utile o, men che meno, qualcosa di bello.

Esiste, però, un’eccezione ed è a Fontanelle di Roccabianca. Qui scorre un torrentello: la Rigosa che, durante le piene del Po, innesta la  retromarcia e sale paurosamente. Tanto tempo fa, emerse dalla  piena un bassorilievo in terracotta, raffigurante la Madonna di  Loreto. La gente, immediatamente, si chiese da dove venisse  quell’immagine, pensando ad una chiesa sommersa dal Po. Invece,  stranamente, la Madonnina pareva non avesse casa e nessuno  rivendicò la proprietà della terracotta. Sta di fatto che, avendo il  paese scampato l’alluvione, si decise di costruire una chiesetta sul  canale, per far si che la Madonnina, diventata di Rigosa,  proteggesse il paese. E di acqua ne è passata, sotto il ponte della  Rigosa, ma da quando ha questa Protettrice, sopra il ponte l’acqua  non è arrivata mai.

Anche a Polesine Parmense, sotto l’argine, c’è  una chiesetta con l’affresco di una Madonnina sopra l’altare: la  “Madonnina del Po”, quella che serve a calmare il Grande Fiume  quando fa il matto. Sì, perché quando l’acqua del Po arriva a lambire i piedi della Madonnina, immancabilmente si ferma. È accaduto nel 1951, è accaduto nel 1994 ed è successo anche nel 2000. Ma, alla fin fine, la speranza rimane, come scriveva

Giovannino proprio al termine di quel racconto: «Guardavano muti il paese che era lì sotto, a mezzo miglio e ognuno vedeva la sua casaanche se non la vedeva. Nessuno parlava: le vecchie piangevanosenza strepito. Stavano lì a veder morire il loro paese, e lovedevano già morto. C’era un metro d’acqua in chiesa e i banchi e i confessionali si erano capovolti e navigavano in quel fango liquido. La porta della chiesa era spalancata e si vedeva la piazza con le case annegate e il cielo grigio e minaccioso. “Fratelli. - disse don Camillo- “Le acque escono tumultuose dal letto dei fiumi e tutto travolgono: ma un giorno esse ritorneranno, placate, nel loro alveoe ritornerà a risplendere il sole”».

Così, dopo il terrore della notte di quel 17 ottobre di 21 anni fa, sulla chiesetta dei pescatori, a cavallodell’argine consortile a Zibello, il poeta Atlante Vero Bo ha fatto porre una targa con questi versi: «PADI GENIUS: Salve vecchio Eridano/i tuoi lunghissimi capelli/e la tua barba patriarcale/hanno il colore delle cose senza tempo,/nel tuo letto trasporti sino al mare/le piogge sulfuree del cielo/e le lacrime amare dell’uomo./Dormi come un fanciullo/sotto la spessa coltre delle nebbie,/e all'improvviso esplodi di rabbia/come un titano morso/da una virago maligna./I tuoi lutti sono senza malizia/e senza colpa,/perché coesistono nelle tue vene antiche/gli eterni geni della vita e della morte./Ave atque vale. Atlante Vero Bo. 17.10.2000».

Il ritratto più bello che si possa fare del nostro Po, che ha sempre unito anziché dividere, che è il genitore della piana dove la natura, scriveva Riccardo Bacchelli, “Spande, attarda”. A volte s’incapriccia di un pezzo di terra e se lo prende, altre lascia terreno dove prima non c’era. Ma, per noi della Bassa, come scriveva Guareschi, “È l’ampio, eterno respiro del  fiume che pulisce l’aria, del fiume che scorre placido e maestoso, raccoglie queste storie dalle sue rive e le porta fino al mare”...

Egidio Bandini


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commenti


R. Daguati

21 ottobre 2021 07:40

Ricordiamo per Cremona il recupero della tela della Madonnina detta dei pescatori . Tolta dal Po e posta in un primo tempo sulle mura del quartiere di porta Po ora nella cappelletta a Lei dedicata all'angolo via Giordano via del sale.

Daniro

21 ottobre 2021 08:49

Peppone avrebbe commentato: "Se dopo la piena del '51 il Magistrato del Po non avesse alzato gli argini di un metro e mezzo, cosa sarebbe successo nel 2000? "